Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002

N el 1945 venne fondato in Kenya il «Kenya African Union» (Kanu), un partito politico che rivendicava l’indi- pendenza della colonia dagli inglesi e che ebbe, nel 1946, come presidente Jomo Kenyatta, rientrato nel paese dopo 15 anni di esilio. Nonostante i comizi in- fiammati e le pubblicazioni inneggianti alla libertà, il partito seppe mantenersi nei binari della legalità rifiutando, per principio, la violenza fisica e l’opposizio- ne armata. Visti gli scarsi risultati, sorse, accanto al Kanu, un‘altra formazione, che scelse la violenza, il terrore e la clandestinità come strategia per ottenere l’allontana- mento dei bianchi e l’indipendenza. Era il movimento Mau Mau , che fece la sua comparsa nel 1950 nel distretto di Kiam- bu, vicino a Nairobi e a Naivasha. Era guidato soprattutto dai kikuyu, che con- tavano la maggioranza dei contadini sen- za terra e dei disoccupati usciti dalle scuole. Si presentava come una società segreta e, tra gli obiettivi, non si prefis- se solo l’indipendenza del Kenya, ma an- che il recupero delle terre sottratte dai bianchi e il ritorno alla cultura tradizio- nale secondo i costumi, le tradizioni e la religiosità degli antenati. Per questo an- che i missionari erano, in un certo sen- so, nel mirino dei rivoluzionari decisi a tutto, pur di raggiungere il loro scopo. L’affiliazione alla società segreta av- veniva tramite un giuramento: si rinne- gava il battesimo e le convinzioni cri- stiane, si dichiarava odio ai bianchi e ci si impegnava a lottare con ogni mezzo, accettando le conseguenze funeste in ca- so di mancato adempimento ai doveri della Mau Mau. «Se userai ancora il tuo nome cristiano, che tu sia ucciso da que- sto giuramento!». A ll’inizio i missionari e il governo non considerarono l’impatto del movi- mento sulla popolazione, sottovalutan- done la pericolosità. Un’azione eclatan- te ne rivelò, tuttavia, la consistenza nel- l’ottobre del 1952, quando, in occasione dell’arrivo del nuovo governatore della colonia, sir Evelyn Baring, venne ucciso il capo kikuyu Warouhiou, collaborazio- nista dei bianchi. L’attentato convinse le autorità a prendere la cosa sul serio e ad opporsi con tutti i mezzi. Iniziò così una lunga serie di attenta- ti e scontri, vendette e guerriglie, che si protrasse per anni. Nel 1953 Yomo Kenyatta, presidente del Kanu, fu con- dannato come leader del movimento a sette anni di prigione e poi a domicilio coatto fino al 1961. Carlo Cavallera, vescovo di Nyeri, e i missionari vissero quegli anni con paura, ma rifiutarono di abbandonare i loro po- sti, anche se cercarono di difendersi evi- tando le occasioni di pericolo, costruen- do case solide e appoggiandosi alle forze di polizia. Il vescovo, soprattutto, inter- pretò la drammatica situazione in chiave di fede, preoccupato del pericolo di apo- stasia dei cristiani. Il 16 maggio 1952 scrisse una lettera pastorale sui Mau Mau, condannando il movimento: loro scopo è quello di di- struggere la chiesa di Cristo, iniettando La dentiera di Filippo Filippo è un cristiano molto in gamba. Lo chiamo «il martire». Ed ecco il per- ché. Erano gli anni della guerriglia per l’in- dipendenza del Kenya. Quella che in Europa fu chiamata la rivolta dei Mau Mau e qui «emergenza»... Filippo scelse la via della fedeltà a Cri- sto e al suo dovere di maestro. Nono- stante le minacce di morte, continuò a fare scuola. E pagò caro il suo corag- gio. Gli chiesi un giorno: Filippo, non avevi paura che un giorno o l’altro ti avrebbero fatto fuori? - Eh sì! Speravo sempre di no, ma ne vedevo tanta di gente massacrata. Sa- pevo di essere dalla parte del Signore e Lui mi dava forza. Com’è che ti hanno assalito e non ti hanno ammazzato? - Non lo so. Tornavo da scuola. Mi vidi circondato dai Mau Mau. Tentai di scappare, ma mi furono addosso. Capii che ero finito. Caddi in ginocchio e mi misi a recitare l’Ave Maria. A quel tem- po pregavo molto la Madre di Gesù che mi aiutasse nell’ora della morte. Non so cosa mi accadde. Aprii gli occhi e vi- di qualcuno che mi soccorreva. Cos’era capitato? - Non so. Forse, sentendo arrivare gen- te, sono scappati. Forse hanno creduto che fossi morto. Sai, io non gridavo, pregavo. Forse è stata la Madonna che, in quell’ora di morte, ha avuto compas- sione della mia famiglia. Il fatto è che sono passati 15 anni e io sono ancora qui, sano e salvo. Sia ringraziato il Si- gnore, che è stato davvero buono con me... «Beh, proprio sano e salvo non direi - mi disse alcuni giorni dopo Donatella, la suora infermiera. Sai perché porta il bastone? Non fu possibile aggiustargli il ginocchio». - Sì, ho visto. - Hai notato che bei denti ha? Glieli ha messi il vescovo. - Oh bella! Non sapevo che il vescovo facesse anche il dentista. - Non capisci niente! Glieli ha fatti met- tere il vescovo, perché i suoi erano par- titi tutti. E come avrebbe fatto a masti- care granoturco e fagioli?... Che paura quel giorno! Ero qui in ambulatorio co- me adesso. Non mi avevano mai minac- ciata. Curavo anche loro, i Mau Mau. Ne avevano un gran bisogno, poveretti, con la vita grama che conducevano nel- la foresta. Sentii delle grandi urla che aumentavano sempre più. Poi mi parve di sentire le parole «ammazzato... Filip- po». Sono corsa fuori. Che orrore! Tut- to sangue. Vedevo solo sangue. Era proprio Filippo. Cosa potevo fare? L’ho lavato, disinfettato e fasciato in tutta fretta. Poi il padre l’ha portato al- l’ospedale. Se chiudo gli occhi, lo vedo ancora. Tu scherzi quando lo chiami «il martire», ma lo è davvero. - Sorella, io non scherzo affatto. Gli vo- glio un gran bene e mi sento una pulce davanti a lui. G IUSEPPE M AGGIONI , autore di «Storie africane», EMI, Bologna 1987 TRA PAURA E CORAGGIO Missionari e Mau Mau MISSIONI CONSOLATA 36 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA

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