Missioni Consolata - Settembre 2002

stato di degrado in cui versanomol- ti parchi e giardini ed un altro 29% i tempi di scadenza di un prodotto biologico. Il 35% considera il rici- claggio dei rifiuti un irregolare smaltimento dei rifiuti volto all’elu- sione della relativa tassa, mentre il 18% pensa che si tratti di un siste- ma truffaldino di vendita perpetra- to ai danni dei consumatori. Per un buon 28%, inoltre, il compostaggio sarebbe un metodo educativo che prevede una postura ordinata e cor- retta! Questi risultati rappresentano so- lo uno dei tanti elementi che con- fermano la profonda mancanza di conoscenze ambientali fra la popo- lazione, in particolare per quanto concerne l’argomento rifiuti. Ep- pure, tra le infinite interconnessio- ni esistenti fra l’uomo e la natura, il legame fra noi ed i rifiuti che pro- duciamo dovrebbe essere tra i più evidenti. Se non è immediato im- maginare lo zaino ecologico di un a- nello d’oro o di un computer ( MC, giugno 2002 ), o i cambiamenti cli- matici indotti dall’emissione di CO2 relativa ai nostri consumi, la quota di rifiuti prodotta diretta- mente dal nostro stile di vita ci ac- compagna invece costantemente. In quale famiglia non si discute per andare a buttare l’«immondi- zia»? Allora, se gli «immondi» sac- chi neri prodotti da noi stessi sono così sgraditi nelle nostre case, per- ché non chiedersi che fine faranno dal momento in cui li poniamo nel cassonetto? Perché non sentirne in qualche modo la responsabilità? Al contrario, il problema non è solo re- lativo all’ ignoranza in questo cam- po ma, fatto ben più grave, all’ in- differenza nei confronti dei nostri rifiuti e delle conseguenze che la lo- ro produzione ed il loro smaltimen- to comportano. COSA SONO I RIFIUTI Se nelle puntate precedenti si è a- nalizzata l’origine di un prodotto (dal punto di vista dello sfrutta- mento delle risorse naturali e dei flussi di materia associati al prodot- to stesso), vediamo ora il percorso che compie il prodotto morto (but- tato), ossia il rifiuto. Secondo il D.P.R. 915/82, per ri- fiuto si intende «qualsiasi sostanza od oggetto derivante da attività u- mane o da cicli naturali, abbando- nato o destinato all’abbandono». Essere rifiuto non è quindi una ca- ratteristica intrinseca di un oggetto. Un prodotto può essere ancora fun- zionante, utile o riparabile , ma es- sere abbandonato ad esempio per- ché fuori moda o perché non sod- disfa più le richieste originarie. È fondamentale distinguere con chiarezza le differenti fasi del ciclo di vita del rifiuto : 1) la produzione 2) la raccolta 3) lo smaltimento. LA PRODUZIONE Quello dei rifiuti è diventato un problema ambientale molto grave, sotto diversi punti di vista. In que- sto secolo, infatti, si è avuto: - un aumento vertiginoso della pro- duzione di rifiuti, dovuto in parti- colare alle abitudini legate alla so- cietà consumistica; - un aumento della tossicità per l’ambiente, dovuto al passaggio dal- la società agricola a quella indu- striale; - una diminuzione delle possibili a- ree per il tradizionale smaltimento (la discarica). I rifiuti prodotti sono definiti ur- bani , se provengono dal settore ci- vile, oppure speciali , se di natura in- dustriale, artigianale o commercia- le. I rifiuti solidi urbani (RSU) comprendono circa il 29% di so- stanze organiche (alimenti), il 28% di carta e cartone, il 16% di plasti- ca, il 4%di legno e tessuti, il 4%di metalli, l’8% di vetro e un 11% di altri materiali. Nel 1999 sono stati prodotti in I- talia più di 28 miliardi di tonnellate di rifiuti urbani, per una media pro capite di circa 491 kg di rifiuti al- l’anno! Le quantità variano da re- gione a regione ed anche in base al periodo dell’anno. Nella provincia di Torino, ad esempio, la produzio- ne di RSU è in costante ascesa dal 1969, con un tasso medio annuale d’incremento di circa il 3%. Nel 1969 ogni torinese produceva circa 183 kg di rifiuti, 317 kg nel 1985, fi- no ad arrivare a 540 kg nel 2000. Interessante è inoltre il rapporto tra l’andamento del prodotto interno lordo (Pil) e la produzione di rifiu- ti: all’aumentare del Pil pro-capite, aumenta anche la quota di rifiuti urbani pro-capite prodotta . La quantità di rifiuti prodotta, infatti, dipende strettamente dalla quantità di beni fabbricati e consumati. LA RACCOLTA La raccolta del rifiuto può essere di due tipi: 1) raccolta indifferenziata ossia tut- ti i tipi di rifiuti vengono raccolti in- sieme; 2) raccolta differenziata ossia i ri- fiuti vengono raccolti in base alla ti- pologia. Per molti anni, in Italia la raccol- ta differenziata (r.d.) è consistita nella raccolta del vetro nelle cam- pane. Solo alla fine degli anni ’80 è stata introdotta la raccolta della car- ta, delle lattine in alluminio e della plastica. Dal 1996 sta inoltre au- mentando la raccolta del verde e della frazione organica. Si sono, in- fine, aggiunte la raccolta delle pile e dei farmaci. Vale la pena di ricordare che la r.d. (praticata da una percentuale ancora molto bassa di cittadini) non è volontaria, bensì obbligatoria. Il Decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22, più noto come «Decre- to Ronchi», ha infatti fissato preci- si obiettivi da raggiungere nell’arco di 6 anni dall’entrata in vigore: 15% di rifiuti raccolti in modo differen- ziato entro il 1999, 25% entro il 2001, 35% entro il 2003. La media MISSIONI CONSOLATA 50 SETTEMBRE 2002

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