MISSIONI CONSOLATA Ese l'Aids fosse una malattia del cuore? Estate 2003: siamo in una missione della provincia del Niassa.È un pomeriggio di sole, caldo ma non troppo. Con Roberto, un ragazzo di 27-28 anni, siamo seduti in un luogo ombroso e fresco. Parliamo della vita: della sua e del suo popolo. Roberto è figlio del suo tempo e del suo popolo: tempo e popolo che hanno ritrovato la pace da appena 11 anni, dopo una guerra lunga ed estenuante, che ha lasciato segni fuori e, soprattutto, dentro le persone. Roberto parla volentieri; lo sento vibrare nel raccontare e approfondire i suoi pensieri e sentimenti. Lo fa soprattutto prendendo spunto dalla sapienza tradizionale, proverbi e detti del suo popolo, ma li rielabora con talento poetico eacutezza d'intuito. Il discorso cade sull'Aids, che sta mietendo giovani vittime anche nel suo villaggio. A un certo punto il giovane esordisce: «Di Aids però ce ne sono due tipi». Gli chiedo spiegazioni.«C'è quella che conosciamo, quella del virus- afferma-. Sappiamo come si trasmette, come si previene. Sappiamo che non ci sono cure, che porta alla morte.Queste cose le sappiamo. Però tutto ciò non ci impedisce di ammalarci ...». Approfondiamo il dialogo e Roberto spiega che forse il problema della prevenzione dell'Aids non sta solo nell'informazione. l ragazzi del suo villaggio sono ben informati sulla malattia. li fatto è, dice Roberto, che 11 1111 11111111 probabilmente ai ragazzi non interessa molto di ammalarsi, piuttosto che rimanere sani. Erilancia: «Vedi, c'è un altro tipo di Aids, che è anche peggio di quella del virus, e che viene prima...». Econtinua parlandomi di un'altra «malattia», diffusa e mortale, «è come un verme che ti mangia dentro... e tu non hai più voglia di vivere... ecominci amorire». Mi spiega che è una malattia «del cuore» e ne elenca i «sintomi». Nella mia mente, ascoltandolo, riconosco con precisione impressionante la descrizione del vuoto, della depressione, della solitudine. Roberto va oltre, elencandone pure alcune cause, con lucidità e intuito ammirevole; e corona la sua analisi con una parabola. «Quando soffia il vento e cade un albero, noi pensiamo che sia stato il vento afarlo cadere, ed è vero. Ma. non è tutta la verità. Se guardiamo bene l'albero, ci accorgiamo che dentro era "mangiato'; vuoto. Prima del vento, c'era un verme che era entrato eaveva fatto il suo làvoro.L'albero sembrava vivo, ma era già morto. li vento ha dato solo l'ultimo colpo». Roberto mi ha dato un'altra lezione di vita. Mi ha insegnato che bisogna stare attenti al vento, prevenirlo, rinforzare gli alberi perché non cadano. Ma mi ha insegnato che questo non è tutto, che «c'è un altro tipo di Aids, che viene prima». C'è una persona che forse è ferita dentro e a questa ferita va data attenzione. Non è una ferita che si cura con le medicine. Èuna ferita del cuore, dell'anima, che richiede un «trattamento» diverSuor Simona Brambilla, attualmente consigliera generale delle missionarie della Consolata. so, fatto di cose forse meno visibili e quantificabili delle medicine, ma non per questo meno importanti. Richiede silenzio, ascolto, presenza, discrezione, delicatezza, capacità di : comprendere, intuire e sfidare. Ri- .. chiede l'impegno in relazioni vere, che possano costituire quello spazio/luogo in cui la persona possa «sedersi» al sicuro, avere il coraggio di _ guardare le proprie ferite e recuperare le energie, la vita. Richiede l'impegno e la passione di creare con l'altro una comunicazione attraverso cui la consolazione passi. Non la consolazione delle frasi fatte, della pacca sulle spalle, ma la consolazione biblica, cristiana, cioè di Cristo. La consolazione che circola anche attraverso gli umili canali delle relazioni umane più vere, in cui si incarna la carità, che non èassistenzialismo umiliante, ma condivisione di se stessi nel dare e nel ricevere la ricchezza dell'altro e dell'Altro. Roberto mi ha dato una buona lezione,sfidandomi ad approfondire il mio essere cristiana e missionaria. Grazie, Roberto! • l · Cf CONFERrNCIA EPISCOPAL DE MOçAMBIQUE, Curai os Doentes, Maputo, 24 Aprile 2004. 2-Cf/vi,p. 3 3· Cf lvi, pp. 8-9 4· Vedi il concetto di forza vitale in TEMPELS P., Bantu Philosophy, Parigi 1969. 5 ·Vedi il contributo di NKAFU NKEMNKIA M., Il pensare africano come cvitalogia», Roma 1995. 6-Cf TEMPELS P., op. dt., p. 60. 7· Cf lo studio di FRIZZI G., Muru-Mirosi, Evangelizar a . doenfa b_antv-mocua. Dattiloscritto inedito, Maua 1993, p. 3. B-Cf/vt,p. 5 MC FEBBRAIO 2006 • 11
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