Missioni Consolata - Dicembre 2002
sono necessari». Pertanto è necessario trovare un equilibrio tra il «facciamo da soli» e il «tendiamo la mano ad altri», pun- tando però con maggiore forza sul- la prima strategia. Dopo la guerra, per circa due anni il paese è so- pravvissuto grazie solo agli aiuti e- steri; ma quando la gente è ritorna- ta a lavorare, tutto è rifiorito e si è raggiunta persino l’autonomia ali- mentare. Peccato che, nel 2000, sia arrivata quella tremenda alluvione! «Occorre anche lavorare con un occhio rivolto a possibili catastrofi, immagazzinando scorte alimentari in silos: questo i missionari l’hanno sempre fatto. Oltre a scongiurare la fame, tale azione preventiva frena i prezzi degli alimenti, che salgono alle stelle nelle emergenze...». Abbandoniamo la panchina del molo. Camminiamo scortati da una maestoso filare di palme, accarezza- te da una dolce brezza. Al cospetto di un bar, entriamo senza esitare: u- na bibita ci sta bene. Non c’è anima viva nel modesto locale. Forse pro- prio per questo mi lascio andare ad una domanda indiscreta: «Manuel, si dice che tu sia un vescovo manca- to; o hai ancora una possibilità?». La risposta dell’interlocutore è u- na risata così sonora da attirare la curiosità dello stesso barista... che ri- de divertito anche lui senza sapere la ragione. «Se devo essere schietto - commenta tosto il missionario -, le calze rosse dei vescovi non mi sono mai piaciute. La mia preoccupazio- ne è stata sempre un’altra». E cioè? «Lavorare senza protago- nismi, sentirci tutti fratelli. Ciò che conta non è quanto facciamo, ma lo spirito con cui lo facciamo...». Scuo- te la testa padre Manuel. Un raggio di sole ne illumina il volto, mentre dichiara quasi con solennità: «Ep- poi, mio caro, l’era dei vescovi stra- nieri è tramontata per sempre!». S ta tramontando anche il sole sull’Oceano Indiano. Sprazzi di luce morbida vivacizzano le onde increspate dalla brezza, e dila- tano l’orizzonte. Ci avviamo in auto al 496 dell’ A- venida 24 de Julho. Lungo le vie O Chi Ming e Mao Tze Tung sono an- cora attivi i mercatini... Due giorni fa, nella città di Beira, mi aggiravo incuriosito tra le chiassose banca- relle di un «mercato informale». Mi è piaciuto molto il suo nome Chun- ga moyo , ossia «fatti coraggio». «Chunga moyo» è stato anche il tacito programma del popolo mo- zambicano nel trascorso decennio, dopo la guerra. E lo sarà ancora. MISSIONI CONSOLATA 16 DICEMBRE 2002 Nel 1992 il Mozambico, stremato dalla guerra civile, era il paese più povero del mondo. Ma in un de- cennio di pace (1992-2002) la na- zione ha trovato stabilità politica, mentre l’economia è cresciuta ad una media del 10 per cento an- nuo. Gli investimenti esteri si sono moltiplicati, passando da 73 milio- ni di dollari nel 1997 a 600 milio- ni di quest’anno. Il Mozambico è certamente un e- sempio positivo di Africa. Si par- la anche di «paese miracolo». Tut- tavia restano alcuni gravi proble- mi: - una grande fetta della ricchezza prodotta nel paese non viene in- vestita localmente in formazione e strutture sociali, bensì prende la strada dell’estero; - il 70 per cento della popolazio- ne è sotto la soglia della povertà; - esistono forti differenze sociali tra la popolazione della capitale Maputo e quella delle zone rurali, rispettivamente con un reddito medio pro capite di 1.200 e 80 dollari... I rapporti tra Mozambico e Italia sono stretti. I settori che offrono maggiori opportunità alle impre- se italiane sono l’agroalimentare e il turismo. Il nostro paese è il migliore donatore e, quest’anno, ha cancellato al Mozambico i 254 milioni di dollari di debito estero. Fonte: «Il sole-24 ore», 5 ottobre 2002. Paese Miracolo? (*) PADRE MANUEL TAVARES, portoghese di 66 anni, è stato membro della Direzione generale dei missionari della Consolata (Roma), nonché superiore provinciale in Portogallo e Mozambico. In Mozambico ha operato in due tempi: fino all’indipendenza nazionale (1975) e dopo gli accordi di pace (1992). Mc
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