Missioni Consolata - Giugno 2002

MISSIONI CONSOLATA 9 GIUGNO 2002 Il trattamento subìto mostra in quale conto sia- no tenute le libertà della persona presso il governo di Putin. Che fastidio ve- dere i baci e gli abbracci che gli riservano i gover- nanti dell’occidente! Biancamaria Balestra Milano I rapporti tra la Santa Sede e il Patriarcato or- dosso di Mosca non sono mai stati facili: oggi meno che mai. E, di fronte ai di- ritti umani, la Realpolitik è talora spregiudicata. Mamma Letizia Caro direttore, avendo un figlio missiona- rio della Consolata, ricevo la rivista da tanti anni. Nel passato, a causa della fa- miglia numerosa, non ave- vo sempre il tempo di leg- gerla con attenzione. Ora che sono sola, alla bella età di 83 anni, ho tanto tempo e provo un vero piacere nel leggere Missio- ni Consolata dalla prima all’ultima pagina. Sono pure riuscita ad abbonare delle mie conoscenti, sicu- ra che la apprezzeranno. Trovo la rivista ricca di valori cristiani, che mi riempiono il cuore e mi aiutano anche a dialogare meglio con i figli e nipo- ti... Il Signore vi ricom- pensi per tutto quello che fate e vi accompagni nel vostro non facile lavoro. Io vi assicuro la mia ma- terna preghiera. Letizia F. Mattei Ancona Mamma di padre Lu- ciano (missionario e pro- fessore universitario in Kenya), Letizia è missio- naria pure lei. Come ogni mamma di missionario. G razie per la coraggiosa impostazio- ne di Missioni Consolata ... La rubri- ca «Cari missionari» è uno spazio vera- mente aperto, al servizio delle idee (e coscienze) di tutti, senza distinzioni di opinione e forma. Ho letto il numero di aprile, con le tre lettere che criticano la mia rilettura del- la parabola del «buon samaritano» al- la luce della guerra in Afghanistan; in particolare, del sostegno (votato dai partiti cristiani del parlamento italia- no) all’intervento militare in quel mar- toriato paese. Ringrazio le persone che hanno scritto: hanno esternato il loro dissenso e sdegno, senza limitarsi a col- tivarli nel proprio animo (come spesso succede), rendendo così il proprio giu- dizio inappellabile ed elevando piccole barriere di incomprensione e diffiden- za, che possono diventare muraglie in- valicabili (Kosovo, Palestina e «Briga- te Rosse» insegnano). Quanto è difficile parlarsi! E, invece, com’è facile essere fraintesi, anche nel- le migliori intenzioni! Ma, proprio per questo, è vitale insistere su tale strada senza scoraggiarsi, facendo dell’ascol- to e del dialogo una priorità assoluta, anche (e soprattutto) quando gli inter- locutori sono scomodi. Non era mia intenzione fare l’apolo- gia del comunismo. Anche Gesù, con la sua parabola, non voleva fare l’apologia dei samaritani, bensì mettere in crisi le coscienze degli ebrei del suo tempo, in- vitandoli a riflettere su un punto cru- ciale: non la dottrina o l’abito o la cari- ca o l’appartenenza ad un gruppo, ma i comportamenti (e solo questi) qualifi- cano come giusta di fronte a Dio un’a- zione; e ogni azione è giusta o ingiusta di per sé, non in funzione dei meriti o demeriti del passato. «Non chi dice “Si- gnore, Signore” entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Pa- dre mio» ( Mt 7, 21 ). Il giorno in cui si decideva se andare o non andare in guerra ad uccidere (in risposta ad altri che già avevano ucci- so) chi ha fatto la volontà del Padre? N on mi risulta che nel vangelo esista una parola a legittimazione di uc- cisioni a scopo di difesa o a giustifica- zione di guerre per costruire la pace. Mi chiedo: siamo consapevoli di cosa si- gnifichi la Croce, elevata a simbolo del- la nostra fede? Non significa forse che Qualcuno si è lasciato calunniare, umi- liare, torturare ed uccidere (senza in- vocare «bombardamenti chirurgici» da parte delle sue schiere celesti), per in- segnarci nella sua carne (non a parole) la via per arrivare, noi tutti, alla vera pace, cioè a Lui stesso? Affermo questo con l’umiltà di chi si sforza di compiere ciò che ci è stato ri- chiesto come cristiani, rendendo testi- monianza agli insegnamenti ricevuti. E con la consapevolezza dell’enormità di quanto ci viene domandato, di quanto sia «contro natura», di quanto sia fuo- ri da questo mondo. Però non ci è chie- sto di capire, ma di avere fiducia e di non vergognarci di chiedere aiuto a Co- lui che ci indica tale via, anche quando essa sembra fuori della nostra portata. Sta scritto: «Non si può servire in- sieme Dio e mammona» ( Lc 13, 16 ). Og- gi, parafrasando, potremmo dire: non si può servire, nello stesso tempo, Dio e Machiavelli. Nel vangelo non esistono fini che giustifichino i mezzi. T orno ai comunisti che votano contro la guerra. Se oggi qualcuno (che si riconosce in una ideologia che, per qua- si un secolo, ha predicato l’ateismo e la legittimità di contrastare con la violen- za le violenze subite) si batte contro la guerra, questo non dovrebbe essere mo- tivo di gioia? Oppure preferiamo cerca- re conforto ai nostri tentennamenti, coltivando il dubbio che sia ipocrita ed agisca per sordidi secondi fini? Non dovrebbe essere nostro dovere di cristiani incoraggiarlo a proseguire sul- la buona strada, invece di disprezzarlo per gli errori che, tra l’altro, non lui, ma il suo gruppo può avere commesso? Se un ateo crede nella solidarietà, nella giustizia e nella pace, non sarà forse che crede pure in Dio, anche se ancora non lo dice? «Ci sarà più gioia in cielo per un pec- catore convertito che per 99 giusti che non hanno bisogno di penitenza» ( Lc 15, 7 )... Cerchiamo anche noi, almeno, di desiderare questa gioia. G IANCARLO T ELLOLI - M ILANO 1 PECCATORE PENTITO E 99 GIUSTI Risponde il «buon samaritano»... comunista

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=