Missioni Consolata - Settembre 2002
40 SETTEMBRE 2002 CONSOLATA MI SS IONI di Sodoké a diocesi; pochi anni dopo la chiesa cominciò a passare nelle mani della gerarchia togolese: nel 1962 Robert Dosseh fu consacrato vescovo di Lomé; due anni dopo Ber- nard Ogouki-Atakpah guidava la dio- cesi di Atakpamé; l’anno seguente Chretien Bakpessi quella di Sodoké. Il Togo è stato definito «figlio pri- mogenito della chiesa». Non è reto- rica. Con le solide strutture e orga- nizzazioni, qualità delle scuole, for- mazione di quadri ed élites , strutture sanitarie e ospedaliere, opere agri- cole e idrauliche, sociali o di benefi- cenza sviluppate prima e dopo l’indi- pendenza (1960) la chiesa cattolica ha modellato la nascita e la crescita della società togolese. Nel 1958, per esempio, alle vota- zioni per il parlamento della Repub- blica autonoma, 37 deputati su 46 e 8 ministri su 10 erano cattolici, tra cui il primo ministro, Sylvanus Olym- pio, padre del Togo indipendente. Oggi, su una popolazione di circa 5 milioni di abitanti, la chiesa conta quasi un milione e mezzo di cattolici (25%) e 65 mila catecumeni, 7 dio- cesi guidate da altrettanti vescovi au- toctoni, oltre 300 preti diocesani (erano 170 nel 1990) e 200 semina- risti, 160 religiose di origine stranie- ra e più di 400 religiose autoctone, appartenenti a una trentina di istitu- ti missionari; quattro istituti locali che contano oltre 300 suore. SFIDE DEL TERZO MILLENNIO Nell’ultima visita ad limina (1999) , i vescovi togolesi hanno sentito dal papa queste parole: «Auguro che una vera solidarietà si manifesti tra le diocesi, attraverso una ripartizione adeguata di personale apostolico, che permetta di aiutare generosa- mente quelle più povere». Di fatto, la chiesa del Togo sembra spaccata in due: al sud è ultracente- naria, tradizionalista e clericalizzata, ricca di clero, suore e risorse finan- ziarie; al nord è appena cinquanten- ne, povera d’organizzazione e total- mente dipendente dalla chiesa uni- versale in quanto a personale e aiuti materiali. Il cammino verso la soli- darietà della «chiesa famiglia», idea- le del sinodo per l’Africa, in Togo è ancora ai primi passi. La sfida più lacerante viene dalla si- tuazione politica e sociale del paese. Se all’inizio della dittatura la chiesa si era appiattita sulle posizioni del re- gime, scegliendo il male minore, ben presto ha recuperato il suo ruolo pro- fetico: nel 1976 il vescovo di Atak- pamé fu costretto a dimettersi per aver osato criticare il dittatore. Que- sti diede ordine all’esercito d’impe- dirne la consacrazione del successo- re, mons. Kpodzro: il giorno prima dell’ordinazione fu cambiato il luogo e i soldati arrivarono alla fine della cerimonia. Ma il vescovo rimase se- questrato a Lomé per cinque anni, prima di entrare nella sua diocesi. Nel passaggio alla democrazia la chiesa c’era: comunità cristiane e pre- ti erano contro la dittatura e mons. Kpodzro fu chiamato a guidare la Conferenza nazionale (1991-92). Il prestigio che gode nella società to- golese è uno stimolo in più per im- pegnarsi nella promozione della giu- stizia e riconciliazione nazionale. Alcune lettere pastorali presentano diagnosi inequivocabili dei mali del- la società: paura, violenze, vendette, corruzione, impunità. «Come missio- nari - afferma uno di essi - vorremmo dai vescovi un po’ più di interventi- smo in occasione delle elezioni, nel campo sociale e dei diritti umani». La chiesa rimane una spina nel fianco del regime, che reagisce con meccanismi diabolici e, per tagliarle l’erba sotto i piedi, strizza l’occhio al- le sètte, massoneria, Rosa Croce e mondo islamico soprattutto. Presenza percettibile solo nel cen- tro-nord, l’islam è passato dal 5% del 1960 all’11% nel 1970, al 16% nel 2001. Da un decennio si assiste a una fioritura di moschee, centri islamici e scuole coraniche in tutto il paese, soprattutto da quando il Togo è di- ventato membro dell’Organizzazione della conferenza islamica nel 1997. Tale adesione non è disinteressata: i paesi islamici aprono la borsa dei lo- ro petrodollari; in compenso, il regi- me concede spazio ai musulmani nel- la stanza dei bottoni, amministrazio- ne e uso di radio e televisione. «L’islam fa breccia anche tra i più poveri - afferma mons. Kpodzro -. Promesse di denaro e promozione so- ciale sono forti tentazioni per farsi musulmano. Malgrado tutto, la chie- sa intrattiene buone relazioni con i musulmani. Ma come arginare tale offensiva legata essenzialmente alla potenza del denaro?». Alla domanda il vescovo di Lomé ha già trovato la risposta: nella sua diocesi ha aperto la «Scuola cristia- na della fede», che opera su tre di- rettive: formazione dei laici, studi bi- blici e Forum fede e vita, destinata a incontri e dibattiti ad alto livello sul- la dottrina sociale della chiesa. «C’è bisogno di una rinascita nella catechesi, sia a livello popolare, per aiutare i cristiani a difendersi dal- l’aggressività delle sètte e dell’islam, sia a livello di élites cristiane, poiché hanno una cultura religiosa rudi- mentale. Con la nostra “Scuola” vo- gliamo dare loro una formazione dot- trinale, spirituale e morale, per ave- re una classe dirigente ancorata ai valori cristiani e pienamente impe- gnata nella promozione della pace, giustizia, bene comune e un’autenti- ca democrazia. E che Dio ci aiuti!».
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=