Missioni Consolata - Settembre 2002
breve) e in uno spazio più ampio ri- spetto al locale: essa si chiede le conseguenze di una certa azione antropica sia a livello planetario sia a distanza di tempo. In quest’ottica il problema rifiuti rivela le due facce di una stessa me- daglia: da un lato il problema dello smaltimento, dall’altro il sovra- sfruttamento delle risorse naturali. Ricordando infatti che il rifiuto è un prodotto morto e che un prodotto è un insieme di risorse naturali, è e- vidente che la maggior produzione di rifiuti significa un sempre mag- giore sfruttamento delle risorse del pianeta. Maggiori rifiuti significa anche maggiori impronte ecologi- che e, quindi, disequilibri ambien- tali e sociali crescenti ( MC, giugno 2002 ). Ecco che il problema dello smal- timento diventa secondario. La pa- rola d’ordine dovrebbe essere « ri- durre i rifiuti », come lo stesso De- creto Ronchi invita a fare. Della quota di rifiuti prodotta bisogne- rebbe poi fare una raccolta diffe- renziata (r.d.) accurata, tale da in- centivare il recupero dei materiali e limitare al massimo la costruzione di inceneritori e discariche. Tuttavia questo non avviene, anzi, viene at- tribuita un’importanza primaria al- la r.d.: è certamente vero che essa sia una pratica fondamentale, ma il fat- to che aumenti non significa auto- maticamente che diminuisca la pro- duzione dei rifiuti. Allora, perché premiare solo i comuni che aumen- tano la r.d. e non quelli che dimi- nuiscono la produzione dei rifiuti? Anche l’analisi relativa all’incene- ritore cambia aspetto sotto il punto di vista della sostenibilità. Essendo una sorta di «macchina» che fun- ziona «a rifiuto» anziché a benzina, l’inceneritore necessita di rifiuti, fa- vorendone paradossalmente l’au- mento anziché la diminuzione . Altri aspetti interessanti emergo- no dallo studio degli impianti di re- cupero. Prendiamo come esempio un impianto di recupero del vetro. In provincia di Torino non esiste un impianto di riciclaggio del vetro: i vetri provenienti dalle campane del- la raccolta differenziata sono quin- di trasferiti ad Asti, a Dego (Savo- na) o a Milano, con un notevole im- patto ambientale dovuto ai trasporti. Questi impianti, inoltre, generalmente esportano il vetro ri- ciclato (sottoforma di contenitori e bottiglie dalle numerose forme) an- che sui mercati esteri, in Europa ed oltreoceano. L’impatto dovuto ai trasporti (estrazione di petrolio ed emissioni di gas che alterano il cli- ma) non rischia così di annullare quel risparmio di materie prime ed energia che il recupero consenti- rebbe di offrire? Ci si può chiedere allora se grossi impianti localizzati potrebbero es- sere sostituiti da piccoli impianti diffusi sul territorio, in grado sia di rivitalizzare l’economia e l’occupa- zione locali, sia di minimizzare i tra- sporti. Purtroppo, però, questi im- pianti sono molto costosi e gli inve- stimenti iniziali sono facilmente ammortizzabili solo se l’impianto è di grandi dimensioni. Non è possibile allora ripensare il funzionamento del sistema? Ad e- sempio, si potrebbe potenziare la pratica del vetro a rendere , affian- candola al recupero? Bisogna inol- tre ricordare che, generalmente, un impianto di recupero vetri utilizza due terzi di vetro proveniente dalle campane della r.d. ed un terzo di materie prime. Ogni bottiglia pro- dotta, quindi, è costituita per un ter- zo da sabbia vergine! Se la richiesta di contenitori in vetro aumenta sempre di più, come sta succeden- do, aumenterà comunque la frazio- ne di materie prime estratte, anche se il vetro viene recuperato. Risulta di primaria importanza, quindi, la riduzione della richiesta di conteni- tori. E qui si apre un altro capitolo interessante: gli imballaggi . L’aumento smisurato degli imbal- laggi rappresenta l’emblema dello spreco di materie prime. Ha senso utilizzare un materiale prezioso co- me l’alluminio per contenere sem- plici bevande? Non è un paradosso che il contenitore sia più prezioso del contenuto ? Perché consumare la plastica (derivante da una risorsa scarsa ed inquinante come il petro- lio) non solo per le sue caratteristi- che chimico-fisiche, ma soprattutto per fabbricare sacchetti ed imbal- laggi vari, destinati ad una vita bre- vissima? (Fine 4.a puntata - continua) un guanto in cotone: 1-5 mesi; un torsolo di mela: 2 mesi; un fazzoletto di carta: 3 mesi; sigaretta senza filtro: 3 mesi; un giornale: 6 settimane; un guanto di lana: 1 anno; sigaretta con filtro: 1 anno; gomma da masticare: 5 anni; legno compensato: 1-3 anni; legno verniciato: 13 anni; un barattolo in alluminio: 50 anni; una bottiglia di plastica: 100-1000 anni; un piatto di plastica: 100-1000 anni; una busta di plastica: 100-1000 anni; pannolini ed assorbenti: 200 anni; contenitori di polistirolo: 500 anni; carte telefoniche: 1000 anni. In quanto TEMPO i rifiuti si dissolvono nell’ambiente? T ORINO , FIUME P O : «VISTA SENZA RACCOLTA DIFFERENZIATA»
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