Missioni Consolata - Giugno 2002
40 GIUGNO 2002 CONSOLATA MI SS IONI te sia degli israeliani che dei palesti- nesi. L’«Israel day» è stata una risposta sbagliata (manipolata da Giuliano Ferrara) alla manifestazione per la pace che si era svolta a Roma, aper- ta da palestinesi vestiti da «kamika- ze», e con mons. Capucci sul palco; tanto che i sindacati, DS e Marghe- rita si sono allontanati dal corteo. Abbiamo bisogno dell’apporto di persone, non coinvolte emotiva- mente, in grado di dire a ragion ve- duta «questo è giusto» e «questo è sbagliato»: persone che non sfrutti- no né Israele né Palestina a loro uso e consumo. Pertanto ne consegue un dialogo fra sordi. Spesso sì. In tale contesto come valutate i «kamikaze» palestinesi e le rap- presaglie di Sharon? Franco: il binomio kamikaze-rap- presaglia in psicologia si chiamereb- be «simmetria»: tutti vogliono avere ragione. Allora c’è una sovrapposi- zione continua, che non finisce mai. Purtroppo in Israele manca un anti-Sharon, come Yitzhak Rabin. Egli fu il generale che vinse tutte le guerre e stava per vincere pure quel- la della pace; fu ucciso da un creti- no su commissione di estremisti israeliani o arabi. Data la «simme- tria», Rabin era scomodo a tutti. Quanto ai «kamikaze» suicidi che uccidono innocenti, essi sonomani- polati; la colpa non è loro, ma di chi li manda al macello. Siamo di fron- te ad un completo lavaggio del cer- vello per fini religiosi. Alda: i «kamikaze» riguardano un problema politico-religioso. So- no dei «disgraziati» manovrati: mi spaventano per la mancanza di ri- spetto verso la vita umana, da par- te loro e delle loro famiglie. Se non c’è rispetto per la vita, do- ve si va a finire? Signora Alda e signor Franco, è possibile uscire, una volta per sem- pre, dal conflitto Israele-Palestina, che perdura da oltre 50 anni? Alla domanda, scontatissima, gli intervistati ammutoliscono abbas- sando lo sguardo con un triste sor- riso. Poi... Franco: secondo lamia formazio- ne ingegneristica (quindi limitata), penso che bisogna uscire dalla sim- metria. Ciò dipende dagli Stati Uni- ti e dai grandi stati arabi. Però dubi- to che ne escano facilmente. Ma che intende, signor Franco, per simmetria in questo caso? Rispondo mostrando- le un disegno: sono due biciclette uni- te, che pedalano in direzione op- posta; rappresen- tano Israele-Pale- stina e Stati Uniti- Stati Arabi. Tuttavia mi auguro che sorga un nuovo Rabin, oppure che entri in scena un nuovo e forte stato catalizzatore... Nella simmetria giocano le grandi forze di potere. Israele e Palestina, da soli, non possono sciogliere il no- do che li strangola. Signora Alda, il nodo israelo-pa- lestinese non si può proprio scio- gliere? Ne abbiamo parlato anche nella nostra comunità ebraica di Torino. E un oratore diceva: «È difficilissi- mo uscire dal conflitto, perché si è di fronte a due individui... che han- no entrambi ragione». E si ricade nella simmetria. Purtroppo!... Ma il ritiro di Israe- le dai territori occupati non giova molto ai palestinesi, perché si trova- no senza lavoro, senza infrastruttu- re e con pochissime possibilità di sviluppo. Questa è stata già una gra- ve colpa di Yasser Arafat e del suo entourage : nei loro territori biso- gnava per prima cosa creare scuole, ospedali, posti di lavoro. Si parla dei profughi di Jenin: da circa 30 anni sono tali! A Gerico l’autorità pale- stinese ha costruito un casinò, fre- quentato anche da israeliani dana- rosi. Francamente, troppo poco! I leaders palestinesi non incarna- no l’idea di uno stato democratico, dove tutti i cittadini possono e de- vono esprimersi. I palestinesi hanno ogni diritto e possibilità di farlo, senza essere in balia di qualche po- tente stato arabo. D’altro canto, Israele stesso è a so- vranità limitata... E anch’io, come Franco, sogno un nuovo Rabin per vincere la battaglia della pace. La tattica del «souk» «M i sia consentito - ha detto A LDA S EGRE al termine dell’incontro rivolgen- dosi all’intervistatore - aggiungere tre osservazioni. La prima: mi ha stu- pito, positivamente, che lei abbia parlato di Israele e non di “terra santa”. Per noi, ebrei, questo è l’approccio giusto. Parlare di “terra santa” può portare a spe- culazioni. Seconda: non so fino a che punto le nostre idee su Israele possano in- teressare gli italiani: stando ai mass media , essi sono più interessati alla chiesa di Betlemme, alla Madonna che è stata colpita, ai frati che fanno la fame, ecc. E si dimentica il dramma dei palestinesi che stanno intorno. Ultima considerazione: dobbiamo guardarci dal voler risolvere il “problema pa- lestinese” con la mentalità europea, mentre in loco predomina quella araba. L’a- rabo si comporta diversamente; usa la tattica del souk (mercato): si annuncia il prezzo, che poi viene scontato una, due, tre volte... A mio parere, la mentalità del mercato ha danneggiato anche Arafat nelle sue scelte politiche». Integralismi alleati «A nch’io aggiungo qualcosa - ha affermato F RANCO D EBENEDETTI -. Quale migliore alleato potevano trovare i potenti integralisti islamici se non il pic- colo e miope Sharon?».
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