Missioni Consolata - Settembre 2002

interdipendenza economica, politi- ca e sociale si traduca in globalizza- zione della solidarietà. La coopera- zione internazionale - disseGiovan- ni Paolo II all’Onu nel 1995 - non può essere pensata esclusivamente in termini di aiuto e di assistenza, o addiritturamirando ai vantaggi di ri- torno per le risorse messe a disposi- zione. Quando milioni di persone soffrono la povertà, dobbiamo non solo ricordare a noi stessi che nes- suno ha il diritto di sfruttare l’altro, ma anche e soprattutto riaffermare l’impegno a quella solidarietà che consente ad altri di vivere ». Come ha confermato la contesta- zione dei no global al G8 di Genova (20-22 luglio 2001), la coscienza del nostro tempo non tollera più una u- manità spaccata tra 5miliardi di po- veri e 1miliardo di ricchi. I beni del- la terra sono di tutti, e unmondo di- verso è possibile. b) Fare ripartire la missione In un mondo globalizzato occor- re prendere atto che la missione ad gentes non ha più confini... neppu- re in Italia. «La nostra società - dicono i ve- scovi - si configura sempre di più co- memultietnica emultireligiosa. Oc- corre evangelizzare le persone con- dotte tra noi dalle migrazioni... Seppure con molto rispetto e at- tenzione per le loro tradizioni e cul- ture, dobbiamo essere capaci di te- stimoniare il vangelo anche a loro e, se piace al Signore ed essi lo deside- rano, annunciare la parola di Dio, in modo che li raggiunga la benedizio- ne di Dio promessa ad Abramo per tutte le genti ( Gen 12, 3 )» (16) . In un mondo globalizzato, la via per fare ripartire la missione è il dia- logo interreligioso, accanto a quello interculturale: contribuisce a risol- vere le sfide dellemigrazioni, del ter- rorismo internazionale, della costru- zione della pace nella giustizia e nel- l’amore. Il fenomeno migratorio è ormai planetario. Nel mondo sono 150mi- lioni le persone che si spostano ver- so le aree più ricche, che sono anche le più popolate: ciò aggrava l’odis- sea degli immigrati, che per lo più vengono ritenuti invasori. Il proble- ma non si risolve chiudendo loro le frontiere, discriminandoli in base a razza, religione o impronte digitali. Occorre orientare i flussi migratori in modo legale e strutturale. Anche il terrorismo si è globaliz- zato. Forse non l’avevamo capito... Solo dopo l’«11 settembre» ci siamo accorti che il conflitto israelo-pale- stinese e altre esplosioni di violenza non erano episodi sporadici di «ter- rorismo locale», ma focolai di un terrorismo senza confini e senza vol- to. Per estirparlo non serve la guer- ra (meno chemeno una guerra di ci- viltà!), perché l’abbattimento delle «torri gemelle» non è stato una di- chiarazione di guerra, ma un crimi- ne contro l’umanità. Il terrorismo globalizzato appar- tiene a un nuovo capitolo del dirit- to internazionale: il diritto umanita- rio. I crimini contro l’umanità sono imprescrittibili, e sono perseguibili ovunque; non possono essere consi- derati affari interni di una nazione. Quindi il terrorismo internazionale non si combatte con rappresaglie e ritorsioni (contro chi?), ma (per e- sempio) congelando le fonti finan- ziarie che alimentano la violenza, potenziando e coordinando i servi- zi di intelligence , soprattutto spe- gnendo i focolai esistenti: a comin- ciare dal Medio Oriente, dove biso- gna presto giungere a riconoscere lo stato palestinese. E rinnovando l’O- nu. Ma, se la giustizia può richiedere che si ricorra all’intervento armato come extrema ratio (per stanare i ter- roristi e portarli dinanzi ai giudici), dobbiamo dire però che la giustizia da sola non basta. Oltre alla giusti- zia (il primo scalino dell’amore), c’è bisogno di riconciliazione e perdo- no (il vertice dell’amore). La ragione è - spiega Giovanni Paolo II - che la giustizia si limita a garantire l’equità nell’ambito dei be- ni e diritti oggettivi, mentre «l’amo- re e la misericordia fanno sì che gli uomini si incontrino tra loro in quel valore che è l’uomo stesso, con la di- gnità che gli è propria» (17) . R iuscirà la missione a evitare che la secolarizzazione dege- neri in secolarismo... e tutti gli altri pericoli? Dalla lettura dei «segni dei tem- pi» deduciamo che la chiesa oggi si trova in stato di purificazione... La storia dimostra che ogni qual volta la chiesa, condizionata da uomini ed eventi, rischia di trasformarsi da lie- vito in pasta , lo Spirito interviene: le toglie gli appoggi umani e la riporta alla purezza del vangelo. E ritorna a essere «lievito». La forza del lievito non sta nella quantità... L’efficacia della nostra missione non sta nei soldi, nel favore dei po- tenti, nei privilegi, nei concordati. La forza sono i poveri e la povertà della chiesa; la croce, la parola di Dio, la santità dei suoi figli. (1) Cfr. Conferenza episcopale italiana (Cei), Comunicare il vangelo in un mondo che cambia , 2001 (2) Ivi , n. 35 (3) Ibidem (4) Cfr. Christifideles laici (1988), n. 4 (5) Cfr. Gaudium et spes (Concilio ecu- menico Vaticano II - 1965), nn. 42, 76 (6) L’Osservatore Romano , 29 luglio 1993 (7) Novo millennio ineunte (2001), n. 16 (8) Cei, op. cit., n. 41 (9) Cfr. Ivi , n. 37 (10) Nostra aetate (Concilio ecumenico Vaticano II - 1965), n. 2 (11) Gaudium et spes , n. 92 (12) Populorum progressio (1968), n. 42 (13) L’Osservatore Romano , 6 ottobre 1995 (14) la Repubblica , 23 agosto 1998 (15) Cfr. Cei, op. cit., n. 43 (16) Cfr. Ivi , n. 58 (17) Dives in misericordia (1978), n. 14 MISSIONI CONSOLATA 60 SETTEMBRE 2002 (*) Padre Bartolomeo Sorge, gesuita, già direttore de La Civiltà Cattolica , è anche saggista socio- religioso e conferenziere. È direttore della rivista missionaria Popoli. Mc

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