Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2002

spetto a quelli della missione. Oc- corse del tempo per comprendere che i primi erano una cosa e i se- condi un’altra. DISTINGUERSI DAI COLONIALISTI All’inizio i rapporti fra la missio- ne cattolica e l’amministrazione co- loniale furono improntati a vicen- devole simpatia. Tuttavia il missionario non tardò a comprendere che, battendo quel- la via, avrebbe compromesso la sua opera. Era dunque urgente mutare rotta. Accorgendosi che il proprio comportamento era attentamente studiato dai kikuyu, colse la palla al balzo per prendere le distanze dal colonialista: evidenziò la sua iden- tità facendosi chiamare patri o mun- du wa Ngai (uomo di Dio). Un altro elemento differenziato- re fu la scorta armata. Era quasi una regola che il bianco circolasse per il paese circondato da 30-40 askari . Il missionario intuì che la presenza di soldati alle calcagna lo avrebbe ac- comunato ai conquistatori. E rifiutò la scorta fra lo stupore generale. Esisteva un’altra tentazione: co- struire lemissioni, sfruttando lama- no d’opera gratuita degli africani. Dopo «le spedizioni punitive», il governo, per scoraggiare nuove ri- bellioni, obbligava 100-200 uomini di ogni tribù a lavorare gratis per le sue strutture coloniali (strade, for- tezze, abitazioni di askari , ecc.). Il potere avrebbe avallato il sistema anche per il missionario cattolico, che però declinò l’offerta. Bisognava non dar adito ad alcu- na illazione di connivenza fra i due poteri: «Tanto più - commentavano i missionari - che ripetiamo sempre che qualsiasi lavoro fatto per noi vie- ne ricompensato. Una tale idea di giustizia fa molto effetto sugli indi- geni, assuefatti a vedere nei bianchi soltanto degli usurpatori». Questa citazione indica un aspet- to importante per diversificare il missionario dal colonialista: il lavo- ro retribuito. I kikuyu ben presto acquistarono la certezza che, lavo- rando con il patri , erano subito pa- gati in contanti, e non a colpi di ki- boko (staffile), come accadeva nei lavori forzati del governo. La notizia di un «bianco diverso», che pagava gli operai, si divulgò ra- pidamente. «Durante le carovane, alla fine della giornata, i portatori cantavano le lodi del padre: la can- zone diceva che essi volevano sem- pre lavorare con lui, perché era buo- no. Il genere di bontà era specifica- to e consisteva nelle rupie con cui avrebbe pagato il loro lavoro». LA MEDICINA GRATUITA Il missionario, per farsi conosce- re ed accettare, camminava ore e ore per i villaggi kikuyu «senza neppu- re chiedere una banana»: e intanto curava i malati. Egli non lesinò fati- che in questa attività. Ogni giorno, MISSIONI CONSOLATA 14 OTT/NOV. 2002 SPECIALE KENYA ● Ta n a Ol-Ngarua Doldol Rumuruti Naro Moru Manunga Gatarakwa Ngandu Nyahururu Mweiga Nanyuki Ol-Joro-Orok Mathari Thigo NYERI Kiganjo Mwenji North Kinangop Njabini Othaya Tetu Karatina Wamagana Karima Kaheti Ol-Kalou Tuthu Mwea MURANG’A Gikondi Karaba Sagana Gaturi Kititu Maragua Mugoiri Kutus Baricho Kerugoya Ruchu Gaicanjiru Kiriaini Gatanga Kevote Siakago Kiritiri Ishiara Kiambere Kyeni Makima EMBU Kanyenaime Ichagaki ● ● ● ● ● ● Ewaso Narok Ewaso Ng’Iro E n a K i t a r u Uno dei primi aratri, osservato con curiosità dai kikuyu . L’educazione ad un «lavoro diverso» è costante nell’azione dei missionari.

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