Missioni Consolata - Dicembre 2002

44 DICEMBRE 2002 CONSOLATA MI SS IONI A Baghdad è in costruzione la moschea più grande del mondo, Saddam Grand Mosque , il cui pro- getto prevede 8minareti, di cui 4 al- ti 280 metri. Nel 2000 fu terminata la moschea di Um al-Maarik, dedi- cata alla «madre di tutte le batta- glie» come venne chiamata in Iraq la guerra del Golfo, anch’essa con 8minareti: 4 hanno la forma di can- ne di mitragliatrice, con il colpo in- nestato, e 4 di rampe di lancio dei missili scud , che nel 1991 caddero su Israele e Arabia Saudita. E un chiaro messaggio del legame reli- gione-potere-guerra, che non passa inosservato. Dal 1997 (anno del nostro primo viaggio) al 2001, il numero delle donne che per le strade di Baghdad indossano il velo che copre il capo è aumentato notevolmente; a Mo- sul, una delle vie principali, è quasi impossibile trovare una donna per strada dal tramonto in poi. Il ricorso alla religione (ultima ri- sorsa per chi non ne ha più) è favo- rito dal governo. Questo, grazie ad una politica accorta, cerca di de- viare l’attenzione verso un elemen- to che può consolare e amalgama- re, nel nome dell’islam, le aspira- zioni delle due grandi componenti religiose: i sunniti (minoritari, ma al potere) e gli sciiti (maggioritari, ma con scarsa rilevanza politica ed economica). QUEL CALDEO DI TAREQ AZIZ In questa situazione come vivono i cristiani? La questione deve esse- re esaminata da due punti di vista: quello delle fonti di informazioni e, poi, quello dell’analisi delle infor- mazioni stesse. Le fonti informative sono due: i cristiani che vivono in Iraq e quelli che l’hanno abbandonato e risie- dono all’estero. Le fonti interne parlano di convivenza non proble- matica nella maggioranza dei casi; spesso, quando si tocca l’argomen- to, si fa notare che il vice primo mi- nistro, Tareq Aziz , è cristiano cal- deo. Circa la vita di tutti i giorni, noi stessi abbiamo assistito ad una ceri- monia in una chiesa caldea di Ba- ghdad, dove a suonare l’organo ed intonare i canti era un musulmano, Mohammed. E le stazioni della Via Crucis della chiesa dell’Assunzione a Baghdad furono scolpite dal mu- sulmano Ghani, uno dei maggiori scultori iracheni viventi. Una situazione idilliaca quindi? Secondo fonti estere non si direbbe. I cristiani (per esempio nella ricca zona petrolifera di Kirkuk) sareb- bero sottoposti alla ricollocazione forzata in altre zone, compiuta dal governo che vorrebbe «arabizzare» un’area di interesse economico e strategico, essendo Kirkuk vicinis- sima (ma fuori) della no fly zone controllata da americani ed inglesi e, di conseguenza, importantissima, in vista di un’eventuale invasione di truppe dal nord curdo. La ricollo- cazione riguarda pure i kurdi , i turk- meni e gli yazidi. Un altro problema investe l’iden- tità dei cristiani che, pur dichiaran- dosi discendenti degli assiri, sono costretti a «dimenticare» la loro ori- gine per assumere quella dell’etnia maggioritaria della zona in cui abi- tano. Le etnie riconosciute in Iraq sono solo l’araba e kurda. Inoltre un recente decreto gover- nativo stabilisce che non è più pos- sibile dare ai nuovi nati nomi non arabi, iracheni o islamici, con un chiaro richiamo alla religione mag- gioritaria. La ragione è di porre fi- ne all’abitudine dei cristiani di da- re ai figli nomi stranieri. Pertanto, se è possibile riferirsi a nomi bibli- ci, questi devono avere sempre la forma araba: non piùMaria oMary, ma Mariam. È solo un nazionali- smo un po’ esasperato? I cristiani giudicano il decreto un tentativo di «arabizzarli»; ma, pur adeguando- si «obtorto collo», nella vita priva- taMariam continua a essereMaria. Più grave è la conferma dataci da mons. ShlemounWarduni, patriar- ca vicario dei caldei, dell’inizio di applicazione di un nuovo decreto. Esso impone, nei documenti di identità, di dichiararsi o musulma- no o non musulmano. Libertà reli- giosa a parte, il decreto è potenzial- mente pericoloso dal punto di vista legale. Oggi l’Iraq è ancora uno sta- to laico; però, se le cose dovessero mutare, i cristiani potrebbero non godere più della protezione previ- sta dal corano per le «genti del li- bro» (ebrei e cristiani, in quanto de- positari di un messaggio divino) e ricadere nella categoria di popoli atei, non meritevoli di protezione. IL MINISTERO DEGLI AFFARI RELIGIOSI Molto delicato è il problema del- la libertà religiosa. In Iraq esiste il reato di apostasia (la conversione di un fedele ad un’altra religione). Ma un cristiano che diventa musul- mano non rischia nulla; anzi, pro- babilmente, dalla sua conversione trarrebbe i vantaggi che di solito ap- partengono alla maggioranza. In- vece il musulmano che volesse far- si cristiano non avrebbe vita facile: sebbene (fortunatamente) non ven- ga più applicata la pena di morte, lo aspetterebbe tuttavia la «morte ci- vile», la perdita del lavoro, dei be- ni, del diritto ereditario e, addirit- tura, della moglie e dei figli da cui sarebbe forzatamente separato. Baghdad: chiesa armeno-cattolica.

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