Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002
pello di missionari non si lasciò vin- cere dai problemi e, lentamente, il la- voro trovò il verso giusto, anche se i risultati (battesimi) non furono con- sistenti. GUERRA, PRIGIONIA E... MAU MAU Nel 1936 fu padre Nepote Fus ad assumere la responsabilità del vica- riato di Meru, che contava allora 15 padri, 6 fratelli coadiutori e una tren- tina di suore: un bel passo avanti! Il punto debole del lavoro missio- nario erano però le scuole; tanto che il nuovo responsabile sentì la neces- sità di cercare personale preparato soprattutto per questo. «Il Meru è molto indietro e se si dorme...» - scri- veva ai superiori di Torino, solleci- tando un aiuto per le scuole, da lui ri- tenute il problema più urgente per la prefettura. Purtroppo lo scoppio del secon- do conflitto mondiale segnò, ancora una volta, l'arresto di ogni attività; i missionari della Consolata diventati «nemici» degli inglesi, furono de- portati nei campi di concentramen- to in Sudafrica e sostituiti da missio- nari inglesi, mentre migliaia di gio- vani africani furono inviati sui campi di battaglia. Costretti ad inattività, i «prigionieri» approfittarono per per- fezionare la conoscenza della lingua meru , compilarne grammatica e di- zionario, tradurre la bibbia e i testi li- turgici. Non fu facile il rientro alle mis- sioni dopo la guerra, anche perché l’essere italiano non era gradito alle autorità. Ci vollero molta pazienza, diplomazia e generosità per supera- I missionari protestanti e cattolici cominciarono ad aprire missioni nella «Riserva Africana del Forte Meru» nella prima decade del 1900, piazzandosi sul- l'altopiano nei pressi di Meru. Vedevano bene quel po- sto... I cattolici diedero un'occhiata pure alla regio- ne del Tharaka: la giudicarono un «forno» inospitale e poco popolato. Scarsi di numero e mezzi, si consa- crarono ai soli altopiani popolati e climaticamente più ospitali del Kenya e del Nyambene, in attesa di tem- pi migliori. Ma nel '50 il vescovo Carlo Cavallera ruppe ogni in- dugio: Gesù offriva la sua salvezza anche ai Tharaka e, quindi, anch’essi avevano diritto a goderne i bene- fici: come pure quelli che l'Europa poteva offrire loro con lo sviluppo tecnico e culturale. Accompagnato dal meglio navigato padre Vittorio Pacchiardo e guidato dal capo Mburugu, il vescovo consacrò 9 giorni al Tha- raka: lo esplorò in lungo e in largo e incontrò più gen- te possibile per pianificare con intelligenza e saggezza l'attività missionaria. Nel suo diario il vescovo annotò: «A piedi e sotto il sole». Una nota scarna, che ai mis- sionari andati poi a risiedere parla di fatiche e co- stanza degne di grande ammirazione. L'anno seguente prese il via Ntonyai Mission : non era però nel Tharaka, ma ai suoi margini e raggiungi- bile da Meru solo con la pista carrozzabile. Quella gen- te ne fu felicissima, perché si era accorta dello svi- luppo sociale portato dalle missioni sull'altopiano del Meru. Tanto che il capo Muraga si fece subito avanti per offrire il terreno necessario per due scuole e a ri- chiedere altri missionari. Ntonyai Mission ebbe vita travagliata e breve per la forte opposizione dei metodisti di Meru Mission , che ritenevano la zona loro feudo missionario, e per lo svi- lupparsi della guerriglia mau mau . Passata la bufera, padre Pietro Fissore, il fondato- re di Ntonyai, decise di spostare il centro della mis- sione nel cuore del popolo tharaka e dette il via a Ma- teri nel sud. Fu così più facile seminare nel Tharaka scuole e cappelle, catecumeni e cristiani. La scuola-cappella fondata presso il mercato di Ga- tunga, quasi 30 km più a nord, prese un avvio molto promettente. Veniva seguita con attenzioni partico- lari: messa ogni domenica e tre visite settimanali del- l'ambulatorio mobile. Nel '63 Gatunga contava già 900 cristiani e 10 scuole-cappelle con buoni catecume- nati. Fu, quindi, più che naturale promuovere quella succursale a sede di missione, per assicurare un'ade- guata assistenza al Tharaka del nord. Nacque così «Gatunga Mission» . Il fondatore fu padre Guido Baggio, un artista come pochi. Ma si a- dattò a vivere in una capanna di fango e paglia, a co- struire blocchi di sabbia e cemento, a cuocere mat- toni al sole per rendere il centro della missione più o- spitale per i suoi successori. Non era facile vivere a Gatunga. Una decina di an- ni dopo, padre Aimone Rondina scrisse: «Posto da dis- sodare, primitivo. C’è bisogno di acqua e cibo prima che di istruzione... Un popolo duro e difficile come la terra che coltivano. Vivono di bestiame e miglio. Lot- tano per la vita. Il Tharaka è posto malarico e vi so- no numerosissime altre malattie cagionate da malnu- trizione e mancanza di vitamine. Paese poco ben ser- vito climaticamente». A PIEDI , SOTTO IL SOLE Come nasce una missione MISSIONI CONSOLATA 32 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA
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