Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2002
E ntrambe le rotte, che da Nai- robi portano agli altipiani del UasinGishu, offrono bellissi- mi panorami. Su quella alta, di ulti- ma costruzione, non è consigliabile fermarsi se non si è in un gruppo so- stenuto: la zona ospita la più forte concentrazione di ladri e banditi del Kenya. Imbocchiamo quella bassa, antica, costruita dai prigionieri ita- liani dell’ultima guerra mondiale. Tutto sembra sereno: le panora- miche sono straordinariamente va- rie e belle. La visione della Rift Val- ley è meravigliosa. I turisti si ferma- no per godersi lo spettacolo e sono subito assediati dai venditori di sou- venirs , che sbucano dalle numerose baracche impiantate sulla strada. Una di esse, chiamata « Milano Cu- rious », è specializzata nella vendita di lance «originali» dei maasai , da lo- ro usate per uccidere i leoni. In realtà vengono da un’officina alla periferia di Nairobi; altre, più rudimentali, dalle forge di fabbri kikuyu abitanti nella zona. Solo i turisti troppo inge- nui si lasciano convincere. Nonostante la serenità, il viaggio è accompagnato da tristi ricordi per le centinaia di persone che hanno per- so la vita in orrendi incidenti strada- li sulla rottaNairobi-Nakuru. Al pri- mo cavalcavia dopo Limuru, anni orsono, un missionario irlandese, mio caro amico, venne ucciso in cir- costanze sospette, ma ufficialmente si parlò di «tentativo di sequestro di vettura». Appena oltre Naivasha una sem- plice croce di legno segna il posto dove fu trovato morto il missionario americano padre Kaiser. Gli investi- gatori, statunitensi dell’Fbi (che si fe- cero rubare le pistole) e le autorità locali affermarono trattarsi di suici- dio; ma nessuno vi ha creduto: l’ex marine americano avrebbe dovuto compiere centinaia di chilometri, dalla sua missione tra i maasai, per commettere il suicidio lungo una strada a lui sconosciuta, a tre chilo- metri da una stazione di servizio in cui aveva fatto il pieno di benzina. O ltre Nakuru, 25 km a nord, all’incrocio per Rongai, s’in- contra Salgaà, una fermata per autocarri che dal Kenya vanno in Congo (ex Zaire), attraverso Ugan- da e Rwanda. La località non com- pare sulle mappe del paese, tanto meno sulle brochures delle agenzie di viaggi; ma è tristemente famosa per i frequenti incidenti stradali. Fino a cinque anni fa vi si fermavano solo la polizia, per ragioni di lavoro, e i ma- tatu (taxi superaffollati) che, per evi- tare rischi e pericoli, viaggiano in compagnia. Da qui, infatti, comincia la lunga salita che, dal fondo della Rift Valley, sale verso gli altipiani. Gli autocarri, sempre sovraccarichi, viaggiano a passo di lumaca, facilitando gli at- tacchi dei banditi, a volte senza fer- mare gli automezzi: tagliano i luc- chetti di cassoni e container e getta- no la mercanzia sulla strada, mentre i complici seguono con i camioncini e ricuperano la refurtiva. Da alcuni anni, con l’aggravarsi di tali fatti, i camionisti hanno paura di affrontare di notte la salita: la sosta notturna è praticamente obbligato- ria. Così Salgaà è nata ed esiste solo per i soldi che i camionisti vi spen- dono ed è diventato tristemente fa- moso anche come centro di propa- gazione dell’infezione di Aids. Salgaà non è altro che una piccola «Sodoma e Gomorra», un grande postribolo. Un agglomerato di ba- racche con una popolazione di circa 2 mila persone; 21 bar e vari hotel, oltre 300 prostitute e quattro clini- che permalattie veneree. Nessun di- stributore di benzina, né botteghe, né un servizio sanitario, come dre- naggi e fogne; l’acqua è sempre in- sufficiente. A l calare delle tenebre i camio- nisti parcheggiano gli auto- treni in doppia fila, forman- do una solida muraglia in entrambi i lati della strada. Bar e rosticcerie en- trano in azione. Arrivano le donne; atmosfera e locali si riempiono degli odori di birra, carne arrostita, spezie varie, sapone e sudori umani. In tempo di piogge, Salgaà è un mare di fango nero, tipico della ter- ra locale chiamata cotton soil (terre- no da cotone), che entra nelle scar- pe e le risucchia via dai piedi; si at- tacca dappertutto, scivoloso come sapone. Poche ore di sole e diventa dura come cemento. E ricomincia il polverone. Ma nessuno si lamenta. Se tutti si adattano al fango o polverone, le prostitute cercano di premunirsi al pericolo d’infezione dell’Hiv-Aids, ma non riescono ad evitarla: nel giro di sette anni sono raggiunte dalla sentenza di morte. Tutti in Kenya sono al corrente di MISSIONI CONSOLATA 29 LUG.AGO. 2002 Squallido villaggio del Kenya. A volte vi entrano i camionisti, rendendolo ancora più triste... complici la prostituzione e l’Aids. Né mancano furti e paurosi incidenti sulle strade.
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