Missioni Consolata - Marzo 2006

MISSIONI CONSOLATA delle posizioni dentro Israele e il panico in cui sono cadute le organizzazioni estremiste all'interno della striscia di Gaza. Israele torna ad avere paura; Hamas e altri gruppi armati sono nel panico di non sapere come comportarsi. Hamas stesso, infatti, non aveva messo in conto una sua vittoria maggioritaria,ma solo una vittoria di minoranza,che gli avrebbe permesso di condizionare il governo di Al Fatah e restare estremista e all'opposizione. D a queste elezioni tutti speravano un sussulto di «democrazia», come primo passo verso una soluzione graduale del cancro mediorientale. li sussulto è accaduto e le regole della democrazia, su schema occidentale, hanno sancito che ha vinto Hamas, il nemico di Israele e Stati Uniti. Questa vittoria ha un significato, oserei dire, psicoanalitico: il popolo palestinese, frustrato e represso, in parte consapevolmente, ha voluto punire il mondo occidentale per il suo atteggiamento pilatesco nei suoi confronti,eleggendo con lo strumento occidentale delle elezioni il gruppo che per l'Occidente è «puro fumo negli occhi». Per fare questo, ha punito se stesso, perché Hamas significa isolamento, perdita dell'ingente sostegno economico occidentale, aumento della miseria,sconfinamento nell'inferno della non-vita,che potrebbe proseguire per almeno un altro decennio. È la logica illogica dei processi psichici: mi distruggo pur di distruggerti. e he accadrà adesso? Nell'ultimo anno, oltre aparlare della Palestina religiosa, abbiamo dedicato due lunghi articoli alla Palestina «politica», intitolati: «Matassa imbrogliata» (MCmaggio 2004) e <<Abu Mazen tenta l'impresa» (MC marzo2005).ln essi mettevamo in evidenza i nodi geopolitici e quelli strettamente più locali che sarebbe stato necessario risolvere prima di giungere alla posa della prima pietra di un processo di pace. Dicevamo anche che il cammino sarebbe stato lungo e avrebbe percorso almeno il primo secolo dell'incipiente primo millennio. li groviglio Palestina è talmente annodato che ■■ ■■■ ■■ Manifesto elettorale di Abu Mazen, leader di «Al Fatah» . soltanto chi avrà sapienza storica e intelligenza di stato avrà il privilegio di cominciare la lunga marcia nel deserto verso la Terra Promessa della pace in Palestina. Abu Mazen è stato certamente un sapiente della storia e uno statista delle possibilità, finché non esercitò alcun potere. Nel momento in cui assunse l'eredità di Arafat,con la speranza ereditò anche una situazione di degenerazione abissale: struttura amministrativa inesistente, governo a immagine e somiglianza del rais, frantumazione di gruppi armati e rete di corruttela che ha soffocato ogni spiraglio di soluzione. La corruz.ione diffusa da Arafat soprawisse alla sua morte. Abu Mazen, uomo onesto e di valore, non ebbe la forza di tagliare l'intreccio mafioso con forza e immediatezza, di denunciare apertamente corrotti e corruttori. Hamas ebbe facile gioco:fuori dei gangli del potere, si schierò dalla parte del popolo e da questo è stato sempre ricambiato. li popolo che vive nella miseria, condannato a vita in lager a cielo aperto, come quello di Gaza, sperimenta la vicinanza di Hamas,che si incarica dell'assistenza degli anziani, paga le bollette, mantiene vedove e orfani, si prende cura delle famiglie dei carcerati, vive «con» i baraccati, si fa carico dei problemi spiccioli... Hamas èuno di loro. Demagogia? Strumentalizzazione? Populismo? C'è tutto questo e anche di più; ma la gente vede che Hamas c'è sempre. Hamas non è un benefattore dell'umanità né del popolo palestinese; egli mira al potere, ma non al governo, perché governare significa scegliere, confrontarsi, prevedere; mentre potere significa essere sempre contro chi pensa in modo diverso,eliminare chi ostaco- ., la,distruggere stando all'opposizione senza l'onere delle responsabilità. H amas è uno di quei frutti proibiti che nascono in Oriente, ma seminati dall'Occidente: è figlio di interessi incrociati. Chiunque ha interesse a destabilizzare la regione (Siria, Iran, Iraq, Arabia Saudita, Emirati Arabi e in modo sotterraneo anche Usa) crea o sostiene gruppi terroristici, finanziandoli con le armi abasso costo finché sono funzionali. Quando Hamas cominciò aopporsi ad Arafat e la sua politica, giudicata remissiva,armi efinanziamenti provenivano da Usa e Russia, Europa (attraverso le frontiere dell'Egitto) e Israele, senza rigurgiti morali per chi da quegli armamenti traeva profitto. Per un certo tempo, Israele credette di poterlo manovrare, insieme agli altri gruppi terroristici, ma senza riuscirvi. Dopo la 2' intifada, Hamas divenne per Israele il nemico principale da distruggere. L'incapacità degli Usa di gestire una politica organica in tutto l'Oriente (dall'Afghanistan all'Iraq) e l'inesistenza di una politica estera comune europea hanno permesso la radicalizzazione della cancrena mediorientale. La grandezza di Abu Mazen consiste nell'avere portato il suo popolo e tutti i gruppi aconfrontarsi con un sistema quasi democratico.Convinse Hamas a entrare nella dialettica politica accettando il confronto delle elezioni,svoltesi sotto il controllo di Stati Uniti, Europa eOnu. Tutte le proiezioni davano per vincente Abu Mazen e il suo gruppo Al Fatah. Fin dalla vigilia del voto,gli «esportatori» di democrazia dicevano che finalmente il popolo palestinese poteva cominciare una nuova èra; erano certi che, eleggendo Abu Mazen contando i voti con il criterio «una testa un voto», avrebbero isolato gli estremisti e dato impulso al processo di pace, come inteso evoluto dall'Occidente: una pace sbilanciata verso Israele. Invece, la democrazia ali'occidenMC MARZO 2006 ■ 57

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=