Missioni Consolata - Maggio 2006

DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (12) LA PARABOLA DEL «FIGLIOL PRODIGO»: LA SALVEZZA DIVENTA STORIA DI CIASCUNO (1 ) U n nostro lettore, il dott. Giorgio Lacquaniti di Frosinone, mi scrive ponendo alcune domande sulla parabola del «figliol prodigo» (Luca 15, 11 -32). All'età di 12 anni egli ha «incocciato» la parabola lucana e • non se n'è più liberato; con essa continua a fare i conti anche oggi, sebbene siano trascorsi 65 anni. Ecco le domande: «Da dove Le ha attinto questa parabola, ' non essendo apostolo? Come spunta questa meravigliosa "perla", visto che è esclusiva di Le e non compare nei sinottici (Mt e Mc) e in Giovanni? 1..'.ha pronunciata veramente Cristo? Possibile che, oltre Luca, nessuno l'abbia raccolta? Si può dire che sia stata rivelata a Luca dal Maestro per "ispirazione dello Spirito Santo"?». Secondo il sig. Lacquaniti, se esistesse un "Premio Nobel del vangelo'; bisognerebbe dar- • lo senza ombra di dubbio a questa parabola, perché essa «contempla l'unica soluzione apprezzabile e possibile tra il finito e l'infinito e l'unico rapporto autentico e possibile tra Dio (necessario) e la creatura (contingente)». La rubrica «Così sta scritto» è nata per gettare qualche supplemento di comprensione sulla Parola di Dio per aiutare i , lettori che non dispongono di strumenti adeguati ad assaporare i risultati della ricerca biblica. Essi hanno il diritto d 'intervenire e suggerire gli argomenti che più possono inte- , ressare o che possono apparire più difficili (cf in MC 5, 2005, pp.16-17, l'intervento di una nostra lettrice sul Salmo 137/136). Ho pensato non di dare risposte in pillole al nostro amico Giorgio, ma di fare un discorso organico sull'intero capitolo 15 di Le, dedicandovi diverse puntate, sen- , za la pretesa di esaurirla. Il metodo che userò parte dal testo , così come lo possediamo e avrà un andamento dal generale al particolare, dal grande al piccolo, per cui una visione completa si potrà avere solo alla fine. RICERCA DI UN TITOLO: IMBARAZZO DELLA SCEIJ'A l..'.espressione «figliol prodigo» è un titolo convenzionale che non appare nel testo. I codici antichi greci erano scritti a mano e con le parole tutte attaccate l'una all'altra senza spa- • zi intermedi, senza titolo e senza divisioni in capitoli e ver- ' setti. Non esisteva la carta: papiri e pergamene erano un materiale da scrivere molto costoso. ' La divisione in capitoli e versetti inizia con Johann Gansflei- • sch detto Gutenberg (1390ca.- 1468), quando il 23 febbraio 1455 pubblica la prima Bibbia stampata, detta a «42 linee». Per facilitare la consultazione del testo, egli divise il testo in capitoli (corrispondenti a una pagina di stampa) e versetti (corrispondenti più o meno a una frase compiuta): , è la divisione mantenuta ancora oggi, sebbene non corrisponda alla struttura letteraria del testo secondo la moder- • na scienza biblica. 24 ■ MC MAGGIO 2006 «Il padre lo vide e commosso gli corse incontro» (Le 1s,20, Le edizioni successive per facilitare la lettura cominciarono a introdurre nel testo i titoli-spia alla luce dei contenuti che pertanto non fanno parte della «Parola di Dio» ispirata, ma sono solo aggiunte editoriali. Queste notizie storico-letterarie servono per spiegare la varietà dei titoli dati alla parabola di Le 15,11-32. Ogni titolo non è «neutro», ma è una sintesi che esprime una valutazione e offre una prospettiva di lettura o di osservazione dell'intero racconto. La parabola è tradizionalmente conosciuta come la parabola «del figliol prodigo»; la Bibbia della Cei (ed. 1997, ufficiale per la chiesa italiana) titola: «Parabola del padre misericordioso», mentre la Bibbia di Gerusalemme (ed. 1984) offre un titolo diverso: «Il figlio perduto e il figlio fedele: il figlio prodigo», raggruppando in un solo titolo «tradizioni» interpretative diverse. l..'.esegeta Roland Meynet nel suo Vangelo secondo Luca. Analisi retorica (Bologna 2003) parla di «Due figli smarriti». Al contrario lo statunitense Luke Timothy Johnson nel suo commento Il Vangelo di Luca titola «Parabola di cose perdute e ritrovate», preferendo una visione d'insieme dell'intero capitolo 15 di Luca. All'elenco possiamo aggiungere il nuovo titolo che anche il nostro lettore suggerisce: «Il figliolo imbelle e ribelle». Tutti questi titoli dicono la difficoltà di sintetizzare una parabola che sfugge a ogni sintesi e la ricchezza incontenibile di un testo che nessun titolo può esaurire: certe profondità abissali si possono solo sperimentare e contemplare, mai scalare e descrivere. IL PITTORE ESEGETA Nel 1669 Rembrandt dipingendo il suo famoso «Il figliol prodigo», oggi conservato al Museo Hermitage di San Pietroburgo in Russia, ha raffigurato in modo magistrale «l'anima recondita» del racconto. Si vede il padre di faccia nel1' atto di chinarsi ad abbracciare il figlio minore in ginocchio davanti a lui, a capo scoperto e scalzo, ma con le scarpe rotte; le mani del padre sono sulle spalle del figlio: una mano è maschile (la sinistra) e l'altra femminile, sintesi magistrale e irripetibile dell'amore gratuito che accoglie il figlio perduto e ritrovato nell'unica forma possibile che è dato sperimentare sulla terra: l'incastro vitale di padre e di madre. Il figlio è l'amore di madre e di padre fuso e confuso prolungato nel tempo come corpo che vive. In disparte, sulla destra, seduto dietro il padre, con il capo coperto di un nero berretto, il figlio maggiore osserva, apparentemente partecipe; ma nella mano destra tiene un pugnale, come se stesse studiando il momento opportuno per colpire. Fratelli coltelli, dice il proverbio. Solo il padre (e il maggiordomo) hanno un mantello rosso, mentre i due figli sono avvolti nel grigio della loro tragedia.

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