Missioni Consolata - Settembre 2002

centinaia di uccisioni di oppositori e testimoni. La rivelazione fece imbe- stialire il dittatore, costretto ad ac- cettare una commissione d’inchiesta internazionale. La vittoria del dittatore arrivò con la «frode sistematica», parole del Di- partimento di stato americano: la conta delle schede fu bloccata, quan- do apparve chiaro che Eyadéma sta- va perdendo; la commissione eletto- rale fu costretta a dare i numeri: 52% ad Eyadéma, 34% all’Udt, 9,5% al Car: un altro plebiscito non era più credibile. Inutili furono le contestazioni, di- sperse con pallottole e gas lacrimo- geni. Le elezioni parlamentari del 1999 furono boicottate da Car e Udt e il partito di Eyadéma ottenne qua- si tutti i seggi: 78 su 81. Il governo fu affidato ad Agbéyomé Kodjo, tut- tora in carica. «TOGO: STATO DI TERRORE» Ora tutto sembra in pace, ma la po- vertà aumenta di giorno in giorno. La gente è stanca di protestare o, piut- tosto, è terrorizzata. L’opposizione è imbavagliata: il suo leader principa- le, Yao Abgoyibo, è appena uscito di prigione; molti dirigenti di partiti so- no in esilio; altri cambiano ogni not- te domicilio; continuano la caccia ai «democratici» e le sparizioni. Per rientrare nelle grazie dell’Occi- dente Eyadéma ha promesso di anti- cipare le elezioni presidenziali al 2001: l’anno è passato e nessuno sa dire se e quando si terranno. La sca- denza naturale è il 2003; si spera che non si ricandidi: la Costituzione non permette più di due mandati. «Lo sanno tutti - afferma un oppo- sitore -. “Quello là” vuole restare al potere fino alla morte e tenterà di far- lo. Vuole far credere al mondo che il Togo è diventato democratico; ma non è neppure uno stato a partito unico: è un paese di un uomo solo, di una famiglia sola. Con un esercito di 12 mila uomini ben pagati, per il 75% kabyé, che lo riconoscono come uni- co capo tribù e due figli in posizioni chiave, addestrato in ogni tattica di repressione da istruttori nordcoreani, è difficile immaginare un rapido e pa- cifico cambiamento». «Più impensabile sarebbe una ri- voluzione - spiega un missionario -. Il partito del presidente, che conti- nua a essere unico, è sempre in cam- pagna elettorale, con menzogne e insulti all’opposizione e marce di so- stegno al dittatore. Gli stati confi- nanti non hanno interesse a desta- bilizzare il paese: Benin e Burkina Faso sono governati da militari pu- ri; il Ghana è democratico, ma il suo presidente è stato appena eletto e accetta il Togo così com’è. Dell’opi- nione internazionale il regime se ne infischia, vomitando insulti da mat- tino a sera, specialmente contro Am- nesty International : si è permessa di dire che “il Togo è uno stato di ter- rore“, che esercito e polizia sono la vera minaccia per la popolazione». «Anche in Occidente ci sono trop- pe forze interessate a lasciare le co- se come sono - aggiunge un altro missionario -. Il giorno in cui perdes- se il potere, Eyadéma sarebbe messo sotto accusa, trascinando sul banco degli imputati potenze e governi stra- nieri che lo hanno sostenuto». Intanto a chi gli domanda se pre- senterà per la terza volta la sua can- didatura, Eyadéma risponde che «ri- spetterà scrupolosamente la Costitu- zione». Ma quale? Il primo ministro Kodjo getta pietre nello stagno, ven- tilando la possibilità di cambiarla, per dare al suo padrone altri cinque anni di potere, e il parlamento ha tutti i numeri per farlo. Tale cambiamento, tuttavia, sareb- be una sfida alla Comunità Europea, che condiziona i suoi aiuti alla ripre- sa della democrazia nel paese. Un al- tro mandato presidenziale «si tradur- rebbe in un suicidio nazionale - af- ferma l’americano Chris Fomunyoh, direttore degli Affari africani presso l’Istituto democratico nazionale - e sarebbe terribile per la regione, per il Togo e per il continente».

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