Missioni Consolata - Dicembre 2002

parole sottovoce, come se parlasse a se stesso. Segue una pausa di silen- zio. Di botto, quasi per un comune accordo, lasciamo il refettorio. Non ci dispiace una siesta. Fa caldo. L’a- ria fresca del mattino è un ricordo. SUL LUNGOMARE Al risveglio, padre Manuel pro- pone una passeggiata sul pittoresco lungomare del porto di Maputo. La conversazione continua seduti su una panchina del molo della città, lo sguardo sull’infinito. Il missionario, pur essendo stato critico del regime coloniale del Por- togallo, ha tuttavia sofferto per il patatrac politico della sua nazione. Subito dopo l’indipendenza, i bian- chi in Mozambico hanno corso il pericolo di sommarie cacce all’uo- mo. Drammatica, tragica, è divenu- ta la situazione quando diversi mis- sionari di varia nazionalità sono sta- ti sequestrati, feriti, uccisi. Oggi, padreManuel, come ti sen- ti quale portoghese? «Mi sento be- ne, perché l’attuale potere politico non fa discriminazioni. In Mozam- bico c’è un piccolo gruppo di bian- chi che teme lo spauracchio del pas- sato. In realtà c’è poco da temere; lo dimostra il fatto che alcuni porto- ghesi, costretti ad andarsene al tem- po delle nazionalizzazioni, ora sono ritornati e fanno ottimi affari... Però noi missionari non dobbiamo di- menticare che siamo in casa d’altri. Come europei, vorremmo che il go- verno e la chiesa fossero diversi. Ma occorre fare i conti con la realtà. Bi- sogna rispettare le sensibilità cultu- rali locali e lo stile africano». «Stile africano» anche fra gli stes- si missionari della Consolata, che or- mai sono anche kenyani e congole- si, brasiliani e colombiani. Questo genera problemi d’intesa? «Non vedo in Mozambico grossi problemi al riguardo, a parte qual- che caso particolare, che però inte- ressa anche i missionari europei. La diversità culturale è sicuramente un arricchimento per lamissione, o può diventarlo». Si dice che il missionario europeo prediliga le opere sociali (centri sa- nitari, scuole, ecc.), mentre quello africano o latinoamericano si dà al- la pastorale pura... «Non esageriamo!... C’è un mis- sionario italiano dedito esclusiva- mente alla pastorale, come vi sono missionari africani e latinoamerica- ni assai impegnati nel sociale: di- pende dai progetti e dai mezzi che dispongono per realizzarli. Ritengo che dobbiamo condividere fra tut- ti noi (europei e non europei) an- che le iniziative di promozione u- mana. Quando l’abbiamo fatto, i ri- sultati sono stati ottimi». Come vengono accolte dalla po- polazione gli aiuti stranieri? Favori- scono l’intraprendenza del mozam- bicano o lo relegano nella passività del mendicante? «Il popolo mozambicano non ha ancora preso in mano le sorti del proprio sviluppo. Questo è un gra- ve problema, perché obbliga anco- ra il paese a dipendere dall’estero. D’altro canto il Mozambico, talora, è costretto a fronteggiare improvvi- se emergenze (come l’alluvione di due anni fa o la siccità di quest’an- no), che ritardano lo sviluppo di de- cenni: in questi casi gli aiuti esterni MISSIONI CONSOLATA 15 DICEMBRE 2002 La comunità canta e prega... C’è anche Lino Carpaneto, dell’associazione «Amici Missioni Consolata» di Torino. Sotto: stazione di minibus a Maputo.

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