Missioni Consolata - Giugno 2002

COLLABORAZIONE INDIGENA Saranno leggende, ma mettono in luce un aspetto della sua personalità. Piccolo di statura, come lo descrivo- no i suoi contemporanei, capelli ne- ri, delicata costituzione, occhi vivi e profondi, Villibrordo aveva una vo- lontà incrollabile, mai soggetto a sco- ramenti; tempra non comune di ru- de pioniere, prudente e leale, meto- dico organizzatore e austero con se stesso, possedeva il senso del co- mando e l’equilibrio della regola be- nedettina: grande attenzione alle ne- cessità degli altri, anche a quelle a pri- ma vista irrilevanti. Uomo di preghiera e divorato dal- lo zelo, egli possedeva una brillante intelligenza che gli accattivò simpa- tia e collaborazione di principi e no- bili dell’epoca. A nessun altro mis- sionario di quei tempi furono fatte con tanta abbondanza donazioni di MISSIONI CONSOLATA 58 GIUGNO 2002 CHIESA A DUE FACCE L’ Irlanda divenne cristiana per opera del monaco bretone san Patrizio (385-461), che per 30 anni seminò l'isola di monasteri. Tra le pratiche ascetiche dei monaci c’era la «pe- regrinazione» a Roma, Terrasanta e, soprattutto, nelle terre dove il vangelo non era ancora stato annunciato. Si chiama- vano «pellegrini per Cristo». In questo modo, da evangeliz- zati, gli irlandesi diventarono evangelizzatori, prima nella Scozia, poi nel continente europeo. Il più famoso di essi fu Colombano, che predicò il vangelo e fondò monasteri in Fran- cia (Luxeuil), Svizzera (San Gallo) e Italia (Bobbio). Non sfiorate dalla colonizzazione romana né da invasioni barbariche, Irlanda e Scozia ebbero chiese fieramente cat- toliche, ma con tratti originali: giurisdizione totalmente in mano agli abati; vescovi non nominati dal papa e col solo potere sacramentale; differente data della pasqua e altre pe- culiarità liturgiche e disciplinari. L a Britannia, invece, in buona parte già romanizzata e cri- stianizzata, fu invasa da angli, juti e sassoni, che can- cellarono ogni traccia di cristianesimo. Nel 596 Gregorio Magno inviò 40 monaci, guidati dall’aba- te Agostino, a evangelizzare gli angli. L’anno seguente fu battezzato Etelberto, re di Kent, insieme alla sua corte; poi 10 mila sudditi. Alla morte di Agostino (605) gran parte del- l’isola era cristiana; 50 anni dopo, con l’arrivo da Roma di altri missionari, la riunificazione religiosa e politica della Gran Bretagna poteva dirsi completa, saldandosi con quel- la operata dai monaci irlandesi. In Inghilterra, prima nazione evangelizzata per iniziativa papale, la chiesa anglosasso- ne nacque meglio strutturata e più legata al- le tradizioni romane in fatto di culto e di- sciplina. L e differenze tra le due chiese, intreccia- te a interessi politici, causarono vari at- triti, fino a diffidare della validità delle or- dinazioni dei vescovi scoto-irlandesi: pro- blemi temporaneamente risolti nel sinodo di Whitby (664). Dagli irlandesi, gli anglosassoni impararono l’ardente desiderio della «peregrinazione per Cristo» e, pure loro, da evangelizzati passa- rono a evangelizzare l’Europa. Ma mentre i missionari irlandesi operavano per iniziativa privata, senza programmi specifici, in modo un po’ anarchico e a cose fatte si premura- vano d’avere l’approvazione pontificia, quel- li anglosassoni chiedevano prima il manda- to del papa e rimanevano in costante con- tatto con la gerarchia romana. CONCILIO DI WHITBY Q uando il benedettino Vilfrido (634-709) si recò a Roma per completare la sua formazione intellettuale, rimase sorpreso nel constatare le numerose divergenze liturgiche tra la chiesa madre e quella in Nortumbria. Tornato in pa- tria, si adoperò per convincere la chiesa della Gran Breta- gna a uniformarsi alle tradizioni romane. Ma trovò un’acca- nita resistenza in Colmano, vescovo di Lindisfarne, che si appellava all’autorità di san Colombano. Per portare la pace, re Osvy, convocò un’assemblea a Whitby nel 624. Così il venerabile Beda racconta la difesa dell’uni- versalità romana fatta da Vilfrido: «Può essere preferito il vostro Colombano al principe degli apostoli, a cui il Signore ha detto: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei?». «Davvero, Colmano, nostro Signore disse queste parole a Pie- tro?» domandò il re, impressionato dalla citazione. «Certamente» rispose Colmano. «Potete voi provarmi che una simile potestà sia stata con- ferita a Colombano?» riprese subito re Osvy. Colmano do- vette confessare di no. «Allora - concluse il re - io vi dichiaro che, siccome Pietro tiene le chiavi del cielo, non voglio mettermi in contraddi- zione con lui, per non trovare la porta chiusa, quando mi presenterò all’ingresso del soggiorno celeste». Sant’Etelberto, re di Kent e sant’Osvaldo, re di Nortumbria.

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