Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002
A COME AFRICA Il Kenya non è uno stato africano soltanto in ragione della sua collo- cazione geografica, ma anche e so- prattutto perché dell’Africa presen- ta tutti i connotati tipici, in partico- lare quelli meno invidiabili: fame, siccità, deforestazione, malattie, Aids, corruzione dilagante, degrado sociale, delinquenza. Una situazione decisamente di- versa da quella idilliaca (e anche un po’ paternalistica) descritta da Ka- ren Blixen, la scrittrice danese che in Kenya visse per 15 anni. «Intorno a noi - scrive la Blixen nel suo libro più famoso ( La mia A- frica ) - s’apriva un paesaggio unico. A sud, fino al Kilimangiaro, le vaste pianure della grande zona di caccia; a ovest e a nord la falda delle colline che parevano un parco, con dietro le foreste; più in là, fino al monte Kenya, la terra tutta ondulata della riserva kikuyu , lunga più di 150 chi- lometri, un mosaico di piccoli cam- pi di mais, quadrati, boschetti di ba- nani e terre da pascolo, con qua e là il fumo azzurrino di un villaggio in- digeno, tutto cucuzzoli, come un grappolo di tane da talpa». Chissà cosa pensava della scrittri- ce (morta nel 1962, un anno prima dell’indipendenza del paese) Jomo Kenyatta, il padre della nazione kenyana. C COME COLONIZZATORI «Gli europei - scrive Kenyatta nel- la conclusione del suo libro (pub- Daniel Arap Moi, da 24 anni presidente-padrone del Kenya, tra qualche mese forse lascerà le redini del paese. Successore di Jomo Kenyatta (il padre della patria), Moi è riuscito a costruire uno stato politicamente stabile, ma economicamente e socialmente debolissimo, oltre che corroso da una radicata corruzione. Le esportazioni agroalimentari (in mano alle multinazionali) e il turismo occidentale (spesso devastante) non bastano a sollevare le sorti di un’economia che non riesce a sfamare una fetta rilevante dei suoi 30 milioni di abitanti.
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