Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002
«I migliori guerrieri dell'Africa orientale; eccezionalmente impavidi; conuna fama di e- stremo e rapace eroismo»: così han- no definito i turkana gli amministra- tori coloniali del passato. I primi in- contri non sono incoraggianti, scrive un missionario che da anni vive in- sieme a loro: sono«chiusi, unpo’ roz- zi e grossolani, privi delle grazie del- la società; impulsivi e attaccabrighe; fieramente indipendenti, orgogliosi, arroganti, ma anche gioiosi e felici; i- spirano forti emozioni: chi lavora tra loro o li ama o li odia; spesso tutte e due le cose insieme». Ma è grazie a tale aggressività o re- putazione di essere tali, che sono tan- to numerosi e riescono a vivere in un ambiente lunare. SEGUENDO UN BUE RIBELLE Il nome turkana (*) non dice mol- to: forse deriva da aturkan (grotta, caverna), da cui ngaturkana : uomini delle caverne. Qualcosa in più si può ricavare dai loro scarsi miti delle ori- gini. Inizialmente esisteva il gruppo etnico dei karamojong : 500 anni fa, questi emigrarono dall’Etiopia nel Sudan, per poi ripiegare verso sud, dividendosi in gruppi autonomi e prendendo nomi propri: jie , dodos , turkana, jiye , toposa , teso , donyiro , kuman . I vecchi raccontano che que- ste popolazioni «erano un tempo un solo territorio, un solo popolo, una sola famiglia». Gli etnologi definiscono a grandi linee questi gruppi come «nilo-ca- miti» o «nilotici cuscitizzati». Di fat- to, la loro lingua affonda le radici nell'intricato sottobosco nilotico, ma sangue e cultura hanno i colori dei popoli di lingua camitica (cuscita). Per quanto riguarda i turkana, un'antica leggenda narra che essi si chiamavano jie ; ma un giorno si se- pararono da essi, seguendo le orme di un bue capriccioso che, fuggendo, si tirò dietro molta gente: da quel momento essa si chiamò turkana; a- vanzò verso sud e, sgomitando, assi- milando o cacciando le popolazioni arrivate prima, diede il proprio no- me alla terra occupata: Turkwen , ter- ra dei turkana. Il contatto con altre popolazioni ha arricchito la forma- zione delle loromandrie: ai soliti bo- vini hanno aggiunto capre, pecore, cammelli e asini. HABITAT INFERNALE Il Turkwen o, come viene chiama- to dall’amministrazione statale, Di- stretto Turkana, misura oltre 61.000 kmq e si trova nella Great Rift Val- ley: una lunga fossa a circa 600 me- tri s.l.m., caratterizzata da pianure sabbiose, blocchi rocciosi di 300-400 metri e catene di colline e montagne di origine vulcanica alte fino a 1.600 metri. La temperatura minima si ferma a 24° e la massima può raggiungere i 42° nei mesi di gennaio-marzo. Le precipitazioni sono scarse e impre- vedibili, anche se i turkana conti- nuano a dividere l’anno in akiporo (stagione delle piogge, aprile-agosto) e akamu (stagione secca, settembre- marzo). Nel nord cade 100-300 mm di pioggia l’anno; nel sud 300-800; nel centro e nell’est non piove quasi mai. Turkwell e Kerio sono i fiumi principali; altri corsi d’acqua stagio- nali non sono altro che letti di sab- bia, pietre e detriti. La vegetazione è quella tipica della savana: acacie spi- nose, cactus, sisal, palma dum, spe- cie lungo i corsi d’acqua, e cespugli spinosi qua e là tra sassi e sabbia. In tale ambiente infernale, nulla è dato gratuitamente; tutto ciò che si ha, o si vuole avere, deve essere fati- cosamente conquistato e difeso, ag- gredito e vinto. Altrimenti si soc- combe. Qui i turkana hanno svilup- pato carattere e cultura, orgogliosi del proprio isolamento, accresciuto dalla fama di guerrieri spietati che si portano addosso. Da sempre, infatti, essi compiono razzie di bestiame: fa parte del loro sistema economico, giustificato da un mito tramandato da una genera- zione all’altra: Dio ha dato ai loro an- tenati, e solo a loro, tutto il bestiame domestico esistente nel mondo; per cui, razziare il bestiame altrui non è TURKANA orgogliosi di vivere all’«inferno» MISSIONI CONSOLATA 52 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA Un anziano turkana riposa sul poggia-testa di legno, senza guastare la capigliatura.
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