Missioni Consolata - Giugno 2002
MISSIONI CONSOLATA 64 GIUGNO 2002 M aria merita il nome di Consolata con due significati: in- fatti fu dapprima consolata per diventare la consolatri- ce di tutto il genere umano. Ragazza di 14-15 anni, Maria riceve un annuncio che la riempie di spavento. Ma non deve temere perché, secondo le parole dell’angelo, «il Signore è con lei». E per la «con- solazione» che riceve, potrà pronunciare una parola che sarà principio di salvezza per noi tutti. Se non compren- diamo il motivo di quel suo sgomento, non capiamo nep- pure l'importanza della sua risposta: «Io sono la serva del Signore». Maria era figlia di ebrei, e una ragazza che rimaneva incin- ta fuori del matrimonio metteva a repentaglio la propria vi- ta. Ai giorni nostri sentiamo dire che nei paesi musulmani c'è gente, scoperta in adulterio, che viene lapidata: una pras- si normale, in passato, nel Medio Oriente e in Israele. Ma poiché la Madonna era di grande fede, le bastarono poche parole per ricevere consolazione, tanto da dare principio a una nuova era nella storia dell'umanità; poiché questa è l'e- ra della grande «consolazione», il tempo di Gesù, salvato- re di tutti. C arissimi missionari della Consolata, è per noi una gran- de gioia avervi qui. Leggevo tempo fa un libro, scritto da un vostro confratello, uno dei pionieri che raggiunsero il Kenya. Raccontava della vita dura, specialmente nei pri- missimi tempi, sperimentata dai missionari: stanchi, anne- riti dal fumo del treno, ma sempre avanti, fino alla meta. E- rano scesi in un posto sconosciuto e da lì avevano ripreso, a piedi, il viaggio verso la meta; salirono montagne, ebbe- ro tanti malanni; qualcuno tra i portatori, durante la caro- vana, morì anche per strada. Fi- no a quando arrivarono... Quello che vorrei dirvi è questo: l’audacia di quei pionieri nasce- va da una fede enorme! E mi vengono in mente quei benedet- tini che furono i primi a venire dalle nostre parti, in Tanzania; non avevano neppure emessa la prima professione religiosa e ri- cevettero l'ordine di andare in missione. Lasciarono il loro pae- se, senza più tornare (non co- nobbero neppure la loro casa madre). Anche i missionari del- la Consolata seguirono lo stes- so modo di evangelizzare: par- tirono senza sapere dove anda- vano, in paesi stranieri, poveri, diversissimi dall'Italia; sapeva- no della malaria, dei serpenti, dei leoni... ma andarono. E dove hanno trovato il tempo per costruire dentro di sé la fede, per essere missionari? Il motivo è che avevano già la fede «suc- chiata» dalla Consolata, la qua- le ebbe il dono di trovare la con- solazione di Dio. Tra i primi missionari, alcuni lasciarono poi il Kenya per ve- nire qui in Tanzania. Vennero per «kuziba pengo» («riem- pire un vuoto lasciato da un dente estratto»; ma Pengo è pure il cognome del cardinale che sta parlando; ndr ): a riempire il vuoto lasciato dai benedettini. Ereditarono par- rocchie non in una situazione normale, ma post-bellica, in una ex colonia tedesca. «Io sono la serva del Signore, sia fatto a me come l'Onnipotente vuole». Vennero qui da noi. La loro opera la conosciamo e apprezziamo: un lavoro grandioso e che ci riempie di meraviglia. Come hanno fat- to tutto questo, superando difficoltà e ristrettezze? I nostri missionari, all'inizio del secolo scorso, erano pron- ti a mettere la vita nelle mani dell'Onnipotente per eseguire il mandato: far sì che anche per i tanzaniani (come prima per i kenyani) sorgesse «l’ora di Dio», avessero la conso- lazione di conoscere il Signore Gesù... Ma anche il nostro mandato non è diverso dal loro. Poiché la presenza di Dio tra gli uomini è necessaria, questo è il lavoro che riceviamo da Maria Consolata, tramite i suoi missionari. F igli della Consolata, vi faccio le mie felicitazioni: per la festa di oggi e per il vostro grande lavoro fatto qui, nel- la nostra chiesa. Vi siete dati senza risparmiarvi, come la Madonna Consolata che disse: «Se c’è da rischiare la vita non importa; se Dio vuole invece che viva, così sia, come vuole l’Onnipotente!». Grazie di cuore per averci dato la possibilità di avere Dio con noi! Anche noi ora possiamo dire: «Emanuele! Dio è con la sua gente!». Dopo avervi ringraziati, vi preghiamo di continuare a inco- R IMANETE CON NOI !
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