Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002

nio cristiano attraverso una capilla- re sensibilizzazione ad opporsi alla poliginia, basata sulla compra-ven- dita della donna. L'unico onore raggiungibile dalla donna era quello di generare figli. La sterile era oggetto di scherno. E una ragazza che, volontariamente, aves- se rinunciato allamaternità, avrebbe costituito un caso serio aberrante. Il missionario mirò proprio a questo: avere delle donne che professassero la verginità per «vocazione». Nyeri, 8 dicembre 1929: 10 ra- gazze kikuyu emisero il voto di ca- stità come suore. Quando, due anni prima, vestirono l'abito, si tenne il « siku kuu ya airitu » (il grande gior- no delle vergini). Per i kikuyu «airitu» sono le ra- gazze non iniziate che, se rimaste ta- li, non sarebbero mai state ritenute donne. Il fatto che per delle airitu si organizzasse una festa infliggeva un colpo severo alla mentalità kikuyu. All'unico ideale della fecondità-ma- ternità, condizione imprescindibile per realizzarsi, si replicava con quel- lo inedito della verginità... per il re- gno dei cieli (cfr. Mt 18, 12 ). Ma la verginità o il celibato com- portava per i kikuyu un atto di fede nell'assurdo. Economicamente e so- cialmente si infrangeva l'istituzione della «ricchezza della sposa»... Per l'evangelizzatore era pure «la rivincita del sesso debole»: dopo es- sere stato calpestato per secoli con dicerie e sarcasmi, esso acquistava dignità e rispetto anche al di fuori del dogma della tradizione. RESISTENZE AL MUTAMENTO Il sistema maschilista reagì pron- tamente ai tentativi di mutamento. Sull'affluenza dei bambini all'asilo gravarono le solite accuse di canni- balismo e di avvelenamento, rivolte al missionario. Ma, con il passare del tempo, le prevenzioni scomparvero. Più lungo si rivelò, invece, il con- trasto circa le ragazze che frequen- tavano la missione; a tal punto che i collegi si limitarono ad essere solo dei dormitori. Si temeva (non a tor- to) che le ragazze si convertissero al cristianesimo. Nel giugno 1932 aMurang’a il Lo- cal Native Council discusse la pro- posta delle missioni cattoliche di a- prire e finanziare un collegio femmi- nile. Il primo kikuyu che interloquì sull'argomento aveva fama di essere progressista; ma sostenne che «la donna è una schiava, che deve lavo- rare soltanto per il marito e che, per- tanto, non deve essere considerata degna di educazione alcuna». Così ragionarono anche gli altri membri del Consiglio, sancendo la fine del- l'emancipazione della donna. Ancora più tenace fu l'opposizio- ne alle postulanti della «vita religio- sa». Poiché, mentre le ragazze del collegio, alla fine si sposavano e la fa- miglia percepiva «il prezzo della sposa», quelle che invece si chiude- vano in convento non procacciava- no il becco di un quattrino. Per protestare contro il mancato guadagno, una madre giurò di im- piccarsi ad un albero del monaste- ro. Vari genitori fecero ricorso al go- verno coloniale, che impose al mis- sionario di restituire le ragazze o di pagare una somma equivalente al «prezzo della sposa». Altre furono rapite mentre lavoravano alla mis- sione, rinchiuse in una capanna per parecchi giorni e battute a sangue. Erano altri tempi. Nel ruolo dei «re magi» in un musical di natale a Nairobi: l’immagine rivela un certo cammino sociale della donna (ma per lei la strada è ancora lunga). Sotto: danza tradizionale. MISSIONI CONSOLATA 25 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA

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