Missioni Consolata - Dicembre 2002
31 DICEMBRE 2002 CONSOLATA MI SS IONI È cominciato il «secolo del terrore» LA STREGA SADDAM E L’INQUISIZIONEDI BUSH di Giulietto Chiesa L a guerra contro l’Irak ci sarà, anche se molti fanno finta di credere che la risoluzione del Consiglio di sicurezza l’abbia in qualche reconditomodo scon- giurata. Al contrario: la risoluzione è esattamente ciò di cui l’Amministrazio- ne diWashington aveva bisogno per po- ter scatenare l’attacco. Ciascuno dei 15 votanti l’ha approvata con le proprie riserve mentali, con le proprie giustificazioni, con i propri at- teggiamenti da sepolcro imbiancato. C’è chi lo ha fatto per paura, come la Siria; chi lo ha fatto perché ricattato, come il Messico; chi lo ha fatto per calcolo eco- nomico, come la Francia o la Russia; chi lo ha fatto - probabilmente - perché ri- tiene che gli Stati Uniti andranno in- contro a un disastro politico e diploma- tico (e intende spingerveli attivamente), come la Cina. C’è naturalmente chi lo ha fatto per puro servilismo da vassallo, e mi riferisco alla Gran Bretagna, che or- mai non ha più nemmeno orgoglio. Se l’Italia si fosse trovata nel Consiglio di sicurezza avrebbe probabilmente vo- tato anch’essa quella risoluzione assas- sina per quello «spirito da affittacame- re» (espressione dell’ex presidente del- la Repubblica Francesco Cossiga) che ha spesso caratterizzato in passato la sua politica estera, quando erano in gioco gl’interessi degli Stati Uniti d’America. Di fatto SaddamHussein non ha più via d’uscita . Se non accetta una risoluzione che gli chiede perentoriamente di ac- cettare ispezioni che nessun paese so- vrano può ritenere accettabili, perché nella forma in cui sono state richieste si- gnifica di fatto accettare che gl’ispettori entrino (accompagnati da soldati stra- nieri armati) anche nella camera da let- to del capo dello Stato e di tutti i mem- bri del governo, allora l’attacco è certo. Ma è altrettanto certo anche se Saddam Hussein, eventualmente, accetterà le ispezioni come gli sono state richieste. Perché si danno allora due ipotesi: gli ispettori scoveranno le armi. Quante non importa. E allora Saddamdovrà es- sere punito, perché non le ha a suo tem- po dichiarate. «Dovrà essere punito» anche nel caso che accettasse di disfar- sene seduta stante, perché allora Wa- shington potrà sempre dubitare che al- tre armi siano nascoste da qualche altra parte. Oppure, seconda variante, gl’ispettori non troveranno niente. In tal caso, il bombardamento sarà ugualmente assi- curato, perché non ci si può fidare di un regime che nasconde le armi agl’ispet- tori. Come ha detto autorevolmente la signora Condoleezza Rice , segretario al- la Sicurezza nazionale, «ormai l’onere della prova spetta a Saddam Hussein». E, se lui non confessa, allora bisognerà punirlo comunque. Ma - potrebbe obiettare qualcuno - co- me si può escludere l’ipotesi che le armi non ci siano davvero, o che gli stabili- menti che servivano a fabbricarle (che sicuramente ci sono stati) non siano più in condizioni di produrle? La domanda è pertinente, ma solo in un universo astratto, che non è più in ogni caso confrontabile con quello in cui vi- viamo, nel quale le regole della normale giurisprudenza sono state da tempo abolite insieme a quelle della logica più elementare. A nessuno viene in mente che la «logica» della signora Condo- leezza Rice è quella con cui si mandava- no al rogo le streghe ai tempi dell’In- quisizione : o confessi (e allora andrai al rogo perché rea confessa), oppure non confessi, e allora andrai al rogo come peccatrice e per giunta bugiarda. A leggere giornali e ad ascoltare quel- lo che resta dei telegiornali (dopo la cronaca nera, le sfilate di moda, la pub- blicità nascosta, le sciocchezze sulle ca- se regnanti nostrane ed estere, l’ultimo film di moda o l’ultimo disco) si ricava l’impressione costante, generale, diffu- sa, come un rumore di fondo assordan- te e uniforme, che la guerra contro l’I- rak sia non solo inevitabile, ma anche giusta, inesorabile come il destino o co- me la Provvidenza. Ormai molti com- mentatori non si preoccupano più nem- meno di stare ai fatti più semplici, per- fino a quelli già accertati. Per esempio si dà per scontato che l’Irak avrà la bom- ba atomica: è questione, se non di mesi, addirittura di giorni. A nulla valgono le dichiarazioni degli esperti, dei fisici. Niente da fare. L’uranio arricchito arri- verà. Come se non fosse pressoché im- possibile nasconderlo. Per esempio si è già scordato che nem- meno la Cia ha osato affermare che Sad- dam Hussein ha avuto legami con Al Qaeda . Eppure da tutti i media princi- pali, senza eccezione alcuna, trasuda certezza che, in un futuro molto ravvi- cinato, sarà l’Irak a rifornire di armi di distruzione di massa l’intera galassia del- le organizzazioni terroristiche interna- zionali. E il tutto si fonda su un’opinione pub- blica occidentale ormai talmente terro- rizzata da conferire i pieni poteri ai suoi governanti, purché la proteggano con- tro insidie oscure di morte e di distru- zione. È cominciato il secolo del terro- re. Ci terranno tutti sotto questa spada di Damocle per almeno due generazio- ni di donne e uomini, di vecchi e bam- bini. L a «lotta contro il terrorismo inter- nazionale», divenuta la priorità as- soluta rispetto a ogni altro tema, ci ha già fatto dimenticare che il terrorismo, invece di diminuire, guerra dopo guer- ra, aumenta. E a nessuno viene il so- spetto che una lotta che, invece di in- debolire l’avversario, lo rende più for- te, più agguerrito, più feroce, è una lotta sbagliata. Il terrorismo, ogni giorno che passa, di- venta sempre più aggressivo multilate- rale, pervasivo. E coloro che lo hanno additato come il pericolo pubblico nu- mero uno, invece di dimettersi per in- competenza nel fronteggiarlo, alzano la posta e diventano sempre più tracotan- ti e aggressivi. ■
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