Missioni Consolata - Settembre 2002
L’ARROGANZA DEI BIANCHI I giornali che hanno descritto l’e- vento danno rilievo al fatto che i massimi esponenti delle forze mili- tari si sono stupiti dello svolgersi «pacifico» delle cerimonie. C’era quindi la coscienza di fare qualcosa che feriva gli animi dei gruppi indi- geni, soprattutto di quelli organiz- zati nella associazione chiamata Conselho Indigena de Roraima (Cir), che da anni difende i diritti e la di- gnità degli indios. Gli organizzatori della festa avevano quindi timore che l’esile organizzazione facesse di- mostrazioni pubbliche di dissenso. Ma era assurdo pensarlo. Gli indios, da tanti secoli umiliati perché nullatenenti e differenti, a- bituati allo sfruttamento, alla pre- potenza e arroganza dei bianchi, ma anche attratti dal benessere a cui in cuor loro ambiscono, cosa poteva- no fare contro quello spiegarsi di forze militari? E poi perché oppor- si quando essi si sentono parte della nazione brasiliana? Trovano sbagliato e incoerente con lo spirito della Costituzione la caserma nel bel mezzo di un loro vil- laggio ed hanno manifestato il loro disappunto all’inizio dei lavori di co- struzione. Poi, facendo violenza su se stessi, hanno dichiarato aperta- mente l’opposizione al progetto, ri- correndo ai tribunali. Questi hanno dato loro ragione, ma i militari han- no fatto ricorso e benché non sia an- cora venuta la sentenza, essi - sfi- dando la giustizia - hanno prosegui- to i lavori e terminato la costruzione, fiduciosi di prevalere sulla legge. Così, come tante volte nella storia, le autorità che devono difendere la popolazione specialmente la più u- mile e indifesa, si sono comportate da aggressore. La coscienza etnica, che da qual- che anno si è risvegliata negli indios, ora si sente non solo impotente ma costernata ed esasperata. Anni ad- dietro era il piede delle mucche del fazendeiro che calpestava il suolo e l’animo degli indios, oggi è il crepi- tio delle pallottole e il fragore delle bombe che esplodono durante le manovre militari eseguite intenzio- nalmente in terre indigene per inti- morire un popolo inerme. LA CASERMA COME «CAVALLO DI TROIA» I missionari, obbedienti al vange- lo, da decine di anni stanno vicini a tutto il popolo brasiliano, impegna- to seriamente a consolidare le strut- ture nazionali e progredire sulla via del benessere. Essi sono pure com- pagni delle numerose etnie indige- ne che vivono nel territorio dello sta- to di Roraima, condividendo lo sfor- zo per raggiungere un tenore di vita degno, senza rinunciare alla loro cultura e valori tradizionali. A questo scopo, i missionari cer- cano di infondere coraggio e spe- ranza per resistere contro chi tenta di farli scomparire distruggendone l’identità. Purtroppo anche a Uira- mutàn si stamettendo in atto questa strategia di eliminazione delle etnie indigene. Chi conosce i retroscena, non ha difficoltà a comprendere co- sa si nasconde dietro l’apparato mi- litare esterno. Quello che si vuole ottenere non è una conquista del territorio «ma- nu militare», perché è chiaro come il sole che non ce n’è bisogno. Inve- ce, una caserma militare abitata da 60 giovani soldati, situata in mezzo a villaggi indigeni, è proprio quello che ci vuole perché le giovani don- ne indiemettano al mondo un gran- de numero di meticci, inquinando e snervando la loro etnia. Tale progetto già è in atto nella re- gione della serra Surucucus, a po- nente di Roraima, con effetti disa- strosi per gli indios yanomami . È questo progetto, sottinteso a tanto apparato celebrativo, che na- turalmente rattrista. Il popolo indio che ha voglia di crescere ed essere autosufficiente e che porta in se tan- ti valori morali, è forzato ad accetta- re situazioni avvilenti e a veder cor- rosa la propria identità e dignità per obbedire a interessi nascosti sotto la scusa della integrità territoriale na- zionale. L’indio Massaranduba, tuxaua e- merito di Uiramutàn, ora con 104 anni, nel giorno festivo della inau- gurazione, è stato premiato davanti alla comunità che lo venera, con la consegna di un simbolico «bastone di comando». Quando lo incontrai la prima vol- ta, nel suo villaggio, nel gennaio del 1976, mi si avvicinò, nella oscurità della notte per dirmi triste, che un bianco, venuto abusivamente da po- co a risiedere presso il loro villaggio, proibiva, con minacce, tutta la co- munità indigena di allevare galline ed ogni animale da cortile. L’arro- ganza del bianco faceva soffrire lui e la sua gente, e anche temere. Ora, passati 25 anni, astutamen- te manipolato con vane illusioni, da persone interessate, Massaran- duba accetta non solo un fazendei- ro che impone ordini nel suo pic- colo villaggio, ma addirittura una caserma di militari. Quegli stessi militari, che consegnandogli il ba- stone del comando, invece di ono- rarlo, in realtà gli hanno tolto, sen- za che l’anziano capo se ne accor- gesse, tutta l’autorità e il potere che la legge indige- na gli conferisce. MISSIONI CONSOLATA 18 SETTEMBRE 2002 Mc (*) Mons. Aldo Mongiano è stato vescovo di Roraima dal 1975 al 1996. *** Sul problema dell’insediamento militare, nel luglio 2001 «M ISSIONI C ONSOLATA » aveva lanciato una campagna dal titolo «Ma la caserma no!». Tutto è stato inutile, come ben si comprende dall’articolo. Oggi si riparte con una campagna di più ampio respiro, perché abbraccia una pluralità di tematiche. In Brasile è tempo di elezioni: i politici sono alla spasmodica ricerca di consenso e... voti.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=