Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002

presenza di molteplici attività: novi- ziato, casa di ritiri, parrocchia, di- spensario, villaggio per donne anzia- ne, scuole professionali... Riuscì, co- me sempre, a tenere testa a tutto con vivacità, saggezza e creatività. Un tocco tutto personale lo diede all’ideazione della cappella rotonda della Bethany House , così da lui so- gnata: «I fedeli siedono su di un’uni- ca panca circolare, che corre tutta in- torno all’edificio; lo scranno più alto è riservato al celebrante: simbolo del- la comunità, stretta attorno al suo pa- store. L’altare, al centro, costruito su una roccia che balza dal pavimento, richiama il Calvario; l’ambone è la tomba vuota, rappresentazione pla- stica del mistero che qui si celebra: calpestando la tomba, simbolo di morte, proclamiamo la risurrezio- ne». Tra le numerose iniziative, rimise in attività la tipografia, sfornando a pieno ritmo sussidi di ogni tipo per la formazione di catechisti, animato- ri di gruppi giovanili, leaders di co- munità di base, missionari. Suo chio- do fisso era il catecumenato degli a- dulti (non molto presente in Kenya, nonostante la riforma del Concilio e- cumenico): si impegnò perché fosse serio, duraturo, impostato come ve- ro cammino di iniziazione cristiana, quale era appunto nella chiesa dei primi tempi. L’aspetto che più colpiva in padre Giuseppe, fragile all’apparenza, era- no le mille idee che erogava, instan- cabile nel ricercare il nuovo, ma at- tentissimo anche agli aspetti più nor- mali dell’esistenza. Amava fermarsi a chiacchierare con tutti, doman- dando informazioni, interessandosi ai problemi (anche spicci) e elargen- do consigli pratici (e non solo spiri- tuali) sull’agricoltura, l’allevamento, le costruzioni, le malattie, i soldi... Ebbe anche problemi di salute e due volte dovette subire l’operazione al- l’anca destra, che lo costrinsero ad u- sare un caratteristico bastone-seg- giolino a forma di ombrello, che non abbandonava mai. L’ ultimo suo campo di lavoro fu alla periferia di Nairobi, nella parrocchia di Banana Hill (la collina delle banane): piccola come territo- rio, ma popolata di 65 mila persone (1.500 per chilometro quadrato), con una marea sconfinata di giovani: 2.700 nella scuolamaterna; 14 mila in quella elementare; 7 mila al liceo. Ci- fre da capogiro! Come sempre, si tuffò nell’impresa cercando di trova- re, ancora una volta, strade e mezzi perché la piccola comunità cristiana locale diventasse punto di riferimen- to e luogo di fraternità per tutti. Ma quell’uomo che non sapeva co- niugare il verbo «riposare» non riu- scì a terminare la lunga serie dei pro- getti in cantiere. A soli 60 anni, la sua corsa frenetica si arrestava, lasciando in tutti il vuoto e la tristezza per la sua scomparsa. Una persona buona, generosa e ca- pace di sognare in grande. Con i pie- di per terra e un grande ottimismo in cuore. MISSIONI CONSOLATA 74 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA UN TEMPO BREVE UN TEMPO BREVE Suor Anne Maxwell, americana, che ha condiviso con padre Giuseppe l’esperienza del Centro pastorale di Nyeri, tra i mille ricordi, annotava: «D entro di lui c’era una forza capace di abbracciare il mondo, con- dividere con ognuno, far diventare realtà il sogno della bontà di Dio e la gioia di essere missionario della Consolata... Lavorando vi- cino a lui, ho potuto rendermi conto della ricchezza dei suoi doni, del- la sua spiritualità contemplativa e della sua abnegazione nel “fare mis- sione”. Ci furono momenti di tensione, che avremmo potuto evitare, dovuti alla sua apparente impazienza e alla nostra incapacità di vede- re le cose con la sua chiarezza. Il suo obiettivo era così chiaro, la sua visione di chiesa così vivida che, a volte, mi sembrava di vedere la stes- sa incredulità di Gesù davanti a situazioni analoghe. Non è dato a tutti di vedere chiaramente, di sperimentare così profon- damente, di amare così pienamente, di soffrire così nascostamente, di lavorare così infaticabilmente, di sperare così fiduciosamente. La sua urgenza di lavorare per Dio era solidamente sostenuta da una vita di preghiera e da un’infaticabile attenzione ai bisognosi. Il tempo non gli bastava mai: era come se avesse il presentimento che il tempo, per portare a termine i suoi sogni, dovesse interrompersi di colpo...». Celebrazione religiosa. Padre Giuseppe Richetti aveva molto a cuore la vita liturgica.

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