Missioni Consolata - Settembre 2002

te di materiale raccolto nella zona, si allineano in una ristretta area. Il ter- reno coltivabile è limitato e appena sufficiente agli abitanti, che non san- no cosa sia il mercato: ciascuna fa- miglia produce il proprio sostenta- mento o se lo procura con la caccia e la pesca (anche queste, invero, piuttosto scarse). Oltre alle abitazioni degli indios, si trovavano nell’area, fino a poco tempo fa, poche costruzioni in mu- ratura: una chiesetta, la scuola, il municipio e rare abitazioni di bian- chi. Oggi c’è anche la caserma del 6° plotone. Perché - si chiede qualcu- no - una costruzione così grande? Perché una simile ostentazione di forze, potere e superiorità al cospet- to di abitanti tanto ingenui? DIFESA DA CHI? I giornali di Boa Vista e di altri sta- ti del Brasile hanno commentato gli eventi del 2 maggio ripetendo il so- lito ritornello stereotipato e trionfa- listico: «difesa delle frontiere, ono- re della patria». La frontiera con la Guyana, costi- tuita dal fiume Maù, si trova poco lontana ed oltre la stessa esiste una regione ugualmentemontagnosa, a- rida e totalmente spopolata. È diffi- cile immaginare che possano esiste- re nemici da quelle parti, tanto più che, da secoli, la bandiera brasiliana sventola anche nei villaggi indigeni. Chi la porta e la difende, ora come nel passato, sono gli indios. Chi par- la la lingua brasiliana e porta un no- me brasiliano sono gli indios. Mai gli indios furono nemici, ma al contrario sempre amici e difenso- ri del suolo nazionale. Lo dimostra chiaramente il libro As muralhas do Sertão , scritto dalla storiografa Fa- rage. Gli indios della regione sono di etnia macuxì del gruppo karib . Hanno una cultura analoga a quella di tanti altri indios e vivono in un re- gime comunitario, pacifici, ma preoccupati della vicinanza dei bianchi e timorosi della ingordigia della società che si dice civile. Non c’è ragione che qualcuno vada a tur- bare la loro pace e i loro modi di vi- vere. Anche i legislatori brasiliani hanno compreso questo e la Costi- tuzione del 1988 decreta che siano demarcate le terre dei popoli indi- geni, allo scopo di difenderli da in- vasioni e aggressioni. Lungo la storia furono sovente at- taccati e persino fatti prigionieri e schiavi per lavorare nelle fazendas dei grandi latifondisti dell’Amazzo- nia a sud del fiume Amazonas. Ma poi le relazioni con i bianchi ebbero momenti di concordia e con la leg- ge suprema del paese si pensava che le invasioni, le violenze e lo sfrutta- mento sarebbero cessate. Invece no: la demarcazione è stata iniziata e non conclusa, forze politiche si op- posero ad essa e, fatte rare eccezio- ni, le comunità indigene continua- rono a essere oppresse, a volte con modi astutamente amichevoli, altre con la prepotenza e le minacce. L’insediamento militare, realizza- to con tanta pompa al cospetto del- le rocce montagnose, pare costitui- re un’aggressione camuffata contro una popolazione inerme e pacifica. Il 2 maggio soltanto una voce si è posta fuori dal coro, quella del tuxaua Orlando, capo indigeno del villaggio. Questi, dopo i discorsi lau- datori ufficiali, ha affermato che la caserma militare è deleteria per la convivenza, perché viene a sopraf- fare costumi ed abitudini indigene, stronca il naturale avvicinamento ai bianchi e, quel che è peggio, porta prostituzione e diffusione delle be- vande alcoliche contro le quali i re- sponsabili delle comunità stanno da tempo lottando. MISSIONI CONSOLATA 16 SETTEMBRE 2002 A destra: la «casa comune» degli yanomami. Sotto: quale stato d’animo dietro i visi di questi bambini?

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