Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002

dell'Impero britannico, attillati, se- ri e potenti, «com’è che non vengo- no in chiesa? Perché non sono tutti cattolici, se la vostra è l’unica vera religione? E il re d'Uganda, perché non è cattolico, ma protestante?». Infine l'ostacolo della poliginia. Non fu di poco conto per Karuri ri- nunciare alle sue 50 mogli. Al di là della componente affettiva (da non sottovalutare), quelle donne valeva- no centinaia e centinaia di montoni, dozzine e dozzine di buoi! Con il battesimo tutto sarebbe svanito. GIUSEPPE E MARIA CONSOLATA Candidata al battesimo c’era pu- reWanjiru, «la regina» delle 50 con- sorti di Karuri. Fu lei che il capo scelse come sposa per il resto della nuova vita. Le altre furono date in moglie ad amici e conoscenti, con i quali Karuri aveva debiti di ricono- scenza per servizi ricevuti. Il 6 gennaio 1916 Karuri eWanji- ru furono battezzati con il nome di Giuseppe e Maria Consolata. Karuri visse appena 5mesi da cri- stiano. Il missionario, che ne aveva favorito la conversione fin dal 1902, vide coronati i propri sforzi dopo 14 anni, quando la vita del capo volge- va ormai al tramonto. Quali furono gli effetti dell'avve- nimento per la causa dell'evangeliz- zazione? Buoni, secondo padre Per- lo. Qualche missionario credette di scorgere in tutta la popolazione l'at- tesa evoluzione psicologica, favore- vole all'accettazione del battesimo. Alcuni kikuyu si sarebbero perfino chiesti: «Karuri si battezza! È dun- que questa la via da seguire?» (*). Ma la realtà fudiversa.MariaCon- solata, per esempio, la promettente moglie cristiana di Karuri, morto il marito il 14maggio 1916, ridiventò... Wanjiru. Altrettanto significativo fu il fatto che nessuno dei figli più in- fluenti di Karuri si fece cattolico. PRESSIONE? Ogni conversione religiosa tra- scende la logica umana. Per i mis- sionari quella di Karuri era da attri- buirsi principalmente all’azione del- la «grazia divina». Questo tuttavia non fuga le per- plessità umane sull'accaduto. Non si potràmai stabilire quanto la conver- sione del capo sia stata libera e sin- cera. Ci si chiede se nel missionario ci sia stata pressione... In ogni caso la sua buona fede è fuori discussione. La ricerca di un’azione adatta al con- testo culturale e, particolarmente, gli scoraggiamenti e i dubbi dimostra- no che l’evangelizzatore non ebbe al- tro scopo che quello religioso e che operò secondo coscienza. La buona fede, dimostrata e con- validata da opere di carità, salvò i missionari dall’essere accomunati ai colonialisti. «Il padre non è uno stra- niero» osserveranno i kikuyu duran- te la lotta dei Mau Mau per l’indi- pendenza del Kenya (1950-54). Ma le stesse opere di carità po- trebbero prestarsi all’accusa: «Così facendo, voi li comprate alla fede». Però giova ricordare come i missio- nari si siano astenuti da doni inutili e abbiano proposto la conversione evangelica nella sua essenza. Essi hanno operato con dedizio- ne cristiana, sull’esempio di Gesù Cristo, «il quale passò facendo del bene e sanando tutti» ( At 10, 38 ). ( *) Il personaggio fu analizzato da pa- dre Filippo Perlo nel libro Karoli , Isti- tutoMissioni Consolata, Torino 1925. Il sottotitolo «Il Costantino Magno del Kenya» è eloquente. Interpretazione africana della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e la Vergine Maria. Il messaggio cristiano si sta inculturando... MISSIONI CONSOLATA 28 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=