Missioni Consolata - Febbraio 2006

IMPEGNO SFIDA PROFEZIA U na quarantina di delegati, in rappresentanza di circa un milione di religiose e religiosi sparsi nel mondo, si sono riuniti a Roma dal 12 al 14 dicembre 2005 in un incontro riservato a missionari impegnati in progetti sull'Hiv/Aids nei diversi continenti. Vi hanno partecipato anche rappresentanti di Unaids, agenzia deii'Onu che si occupa della pandemia, e della Caritas lnternatianalis. La loro presenza ha permessp di chiarire possibili forme di collaborazione in futuro, come aiuto tecnico per una prima mappatura del lavoro svolto dai re!igiosi sul campo. E stata la prima riunione organizzata dalla Commissione salute delle Unioni dei superiori generali, maschile e femminile, per una comune riflessione su questo tema. L'obiettivo era lo scambio di esperienze, l'awio di un lavoro in rete e la definizione di linee e strategie comuni. l tre giorni sono stati scanditi da una serie di interventi sulla realtà dell'Hiv/Aids nel mondo, esperienze sul campo dei religiosi e lavori di gruppo. Al termine dell'incontro è stato formulato un documento comune che diventerà «instrumen- . tum labaris» per futuri sviluppi. L'auspicio di tutti i partecipanti è che il lavoro iniziato possa continuare con la stessa alacrità e laboriosità che ha caratterizzato il convegno. La sfida della pandemia, apparsa a tutti grave e in crescendo, richiede a noi religiosi un ulteriore impegno educativo, sanitario, pastorale, relazionale, per essere profeti, oltre che testimoni, per un impegno di tutte le forze, di fronte alla più grave delle varie sfide all'umanità del nostro secolo. Sono risuonate sovente durante il convegno le parole di Giovanni Paolo n, «L'umanità non può chiudere gli occhi di fronte a un dramma così preoccupante» [messaggio per la giornata mondiale dell'ammalato, 11 febbraio 2005), insieme al messaggio di Benedetto XVI in occasione della giornata mondiale del 1 o dicembre 2005. La malattia Hiv/Aids costituisce una sfida anche per noi religiosi, chiamati non solo ad aiutare gli ammalati, ma a convertirci nel nostro modo di relazionarci con loro, nella nostra cura pastorale, nelle varie attività educative, sociali e culturali che affrontiamo quotidianamente nel nostro operare. In particolare là dove la pandemia sta mietendo vittime sempre più in abbondanza e creando preoccupanti vuoti in campo esistenziale, educativo, formativo e gestionale per le future generazioni. GIORDANO RIGAMONTI l-------------------------------------------------------------1-----

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