Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2002

sapete? Il mio cognome è Baldisse- ri. Mi chiedete perché sono tra que- sta gente? La ragione è una sola: perché io ho sempre lavorato con i poveri e quindi aderisco pienamen- te a questa convocazione pubblica contro la politica economica del go- verno». Che tipo di politica? «Una politi- ca economica che si può riassumere in uno slogan: “ruba al povero per dare al ricco”. O alle multinaziona- li». Quindi lei è qui perché concorda con i motivi della protesta? «Sì, pie- namente. Potrei non essere d’accor- do con qualcuno di quelli che par- lano dal palco, ma sono d’accordo con questa manifestazione». Lei opera a Buenos Aires? «Sì, ho stabilito la mia sede di lavoro in un luogo molto povero: La Matanza . Un paese al sud, fra i più poveri, quelli presi a calci da tutti. Lì lavoro con altri religiosi». Le chiese argentine che cosa stan- no facendo per questa crisi senza fi- ne? «In generale, sono sante e pro- stitute ad un tempo: sante per la lo- ro essenza; prostitute a causa di molte delle persone che le compon- gono che vogliono sempre stare con i potenti. Ci sono quelli che scelgo- MISSIONI CONSOLATA 25 LUG.AGO. 2002 A i tempi della dittatura militare, una parte della chiesa argentina era stata criticata per non essersi opposta con chiarezza alla deriva autoritaria. Oggi la chiesa fa parte assieme al governo di un organo consultivo denominato «mesa de dialogo». Di esso fanno parte 6 persone, tra cui 3 vescovi: Jorge Casaretto, Juan Carlos Maccarone e Artemio Staffolani. «La “mesa de dialogo” - spiega Mario Guglielmin, missionario della Consolata a Buenos Aires -, accet- tata dai vescovi dopo un lunghissimo e giustificato tentennamento, si deve all’obbligo morale di tentare l’ultima carta per portare la dirigenza argentina (a tutti i livelli) a prendere coscienza della gravissima responsabilità politico-sociale che le compete in questo momento drammatico». In un breve discorso all’inaugurazione della “mesa”, mons. Karlich, pre- sidente della Conferenza episcopale, aveva ribadito che l’efficacia del dialogo sarebbe dipesa esclusiva- mente dalla capacità di ogni settore di rinunciare a una parte delle proprie esigenze per favorire il bene comune, condizionando a tale atteggiamento la con- tinuità della partecipazione della gerarchia ecclesia- stica. Servirà a qualcosa la «mesa de dialogo»? «In questo momento - risponde con franchezza padre Guglielmin -, la “mesa” continua per rispetto del popolo disperato, ma non ci sono speranze fondate di qualche risultato positivo». I ntanto, lo scorso 25 maggio, il cardinale Jorge Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires e primate dell’Argentina, nella cattedrale metropolitana e davanti al presidente Eduardo Duhalde, ha pronun- ciato una durissima omelia contro il comportamen- to di molti alti dirigenti del paese, accusati di lavo- rare soltanto per mantenere il proprio potere e i propri privilegi. «La sofferenza altrui e la distruzione causate da que- sti drogati del potere e della ricchezza sono per loro soltanto numeri, statistiche, variabili». E, mentre la distruzione cresce, per giustificare ed esigere più sacrifici, si ripete la solita frase «non c’è altra via d’uscita». Il cardinale ha avuto parole pesanti anche per i cosiddetti tecnocrati: «Gli ambiziosi scalatori, che dietro i propri diplomi internazionali e il linguaggio tecnico (tra l’altro, facilmente intercambiabile) camuffano i propri saperi precari e la quasi inesi- stente umanità» (chissà, c’è da chiedersi, se il cardi- nale aveva in mente l’ex ministro dell’economia Domingo Cavallo, certamente il più famoso tra i tec- nocrati argentini...). Poi il porporato ha alzato la voce per difendere la gente comune: «Sappiamo bene - ha detto - che que- sto popolo potrà accettare umiliazioni, ma non la bugia di essere ritenuto responsabile dell’esclusione di 20 milioni di fratelli colpiti dalla fame e calpesta- ti nella dignità». Mons. Bergoglio ha concluso richiamando la neces- sità di «aprire gli occhi per tempo», perché dietro l’angolo c’è la dissoluzione nazionale. S ervirà questo potente atto d’accusa del cardina- le Bergoglio? «La dirigenza nazionale - annota ancora padre Guglielmin -, teme gli interventi del- l’arcivescovo, ma è troppo condizionata dalla sua cronica corruzione e, forse, anche dalla sua oggetti- va incapacità per trarne insegnamento». Pa.Mo. La chiesa argentina davanti alla crisi del paese Per maggiori informazioni si veda il sito della «Agencia informativa católica argentina» (Aica): www.aica.org «IL PERICOLO DELLA DISSOLUZIONE»

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