Missioni Consolata - Giugno 2002

tari di aree oceaniche. Le stime relative al 1996, invece, dimostrano che l’impronta media mondiale effettiva era pari a 2,85 et- tari di superficie pro capite. Dal punto di vista ambientale ciò signi- fica che stiamo sfruttando un’area superiore di almeno il 30% rispetto all’area disponibile. Tale eccedenza provoca l’impoverimento del capi- tale naturale del pianeta . Per fare un’analogia con il capitale moneta- rio, è come se, anziché utilizzare so- lamente gli interessi maturati, noi spendessimo anche parte del capi- tale investito, cosa che porterebbe ad un’inesorabile progressiva dimi- nuzione dello stesso e, di conse- guenza, alla sempre minor disponi- bilità di interessi. La crescita dei consumi e la cre- scita della popolazione (7miliardi di persone nel 2012, 8 miliardi nel 2026 e 9 miliardi nel 2043) porte- ranno inevitabilmente ad una sem- pre maggior erosione del capitale naturale, con conseguenze non fa- cilmente prevedibili sugli equilibri naturali e, di conseguenza, sulla no- stra stessa sopravvivenza. Già oggi si parla di cambiamenti climatici, di aumento della frequenza dei feno- meni estremi (siccità, alluvioni), di Q uando acquistiamo un prodotto è come se ci por- tassimo a casa solo la punta di un iceberg. In realtà, per produrre quel bene è stata movimentata una massa di materiali, accumulatisi nelle varie fasi della pro- duzione del bene stesso e depositati come rifiuto in qual- che luogo (in tanti luoghi diversi…). Questi materiali (ghiaia, sabbia, minerali, petrolio, carbone, gas naturale, biomassa vegetale ed animale, terreno fertile, acqua, aria…), che non entrano nel ciclo produttivo e che noi con- sumatori non vediamo, costituiscono lo «zaino ecologico» del prodotto. Siamo abituati a considerare i « nanogrammi » di inquinanti emessi dai camini, dalle auto..., ma non le « megatonnellate » di materiali utilizzati a monte del pro- dotto consumato e causa di un fortissimo impatto sull’am- biente. L’indicatore «zaino ecologico» rappresenta, quindi, il carico di natura che ogni prodotto o servizio si porta sulle spal- le in un invisibile zaino . Questo argomento sta diventando un importante oggetto di ricerca. In particolare, si sta studiando per inserire nel- l’etichetta di ogni prodotto anche il relativo zaino ecologi- co, per dare la possibilità al consumatore di rendersi responsabile verso le proprie scelte. Esempio 1 DALLA CIOTOLA ALL’AUTOMOBILE Una ciotola di legno di tiglio del peso di circa 500 g ha uno zaino ecologico di 2 kg, mentre una ciotola di rame dello stesso tipo ha uno zaino di 500 kg. Lo zaino ecologico di una marmitta catalitica (se il platino in essa presente non è riciclato) pesa più di 2,5 tonnellate; 1 litro di aranciata, in base al paese da cui proviene, può avere fino a 100 kg di materiali nascosti; un giornale quotidiano, del peso di soli 500 g, ha uno zaino di 10 kg; la costruzione di un’au- tomobile produce 15 tonnellate di detriti solidi, senza con- tare l’acqua utilizzata. Generalmente, più un prodotto è prezioso o elaborato, maggiore è il suo zaino ecologico. Ad esempio, il «simbolo dell’amore», un anello d’oro di circa 10 grammi, necessita di 3,5 tonnellate di materiale minerale che vengono estrat- te dalla miniera e raffinate. (tratto da «Ai figli del pianeta», EMI, 1998, pag.33) Esempio 2 DIETRO UNA LATTINA Una lattina di alluminio pesa solo 15 grammi, un peso apparentemente insignificante. Moltiplicato per il numero di lattine consumate in un giorno nel mondo (circa 1 milio- ne) si ottiene una massa di 15 tonnellate di alluminio. Poiché l’Al si ricava dalla bauxite, per ottenere alluminio puro bisogna estrarre una massa di materiale che pesa 4 volte tanto, ossia 60 tonnellate. La bauxite si trova ad esempio nella foresta amazzonica, e per arrivare ai giaci- menti è necessario deforestare una zona per la costruzione di strade ed infrastrutture. Probabilmente migliaia di abi- tanti della foresta sono stati costretti a lasciare le loro terre e a spostarsi. Intorno alle fonderie si accumulano monta- gne di detriti e di altri rifiuti industriali. Inoltre, per la tra- sformazione della bauxite in alluminio, è necessaria una grande quantità di energia elettrica, che ad esempio richie- de gasolio. Anche il gasolio, però, ha la sua storia… (rielaborato da «Ai figli del pianeta», EMI, Bologna 1998) Esempio 3 DIETRO L’ESTRAZIONE DELL’ORO Per la gente di Wasse Fiase, nel Ghana occidentale, non c’è avvenire. Il loro futuro è stato avvelenato, violentato e annientato dalle società minerarie. Già oggi la povertà si legge sulle facce dei senza terra e si palpa nella natura vio- lentata. «Siamo stati spogliati di tutto, perfino della nostra vita – si lamenta un giovanotto sulla trentina. – Si sono presi tutte le nostre terre per far posto alle miniere. Noi le possedevamo dai tempi dei nostri nonni». Poi, nel 1990, il governo cominciò ad ordinare l’estrazione di oro, giunsero le prime società minerarie e la gente venne costretta a sgomberare. Cominciarono così le deportazioni di massa. Sia chi è partito, sia chi è rimasto è ridotto alla carità. «La terra non ci appartiene più e, se ti provi a coltivare qual- cosa su un pezzo di terra abbandonato, c’è sempre il rischio che arrivi una ruspa e ti distrugga tutto. Siamo costretti a chiedere il permesso per qualsiasi cosa. Ma per- ché dobbiamo chiedere il permesso alle imprese minerarie per vivere nella nostra terra?» (The New Internationalist, marzo 1998). (tratto da «Ai figli del pianeta», EMI, 1998, pag.33) LO ZAINO ECOLOGICO E SOCIALE Ma cosa c’è dietro un prodotto?

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