Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002
«D io creò l’uomo e un ele- fante, li pose in un me- raviglioso giardino; tut- ti i giorni passeggiava con loro. Nel giardino c’era un fiume d’acqua lim- pida; ma l’elefante la intorbidiva e non ascoltava né Dio né l’uomo che gli dicevano di non farlo. Allora l’uo- mo uccise l’elefante. Dio si stizzì per tale gesto e cacciò l’uomo dal giardi- no. Per questo i borana vivono nella disperata ricerca d’acqua, semino- madi in un semideserto». Dal «paradiso perduto» alla dura realtà presente: il breve mito rac- chiude secoli di storia. RITORNO ALL’INFERNO In un tempo imprecisato, popola- zioni dell’alto Egitto migrarono nel- le regioni montagnose dell’Etiopia meridionale. Non era il paradiso, ma ce n’era quanto bastava per fermarsi stabilmente, dedicandosi all’agricol- BORANA pacifici, ma non pacifisti tura, ma senza dimenticare l’alleva- mentodei bovini. Così nacque l’etnia cuscita (o camitica) degli oromo . A partire dal secolo XVI , la crescita demografica e la diminuzione di ter- re produttive causarono frizioni e lot- te, anche sanguinose. Molti oromo si staccarono dal ceppo originario e ri- presero a migrare, dando origine a circa 200 gruppi di differente consi- stenza numerica, gelosi della propria autonomia, pur conservando lingua e tradizioni culturali. Alcuni si spinsero verso est, ma fu- rono ricacciati dai somali. Costretti a migrare verso sud, occuparono le regioni ai piedi dell’acrocoro etiopi- co e continuarono a coniugare agri- coltura e allevamento. Altri, poi chiamatisi borana , si sparsero nel semideserto, a cavallo tra Kenya ed Etiopia: ambiente più simile all’inferno che al paradiso dei miti delle origini. Nelle immense di- stese di sabbia e pietraie sono torna- ti alle antiche abitudini del nomadi- smo, con un drastico cambiamento economico e culturale: all’alleva- mento dei bovini hanno aggiunto quello dei cammelli, una volta di- sprezzati, insieme ai loro pastori. Oggi i borana contano 4-5 milioni di persone, in maggioranza stanzia- te in Etiopia; 90 mila circa vivono in Kenya, concentrati nei distretti di Marsabit, Moyale e Isiolo, con altre comunità sparse fino al fiume Tana e al distretto di Garissa. La sopravvivenza nel semideserto non è facile: a volte la pioggia si fa at- tendere per anni; negli ultimi decen- ni solo sei volte è caduta in abbon- danza. Ogni anno essi sono costretti a spostare le loro mandrie di capre, pecore, bovini e cammelli da un luo- go all’altro, fino a 100 km di distan- za, in cerca di pozzi e nuovi pascoli. Varie carestie hanno reso i borana sempre più dipendenti dagli aiuti u- manitari, una situazione aborrita da questo popolo orgogliosamente abi- tuato alla propria autosufficienza. «PACE BORANA» Il termine borana significa «amico, persona gentile». Il peggiore rim- provero a una persona che si com- porta male è: «Non sei borana!». La coesione etnica è il massimo i- Tipico insediamento di una famiglia borana a Sololo, al confine con l’Etiopia.
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