Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2002

S ono in Colombia da due giorni. Padre José è addetto al mio soggiorno a Bogotá, prima di «andare in missione». Oggi è giorno di spe- sa e decide di portarmi al mercato o Carrefour . «No ai nada de terzer mundo» mi anticipa ridendo. L’auto percorre le vie di Modelia, il quartiere dove risiediamo, evitando le grandiose buche nell’asfal- to o piombandoci dentro a tutta birra. Il sindaco della capitale ha, nel rilancio del sistema dei tra- sporti, uno dei punti forti del suo programma poli- tico. Ma le dimensioni di Bogotá (7 milioni di abi- tanti) sono tali che... Siamo arrivati. Il Carrefour si staglia davanti con il suo parcheggio ancora semivuoto e le insegne co- sì uguali in tutto il mondo. Sorpresa. Ma non mi sorprende l’ipermercato in se stesso, bensì il trovare il «mio» ipermercato , dove 10 giorni prima ho comprato il giubbetto di tela blu leggera (che taglia l’aria), le lamette da barba di ri- serva (perché «non si sa mai») e le pile per la ra- dio-sveglia (anche se l’«orologio biologico» mi sve- glia regolarmente alle due del mattino). Dunque la prima sensazione, positiva, è l’incontra- re il mio Carrefour dietro l’angolo. È la cancella- zione dell’imprevisto, dell’incognita «x», che rap- presenta una palla al piede per la civiltà super- occidentalizzata. Grazie, Carrefour. E ntro e mi trovo davvero a... Torino, al cen- tro commerciale Le Gru . Ho impiegato 13 ore di aereo per ritornare esattamente dove ero partito. Mi vengono in mente alcuni versi di Thomas Eliot: «Non cesseremo mai di esplorare. E alla fine di ogni no- stra esplorazione arriveremo dove abbia- mo iniziato. E conoscere il luogo per la prima volta». In altre parole, grazie al Carrefour, conoscerò meglio me stesso in Colombia... Il primo assaggio di frutta esotica av- viene in una sala spaziosa con... mele e pere; ma c’è pure un oceano di papaie, manghi, guayabas . L’ipermercato è enorme, lussuoso, asettico. I ra- gazzi del banco «macelleria» indossano berretti e mascherine bianche: sembrano infermieri. La ra- gazza con radio-microfono lancia messaggi interni, rullando su velocissimi pattini a rotelle. Se non fosse per l’agente di sicurezza all’ingresso (che ci ha fatto aprire il baule dell’auto e ne ha scanda- gliato il fondo con il metal detector prima di con- cederci di parcheggiare), parrebbe proprio di essere altrove. Poi la domanda: «Chi compra in questo ipermer- cato?». In un paese dove lo stipendio medio di un impiegato si aggira sui 200 euro mensili, chi può permettersi acquisti consistenti al Carrefour? «Carrefour» in francese significa «incrocio». Penso a Il libro dei proverbi, secondo il quale la sapienza è presente anche agli incroci delle stra- de (cfr. Pro 8, 2 ). Ma dubito che essa abiti nel re- gno del consumismo. A meno che uno sappia scegliere! T ornando a casa, scorgo in cielo due aerei militari in rotta verso il sud del paese. Il pensiero corre al Caquetá, ieri zona di di- stensione e oggi di scontro. Là operano confratelli, silenziosi segni di speranza fra stragi di «destra» e di «sinistra». E ora? Due aerei in più, carichi di bombe e di vite umane. Altre madri in ansia, altri dolori da lenire. Forse altri morti ammazzati. Riconciliazione e pace. Ma come? La patata bollente (nar- cotraffico, guerriglie, se- questri di persona, vio- lenza generalizzata) è anche nelle mani del nuovo presidente A LVARO U RIBE , eletto il 26 maggio scorso. « Adelante , signor presi- dente, ma... con juicio ». U GO P OZZOLI , DA B OGOTÁ «ADELANTE», MA. . .

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