Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002
donne; spiegate con pazienza le ra- gioni buone a persuaderli dell’ono- re a cui la donna ha diritto in forza della sua debolezza e delle sue fun- zioni di madre... Essi, scrollando il capo, vi risponderanno col loro sor- riso più fine: “Ma... la donna non è un uomo!”». LA DONNA SPOSATA Una moglie come si comportava nel regime poliginico? Alla stregua del proverbio «due donne insieme sono due vasi di veleno», ci si aspet- terebbe gelosie e litigi all’ordine del giorno. Non era escluso: per questo ogni moglie viveva separata nella sua capanna. Tuttavia, non di rado, si assisteva ad una pacifica convivenza. Fratel Benedetto Falda rilevò: «Il bisogno di aiutarsi per i lavori faticosi dei campi, il taglio della legna, ecc. fa sì che queste disgraziate, sfiorite dalla loro giovinezza, conducano una vi- ta senza sogni, perché non sono con- siderate degne di essere consultate o di condividere col marito l'ammi- nistrazione della famiglia, ma solo ri- servate a produrre figli che aumen- tino la ricchezza del capo famiglia». La poliginia, pertanto, diventava u- na scappatoia per sgravarsi dal la- voro. Talora l’insofferenza femminile e- splodeva: la donna fuggiva di casa. Era un gesto di enorme coraggio, perché carico di conseguenze. Se la moglie abbandonava il marito senza essere stata picchiata, nonpoteva più tornarvi se prima non lo avesse paci- ficato «con il sacrificio di unmonto- ne». Il che costava. Eppure alcunemogli erano così e- sasperate che ne combinavano «di belle e strane per costringere il ma- rito a percuoterle». Altre volte era l'uomo ad assume- re l’iniziativa di cacciare la donna. Questo avveniva quando la sposa dimostrava poco amore al lavoro, oppure era rea di infedeltà coniuga- le. Fu il caso di Wangiuku, adultera e pigra. La donna, cacciata, andò er- rando di casa in casa per un po' di cibo e un ricovero per la notte. Il fi- glio illegittimo trovò rifugio nell'or- fanotrofio della missione, mentre la madre finì la sua esistenza azzanna- ta dalla iena. Nelle liti minori fra marito e mo- glie, il missionario interveniva talora da paciere. «Non di rado la rappaci- ficazione di mariti e mogli avviene per i buoni uffici del patri , raggiunta con soddisfazione delle parti». ASILI, COLLEGI, CONVENTI Con il taglio del cordone ombeli- cale, madre e figlio incominciano ad existere separatamente. Chi nasce, tuttavia, è ben lungi dall'essere au- tonomo, in quanto ha estremo biso- gno degli altri e, in caso di allatta- mento naturale, della donna in mo- do esclusivo. Le madri kikuyu raramente, du- rante il giorno, deponevano i figli poppanti. Le vedevi al mercato o in chiesa, mentre sarchiavano o attin- gevano acqua, con il bimbo sempre lì: sulla schiena o attaccato al capez- zolo. E chi attendeva agli altri figli? Non «lui», ma sempre «lei». Però agli svezzati si concedeva pa- recchia libertà: un’espressione eufe- mistica per nascondere l'impossibi- lità fisica di curarsi di loro. Il missionario, osservando quoti- dianamente molti ragazzetti abban- donati a se stessi e affamati, decise di raccoglierli in asili. Nel 1920 ne e- sistevano 15. L'iniziativa favorì sia i figli sia le madri, per ragioni facil- mente intuibili. In alcune missioni l'affluenza di bambini all’asilo fu tale che, man- cando del necessario personale di assistenza, le missionarie furono co- strette ad accettare solo i figli di fa- miglie cristiane. «E non potete im- maginare quanto le donne ci pren- dono gusto al sollievo che l'asilo loro apporta; al mattino presto sono già lì con i loro piccini; mentre alla sera non compaiono mai a ritirarseli». Un altro passo mosso dal missio- nario per la «liberazione della don- na» si concretizzò nei collegi fem- minili. Il primo sorse a Nyeri nel 1911; nel 1921 erano 13, capaci di o- spitare 250 ragazze. In questi centri erano istruite religiosamente, impa- ravano a leggere e a scrivere, si eser- citavano in cucito e culinaria. Spe- cialmente erano avviate al matrimo- A Tetu e a Gikondi alcune ragazze catecumene si ribellarono alla poligi- nia, determinando una situazione conflittuale. Ma l'esempio più clamoroso di «femminismo», che coinvolse anche il mis- sionario, riguardò Wangare, accasata presso Kemoso. Il marito non aveva ancora consegnato tutti i montoni pattuiti per «il prezzo della sposa» e, per giunta, la bastonava. La donna notificò il fatto al genitore, il quale, in vista del processo, cercò il sostegno del patri . Al processo Wangare osò prendere la parola oppo- nendosi a Kemoso, che naturalmente si dichiarava innocente. «Non l'avesse mai fatto! Esplose tutto l'antifemminismo dei kikuyu, con l'aggiunta dell'assioma che le donne non hanno voce in capitolo. Ciò che rovinava tutto era l'atteggiamento nuovo, contrario alla tradizione, di Wan- gare, la femminista selvaggia, che non sapeva, non voleva tacere». Con un gesto espressivo di protesta, gli anziani e il marito abbandonarono il pro- cesso. La donna perse la battaglia e fu condannata, perché il suo intervento nel processo fu giudicato un affronto al consiglio degli anziani. Fu condanna- ta perché lei, donna, aveva parlato in «pubblico», mentre le spettava so- lo il «privato». Quando lei osò... parlare MISSIONI CONSOLATA 24 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA
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