Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002
della Consolata. Riprese gli studi di medicina, laureandosi nel 1959. Sen- sibile com’era (nonostante le appa- renze), non le fu facile avvicinarsi al mondo del dolore, soprattutto quan- do doveva entrare in sala operatoria. Con un amico, che incoraggiava la fi- glia a iscriversi a medicina, sbottò: «No, non incoraggiarla, è troppo do- loroso per una donna!». L’amico la guardò sorpreso e le chiese: - Ma, allora, perché ti sei fatta medi- co? - Oh, per me è diverso - rispose -; lo sai che l’ho scelto per l’Africa. Era quella la sua meta, lo scopo della sua vita. E neanche là sarà chi- rurgo, ma solo un medico in giro per i villaggi a curare, confortare e stare accanto ai malati. A rrivò in Kenya nel 1964, all’in- domani dell’indipendenza, e la sua prima destinazione fu un piccolo ambulatorio, con 18 letti a 30 chilo- metri da Nairobi, che le suore aveva- no battezzato Nazareth Dispensary , proprio per la sua piccolezza e po- vertà. E qui, la medico-missionaria i- niziò il suo tirocinio, fatto di acco- glienza dei malati, visite ai villaggi sparsi sui collinoni vicini, incontro (e scontro) con atteggiamenti e menta- lità che non sempre riusciva a capire. Poi il problema della lingua, che im- parò con non poca fatica. Un medico così bravo come suor Prisca sembrava «sprecato» in un piccolo dispensario... e poi le richie- ste di assistenza aumentavano sempre di più. Si arrivò così alla decisione di ampliare la struttura e farne un vero ospedale. L’artefice e protagonista di questa lenta trasformazione fu pro- prio suor Prisca; si vide moltiplicato per mille il lavoro già intenso di me- dico, che continuava a svolgere con amore, intelligenza e la passione di cercare il meglio. Soprattutto lemam- me impararono ad avere fiducia in quel malaika rafiki (angelo amico), capace di commuoversi per i piccoli che nascevano in numero sempre più abbondante e che, quando avevano bisogno di lei, ricevevano sicuramen- te il massimo delle attenzioni. Le mille preoccupazioni per l’o- spedale che stava crescendo rende- vano ancora più faticose le sue gior- nate; ma lei era sempre sorridente, correndo da una parte all’altra, pre- murosa e disponibile a chi la chiama- va per un paziente grave o per dare un parere sul colore della sala opera- toria. Era contenta che i nuovi repar- ti avrebbero potuto accogliere più malati, venire incontro ai bisogni sempre crescenti. E tutto sempre nel- lo stesso stile, senza deroghe: «Non cambieremo sistema: le preferenze saranno sempre per i più poveri!». Prima dell’inaugurazione dei nuo- vi padiglioni, volle darsi una pausa e poter fare con calma gli esercizi spi- rituali. Ottenne di andare a Momba- sa, sull’Oceano Indiano, dove sareb- be potuta stare più tranquilla, ripo- sarsi e pregare con calma. I l 25 novembre 1971 riprendeva la strada del ritorno, sulla macchina che lo zio aveva regalato all’ospedale, in compagnia di un giovane medico, autista, una consorella. Improvvisa- mente la Volkswagen si trovò inca- strata nel retro di un grosso camion, accartocciandosi come un giocattolo. La più colpita fu lei che rimase im- mobile mentre il sangue, inarrestabi- le, le tingeva l’abito bianco. Fu tra- sportata in un ospedaletto, a una ses- santina di chilometri (il più vicino) e poi a Nairobi. Ma non ci fu nulla da fare, nonostante le mille attenzioni, i tentativi, le due operazioni... Si spense, senza aver ripreso la pa- rola, il 30 novembre, lasciando attor- no a sé incredulità e disperazione. La seppellirono nel piccolo cimitero del- l’ospedale, tra quei malati per cui a- veva dato il meglio di se stessa, vita compresa. L’ultimo gesto, di delica- tezza e affetto fu del cardinale di Nai- robi: non volle che la bara fosse ca- lata nella tomba, ma vi fece scendere alcuni uomini perché accogliessero la missionaria e l’adagiassero, piano pia- no, nella terra buona. Era l’Africa che riceveva il piccolo seme, perché, nascosto nella terra, continuasse a portare vita e vita in ab- bondanza. (*) Su Prisca Groppo si veda: Gian Pao- la Mina, In Africa con amore , Emi, Bolo- gna 1977. MISSIONI CONSOLATA 78 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA La condizione della donna, spesso precaria in Kenya, fu un «pallino» di suor Prisca.
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