Il CHIESA IN AFRICA EAIDS 11 1111111111 aMadadeni, periferia di Newcastle, nel KwaZulu Natal, la regione più colpita del Sudafrica. Oggi è padre Joseph Mang'ongo, kenyano d'origine, a seguire ecoordinare una cinquantina di volontari. «L'Aids- conferma- continua a essere considerata una malattia infamante.A volte èaddirittura difficile, per noi e i nostri volontari,"scoprire"i malati ed entrare in contatto con loro. Ma è importante sensibilizzare la gente e far capire che non c'è nulla di cui vergognarsi. Lo ripetiamo sempre, anche in chiesa, ma è un messaggio ancora difficile da trasmettere». In Tanzania Un altro missionario della Consolata, padre Alessandro Nava, sta affrontando analoghi problemi in un contesto molto diverso, in una regione povera e.isolata come quella di lkonda, sulle montagne di Livingston nel ~~~?)'fi~~~~~~~IJ.~l:fi,::'''f;;<;"'!'}~"'';''~' ~.·· ,·,- ~·'"'~ LA LUCE DOPO IL BUIO Padre Thomaa lshangoma è un missionario della Consolata tsnzaniano. Già missionario in Colombia, è attualmente impegnato presso U seminario di Morogoro (Ta~ zsnia}, ma si occupa pure della pastorale in alcuni villaggi della periferia. Lo abbiamo i~ terviststo sul dramma dell'Aids che ha colpito il suo popolo. Come hai conosciuto il dramma dell'Aids? Già nel periodo in cui studiavo in seminario ho scoperto che alcuni dei miei compagni di classe erano affetti da Hiv o malati di Aids. Allora non eravamo consapevoli di questa malattia e, per la povertà e mancanza di istruzione, non potevano proteggerai. Ma l'impatto più sconvolgente l'ho avuto quando scoprii che sei delle mie sorella più giovani (sono il primo di 12 fiQii), arano malate di Aids; una di asse mori propno quando venivo ordinato sacerdote. Aveva 24 ann1; anche i suoi bambini sono morti. Tomato dalla Colombia, trovai che, nel mio villaggio, quasi metà dei miei amici erano morti tra i 18 e i 24 anni e molti bambini arano rimasti orfani dai genitori. Allora cominciai a pensare cosa potessi fara per loro, come missionario della Consolate. Mi rendevo conto, infatti, che il mio popolo non aveva più speranza, che anche la chiesa ara impotente e il governo non faceva niente per arrestare tutto questo. Cosi ho radunato gli abitanti del mio villaggio a insieme abbiamo pensato come combattere il dramma dell'Aids. Cosa hai fatto e stai facendo? L'Aids non è solo un problema di soldi o di farmaci, ma richiede una strategia per modificare la cultura e i comportamenti. È necessario combatterlo, aiutando le persone a pensare, istruirsi a capire: qui abbiamo un programma per aiutare le famiglie e gli orfani, soddisfacendo i loro bisogni primari, come cibo e vestito. In ogni villaggio abbiamo circa 100 bambini nell'asilo e 500600 ragazzi iscritti alla scuola elementare che cerchiamo di seguire, dando amicizia, affetto, speranza per il futuro. Recita un proverbio africano: «Per far crescere un bambino, ci wole un intero 16 • MC FEBBRAIO 2006 villaggio)). Noi sosteniamo una comunità, tramite l'aiuto ai bambini che in essa vivono, attraverso un asilo, una scuola, un centro per ragazzi di strada. Pensi che ci sia una possibilità di uscire dal dramma dell'Aids? Credo di si. La soluzione è molto delicate, ma vedo la luce per uscire da tutto questo, anche se la strada sarà lunga. Occorre introdurre un'altra mentalità, perché possano cambiare i comportamenti; poter parlare di alcuna cose considerate tabù e discutere di educazione sessuale a prevenzione dai comPflrt8menti a rischio. l genitori ormai sono difficili da recuperare, ma i bambini sono molto racattivi e questa è la nostra sfida per uscire dall'Aids. Sarà possibile per le nuova generazioni, tramite una educazione sessuale, umana, economica, spirituale. Pens · che sia possibile superare il trauma psicologico di avere convissuto con questa tragedia, che porta i bambini a vedere i genitori morire? Non c'è un grosso trauma psicologico. Nella mia famiglia, l'anno scorso, sono morti due zii; uno era un medico che aveva studiato in Olanda. Prima di morire, abbiamo parlato a lungo; ara sereno e consapevole della sua situazione e aveva accattato la malattia. Qui, il problema dell'Aids viene accettato anche per una certa mentalità fatalistica; la morta fa mano paura che in Europa. Come la fede in Dio potrebbe aiutare la gente a uscire da questo problema? Prima di tutto, la fede dà la speranza che tutto questo finirà e ~a gente troverà la strada di uscita; muoiono lo stesso, ma con più forza asperanza. Poi, la comunità può aiutare i singoli. Per chi creda, Cristo diviene Il punto di riferimento per vivere, educare, cambiare atteggiamenti sessuali e sociali. Questo vale per tutte le religioni, anche per quelle tradizionali. Dove lo spirito religioso è più forte, il virus si è meno diffuso; non cosi in città, dove c'è più confusione religiose. · MAR.IvA 8.uw:ELLA FRANCEBCHI ' l l l l L
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