Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002
giamenti e abbuffate di carne. Infine ogni giovane si reca dal padrino che, dopo avergli trasmesso il bagaglio morale, le tradizioni dell’etnia e ac- conciato la capigliatura, gli consegna il necessario di un autentico turkana: lancia, clava, poggia-testa, bracciale- coltello, anello, sandali nuovi. Ora il giovane è diventato un guerriero: de- ve respingere i nemici, condurre la mandria in pascoli lontani e parteci- pare alle razzie. Verso i 30 anni, il giovane può spo- sarsi e così raggiunge un secondo grado di maturità. Ma è un processo lungo e complesso. Iniziato il corteggiamento e otte- nuto il consenso della ragazza, in ge- nere ancora adolescente, il giovane deve ottenere l’approvazione del pa- dre. Se esso è positivo, il genitore si reca con gli anziani alla casa della fa- miglia della sposa e avvia il contrat- to matrimoniale. È questo il punto cruciale, dove la «società del bestiame» si rivela prov- videnziale. Il prezzo della sposa, in- fatti, può raggiungere i 40-50 capi di bovini e cammelli, 100-150 di peco- re e capre, un discreto numero di a- sini e beni di uso immediato (coper- te, tè, zucchero, tabacco). Domanda e offerta subiscono sconti durante la contrattazione; ma la somma rimane sempre alta; e non è scontato che il padre sia disposto a sborsarla, specie se vuole procurarsi un’altra moglie: da qui la necessità di rivolgersi a zii, affini e amici. Raggiunto l’accordo tra le due fa- miglie sul prezzo da sborsare, lo spo- so chiama alcuni amici e rapisce la ragazza. La sposa è consenziente, na- turalmente; ma il rapimento deve av- venire col maggiore baccano possi- bile: la ragazza grida e si divincola per mostrare l’attaccamento ai geni- tori; i rapitori devono fare apparire che si tratta di un bottino di razzia, tanto per non smentire la propria fa- ma. A colpo fatto, gli anziani bene- dicono gli sposi, che cominciano a convivere. Riprendono le trattative tra le due famiglie per la consegna del bestia- me, che generalmente viene fatta a ra- te. La prima deve essere la più consi- stente, perché i parenti della sposa acconsentano alla cerimonia definiti- va: l’uccisione del bue. Con questa cerimonia viene sancita la legittimità del matrimonio a tutti gli effetti, an- che se il pagamento delle altre rate durerà molti anni o tutta la vita. RELIGIONE... INTERESSATA I turkana hanno la certezza di un Dio chiamato Akuj (cielo): benevo- lo, onnipotente, unico (senza mogli e figli), onnisciente... ma è alquanto lontano. Presente al tempo delle ori- gini, non si interessa troppo delle faccende umane, pur rimanendo sempre sorgente della vita e del de- stino di ogni essere. A volte Dio co- munica, attraverso il sogno, in vista di necessità collettive, mediante uo- mini scelti, come l’ emuron , perso- naggio fondamentale nella società turkana, che riveste il ruolo di sacer- dote, mago, medico e divinatore. I turkana si avvicinano ad Akuj ed esprimono la loro dipendenza, sep- pure raramente, con preghiere e sa- crifici, in caso di calamità collettive, malattia di anziani e altre circostan- ze dettate dalla tradizione. Si ha il «sacrificio per la pioggia», con l’uc- cisione di un bue in caso di siccità prolungata; si sacrifica un toro (o ca- prone) al rientro del bestiame dalle alture o per scongiurare lamoria de- gli animali. Oggetto della preghiera, guidata dagli anziani o dall’ emuron , sono realtà concrete: pioggia, acqua, cibo, aumento di figli e bestiame, salute delle persone; ma anche pace, ar- monia, concordia tra gli anziani. Inoltre, l’universo turkana è po- polato da entità benevoli o malevo- li, da un gran numero di spiriti della natura e spiriti dei morti. La loro po- tenza è limitata, ma è sempre meglio tenerli a bada con una serie di ritua- li, formule di scongiuro, amuleti e ta- lismani, piccoli gesti di rispetto: un pizzico di tabacco, libagioni di latte e acqua. Infine, accanto all’azione di Akuj e degli spiriti, i turkana credono in realtà soprannaturali impersonali, controllabili dagli specialisti: maghi e indovini, possessori di poteri posi- tivi o distruttivi. Ne esistono parec- chi, ma il più popolare, stimato e te- muto, è l’ emuron , spesso molto ric- co, grazie al contributo in bestiame che riceve per le sue prestazioni. Personaggio caratteristico, presen- te in quasi tutti i villaggi, è il «lancia- tore dei sandali»: dalla posizione che tali arnesi assumono in volo e nella ri- caduta, egli diagnostica le cause di un’anomalia e dà la risposta al pro- blema che gli viene presentato. (*) Cfr. anche: Achille Da Ros, Noi, i Turkana , Emi, Bologna, 1994. MISSIONI CONSOLATA 56 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA L a razzia è condotta con un attac- co a sorpresa su due ali, che a- vanzano a tenaglia: da una gli ngiri- sae (leopardi), dall’altra gli ngimoru (pietre); entrambe le formazioni han- no in prima fila i veterani, dietro i giovani guerrieri. Mentre i veterani affrontano i custodi, i giovani piom- bano sul bestiame. I difensori sono trucidati; i bambini fatti prigionieri. Mentre i guerrieri portano via la pre- da, i veterani passano nella retro- guardia per proteggere la fuga. I bersagli preferiti sono i bovini e cammelli dei pokot , samburu , gabbra , karamojong , toposa ... Ma, oggi, alcu- ne di queste etnie si sono procurate di frodo armi da fuoco e razziano le mandrie turkana, uccidendo e massa- crando la gente. U n fenomeno a parte rappresen- tano gli ngoroko , un nutrito gruppo di «banditi nomadi turkana». Dotati di armi automatiche e ben or- ganizzati, razziano tutti indistinta- mente. Fatto il colpo, svaniscono nelle zone più impervie, vanificando ogni intervento via terra dell’eserci- to regolare. Di fronte alle armi da fuoco, anche i turkana fuggono, abbandonando tut- to, con esodi di massa come quelli av- venuti nel 1993-94. LEOPARDI, PIETRE... E NGOROKO Giovane turkana ... modernizzato.
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