Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002

«A ndiamo a parlarne... nell’ho- tel a cinque stelle, dove man- giano e dormono». Non riesco a capire dove voglia para- re questo trentino tagliato con l’ac- cetta, con una trentina d’anni di mis- sione, che trasmette simpatia a chili. Ma stasera è giù di corda, padre Fran- co Cellana a Nairobi: un paio di ore fa, la polizia ha «pizzicato» 20 suoi ra- gazzi. La stampa locale, il giorno dopo, ne darà ampio risalto: volti terrorizzati di bimbi fra poliziotti sorridenti e sod- disfatti del loro operato. La didasca- lia di una grande foto recita: «Ragaz- zi di strada. La polizia ha ricevuto nu- merose denunce da pedofili aggrediti e derubati»... Secondo padre Franco, le retate si ripetono regolarmente: e, dopo 3-4 giorni, i ragazzi ritornano stravolti. Cosa succede in quel lasso di tempo? Meglio sorvolare... Sono le 9 di sera. Alcuni ragazzini ci corrono incontro. Da un baracchi- no nei pressi, padre Franco incomin- cia a servire la cena. Gli «ospiti» sie- dono sul marciapiede. La strada è il loro quartiere; qui vivono e dormono. Il cielo come tetto; asfalto o erba co- me materasso. Schiena contro schie- na per sentire meno freddo: a Nairo- bi le notti sono abbastanza rigide. Mi siedo fra loro, ma non posso non pensare alle mie tasche: c’è roba da sfilare, se lo volessero. Ma sono con il «loro padre», che difendereb- bero senza riserve: anche a costo di pesanti conseguenze da parte di ag- gressori. Aggressori forse su commis- sione, perché il «loro padre è scomo- do». Mentre mangiamo, i ragazzi parla- no in swahili con foga. Per uno stra- no miracolo (che nei paesi poveri spesso succede), il senso del loro di- scorso giunge anche a me, mentre es- si capiscono il mio. Chiedo loro di cantare qualcosa. P assano le ore, ma non hanno in- tenzione di mettersi a dormire: te- mono che la polizia possa ritornare. Molti di loro non hanno mai ricevuto un gesto di affetto, una parola buona. Molti non conoscono il papà, ma so- lo le percosse di tanti patrigni... È notte fonda. Il taxi, che mi deve portare allamodesta stanza in cui sog- giorno, attende. Cinque ragazzi si of- frono di accompagnarmi. «Potrebbe essere pericoloso» dice uno. Uno di quelli che, secondo negozianti e poli- ziotti, borseggiano le signore troppo eleganti. Ed è vero: e pure padre Franco li rimprovera. Questi, però, quasi a giustificarlo, mi fa capire che la lotta contro la mi- seria è sempre troppo dura. Il missionario mi abbraccia, come se ci conoscessimo da sempre. Poi... «Hai visto il loro hotel a cinque stel- le?». Al mio no, con un dito indica il cielo. «ANairobi è sempre nuvoloso. È difficile vederne più di cinque...». Una sonora risata accompagna il pri- mo quarto di luna che si affaccia tra le nubi. R ipenso ad altre espressioni di pa- dre Franco. «Nelle baraccopoli di Nairobi lo stato di denutrizione è permanente. L’inquinamento presso le discariche provoca asma e con- giuntivite. Tifo e malaria sono ende- mici. Frequenti le epidemie di colera, epatite e meningite. La tubercolosi è in recrudescenza. Per non parlare del- l’Aids... Il mondo missionario ha fat- to molto, ma non basta. Occorre ri- pensare la sanità secondo ideali uma- ni e cristiani più veri, credendo che la salute per i poveri non è un’elargizio- ne, ma un diritto sacrosanto...». M ARIO B ELTRAMI L’HOTEL A CINQUE STELLE Padre Franco Cellana Bambini di strada e una cucina in una baraccopoli di Nairobi.

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