Missioni Consolata - Giugno 2002
36 CONSOLATA MI SS IONI GIUGNO 2002 nei territori occupati, che descrive- va lo scontro violentissimo tra un soldato israeliano ed un palestinese. Ricevetti moltissime lettere, in cui i lettori mi accusavano delle cose più varie ed estreme: uno mi ha accusa- to di essere un estremista di sinistra, affetto da una sindrome di odio ver- so se stesso; un altro mi ha accusato di essere un estremista di destra, un fascista. Ora il fatto che ci fosse questa di- versità di interpretazioni, per me, è stato un complimento. Si può, per- ciò, scrivere un racconto provando empatia per un personaggio o per un altro. Se in Israele facessimo co- sì nella vita di ogni giorno (cioè sim- patizzare e fare propria in parte la causa dell’uno, ma anche dell’altro ), non saremmo arrivati al punto in cui siamo. È stato scritto che l’arte ha due ruoli: estraniare ciò che ci è fa- miliare e renderci familiari a ciò che ci è estraneo. Frasi ovvie come “la pace è buo- na, la guerra è brutta e non bisogna farla” sono slogan da scrivere sugli adesivi che si appiccicano sui pa- raurti delle auto. La verità è che ci sono tante storie che si possono rac- contare, inviando al lettore un mes- saggio altamentemorale, sovente as- sai più pragmatico di quello che è contenuto in qualsiasi manifesto po- litico». E TGAR K ERET : Mi manca Kissinger (Theoria 1997); il racconto La tri- ste storia della famiglia Nemalim in «Nuovi narratori israeliani» (Theo- ria 1998); il racconto Paride e Ve- nere , in «Amori, raccontati dai più grandi narratori israeliani» (Stam- pa Alternativa 1999) RABINYAN : «NOI ISRAELIANI IMMIGRATI...» Dorit Rabinyan, nata nel 1972 a Kfar Saba da una famiglia emigrata dall’Iran, vive a Tel Aviv. Ha scritto due ro- manzi, un libro di poesie e la sce- neggiatura di un film per la televisione. Con il ro- manzo Spose persiane , in cui rievo- ca le sue radici iraniane, rivela una NON COMBATTEREMO PIÙ QUESTA GUERRA N oi, ufficiali e soldati di riserva della Forza di difesa di Israele, siamo cresciuti con i principi del sionismo, del sacrificio e del dono per il popolo di Israele; abbiamo sempre servito in prima li- nea e siamo stati i primi a terminare qualsiasi missione, leggera o pesante, per proteggere e rinforzare lo stato di Israele. Noi, ufficiali e soldati di combattimento, abbiamo servito Israele per tante settimane. Ogni anno, a scapito delle nostre vite, abbia- mo operato da riserve in tutti i territori palestinesi occupati e ab- biamo ricevuto ordini che non hanno niente a che vedere con la si- curezza della nostra nazione, ma mirano solo a mantenere il controllo sul popolo palestinese. Noi abbiamo visto con i nostri occhi il prezzo di sangue che questa occupazione esige da entrambe le parti. Noi sentiamo che gli ordini ricevuti nei ter- ritori palestinesi di- struggano ogni valore assorbito crescendo in questa nazione. Ora noi sappiamo che il prezzo, pagato al- l’occupazione, è la perdita di umanità da parte della Forza di difesa di Israele e la corruzione dell’intera società locale. Noi sappiamo che i territori occupati non sono Israele e che gli insediamenti sono de- stinati ad essere eva- cuati. P ertanto dichiaria- mo che non com- batteremo più la guerra degli insediamenti. Non dobbiamo continuare a combatte- re al di là dei confini di Israele del 1967, con lo scopo di domina- re, espellere, affamare e umiliare un popolo intero. Continueremo il servizio nella Forza di difesa di Israele in ogni missione utile alla sua salvaguardia. Ma le occupazioni e oppres- sioni non servono a questo scopo e noi non avremo più parte al- cuna in esse. Dichiarazione del 16 marzo ’02, sottoscritta da 451 soldati (6-05-’02) Testo (in ebraico e inglese) apparso sul sito www.seruv.org.il Dichiarazione di ufficiali e soldati israeliani
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