Missioni Consolata - Settembre 2002

vertà richiedono di inventare forme di aiuto materiale per incoraggiare e sostenere i giovani che vogliono stu- diare. Preoccupa pure la situazione post-scolare: finito il ciclo elementa- re, i giovani non hanno altri sbocchi se non il ritorno ai campi. Una scuo- la secondaria è stata appena aperta a Dianra, ma non si sa come funzioni. Dalla missione la gente si aspetta, soprattutto, scuole materne: non ce n’è una in tutto il territorio parroc- chiale. I padri le hanno elencate tra i progetti prioritari, per togliere i bam- bini dalla strada e liberarli dalla con- danna a eterni spaventapasseri. OPERAZIONE... CESSI Un’altra sfida è costituita dalla si- tuazione sanitaria. Nei villaggi non esiste la benchéminima struttura: u- niche medicine sono ancora quelle tradizionali, basate su erbe e foglie. ADianra Centro c’è un dispensario: fu aperto e sostenuto da un organi- smo internazionale per combattere il verme di Guinea, una malattia causata da un parassita presente nel- le acque inquinate, che provoca gonfiore alle gambe e cecità. Da quando il morbo è stato sconfitto, il dispensario è inattivo e sprovvisto di qualsiasi medicina. «Quando scop- piarono tifo e colera - racconta an- cora padre Flavio - l’infermiere or- dinava ai moribondi di bere acqua minerale per combattere la disidra- tazione: non aveva né flebo né altri medicinali». «Prima di tutto - aggiunge padre Ramon - è necessario fare una cam- pagna di educazione sanitaria: nella cultura locale, per esempio, non esi- stono i cessi, per cui, inmolti luoghi, l’acqua è sempre inquinata». «Abbiamo in mente piccoli di- spensari o farmacie - continua padre Flavio -; nulla di grande, ma struttu- re semplici, gestite da persone pre- parate con una formazione di base, capaci di educare la gente alla pre- venzione, curare le malattie più co- muni e somministrare le medicine essenziali. Naturalmente avremmo bisogno di una persona diplomata, suora, volontario o infermiere, che si assuma responsabilità e direzione di tali progetti. Oltre che una priorità richiesta dalla situazione, sarebbe una forte testimo- nianza dell’amore». MISSIONI CONSOLATA 68 SETTEMBRE 2002 Mc EROE O BANDITO? F F iglio di un commerciante malinke , Samori nacque verso il 1830 in un villag- gio presso Sanankoro (Guinea). Seguendo le orme del padre, si dedicò al traf- fico della cola, finché scoprì la vocazione di guerriero, a servizio di re musul- mani e animisti, secondo l’opportunità. Quindi si mise in proprio: raccolse un esercito personale e cominciò a sottomettere al suo potere varie etnie, trattan- do i vinti con magnanimità e integrandone i soldati nel suo esercito. Così, dal 1870 al 1885, diventò padrone assoluto di un vasto territorio, comprendente la regione orientale della Guinea e quella meridionale del Mali. Per unire popoli tanto diversi, occorreva un buon collante: Samori lo trovò nella religione musulmana e la impose con la forza alle popolazioni animiste, anche se lui dell’islam non aveva neppure la scorza. Totalmente analfabeta, imparò a de- cifrare qualche parola araba: ciò fu sufficiente per assumere, nel 1884, il titolo di almani , «capo dei credenti». Nella furia islamizzatrice non risparmiò neppure i familiari: fece uccidere due fi- glie, ingiustamente accusate di aver tradito la verginità prescritta dal corano . I ntanto, a nord dell’impero di Samori avanzano i francesi. Dopo varie scara- mucce, giocò la carta diplomatica: firmò un trattato (1886), in cui s’impe- gnava a non oltrepassare il fiume Niger; l’anno seguente accettò «di mettersi sotto la protezione della Francia». Per i francesi era una vittoria strategica: il protettorato sbarrava la strada alle pretese degli inglesi, già presen- ti in Sierra Leone; per Samori diventò una camicia di for- za. Fiducioso che i francesi non lo avrebbero colpito al- le spalle, egli si lanciò alla conquista del regno senufo di Kénédugu, con capitale Sikasso. Ma varie popolazio- ni del suo regno, stremate dalla guerra e dalla carestia, sobillate dai francesi, si ribellano (1888). Quando si sparse la voce che Samori era morto, la rivolta divampò in tutto l’impero come fuoco nella savana. Ma riapparse come un leone ferito: tagliò teste a tutto spiano e riprese quasi tutto il territorio; metà della po- polazione scappò sotto la protezione dei francesi. Firmato l’ennesimo trattato, Samori si alleò con i Tuco- lor e altri regni dell’alto Niger, che resistevano all’avan- zata straniera; e fu la fine: cancellata ogni resistenza (1890-91), i francesi annientarono anche l’impero di Sa- mori. R iorganizzato l’esercito, Samori decise di costruirsi un altro impero. Alla fine del 1892, con un esodo in massa di gente a lui fedele, invase tutta la savana a nord della Costa d’Avorio, lasciando dietro di sé terra bruciata, distruggendo i villaggi che rifiutavano di sot- tomettersi all’islam e mozzando la testa a chi gli sug- geriva di arrendersi. Vittima illustre fu il suo primoge- nito, Dyaulé-Karamogho: inviato a Parigi nel 1885, era un ammiratore della Francia. Sospettato di tramare col nemico alle spalle del pa- dre, fu condannato a morire di fame. Accampato in terre esotiche, tra popolazioni ostili, impedito d’importare armi da Freetown e Monrovia, Samori giocò la carta della rivalità tra le due potenze co- loniali: in cambio del ritorno nel suo primo impero, offrì ai francesi le terre con- finanti con la Costa d’Oro (Ghana), già colonia inglese. Ormai i francesi avanzavano dal sud e Samori si rese conto dell’impossibilità di resistere ai loro cannoni. Nel 1898, radunato l’esercito, con un altro esodo di mas- sa, si rifugiò nella foresta della Liberia. Ma l’ostilità della gente e le difficoltà del- l’ambiente ridussero la sua gente alla fame. Samori decise di arrendersi, ma ven- ne catturato prima che la resa fosse firmata. Alla fine del 1898 al vecchio leone fu notificato l’ordine d’esilio nel Gabon, in- sieme a pochi amici e familiari. Morì di polmonite a Ndjolé, il 2 giugno 1900. La sua tomba, coperta dagli sterpi, è introvabile. Almani Samori

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