Missioni Consolata - Giugno 2002

32 GIUGNO 2002 CONSOLATA MI SS IONI A lcune voci rappresentative di scrittori d’Israele hanno fat- to conoscere all’Italia una letteratura rigogliosa e sorprenden- te. Infatti, negli ultimi 10 anni, sono state tradotte nella nostra lingua ol- tre 100 opere di una quarantina di scrittori israeliani. Come spiegare questa esplosione creativa in Israele, un paese poco più grande del Piemonte? E che cosa raccontano gli scrittori? Come vivo- no i drammi del passato e del pre- sente, pesanti macigni per il popolo della «terra santa» e per tutta l’uma- nità? A Torino gli autori Batya Gur, Et- gar Keret e Dorit Rabinyan, presen- tati da Elena Loewenthal (esperta di letteratura israeliana e editorialista di «Tutto Libri» per La Stampa), ci hanno resi partecipi degli ideali, dei drammi e delle speranze del popolo d’Israele, ispiratore dei loro raccon- ti. Loewenthal ha inquadrato il feno- meno letterario d’Israele con alcune magistrali pennellate, capaci di in- trodurci in un paesaggio «dai toni cangianti». «La letteratura israeliana - ha af- fermato Loewenthal - è una lettera- turamilitante accanto alla storia, che critica anche la storia stessa. Da tan- ti anni lavoro per amore di questa letteratura. Nei primi tempi, allor- ché proponevo agli editori italiani opere israeliane, mi accorgevo che per loro si trattava di un corpo alie- no che non destava nessun interes- se, se non uno sguardo sbigottito. Adesso la letteratura israeliana è en- trata nel circuito dei lettori italiani in tutta la sua varietà e i suoi colori can- gianti». «Vorrei evocare la strana nostalgia che si prova quando si ascolta o si legge di Israele: una nostalgia che prende anche chi non c’è mai stato, come pure chi è già lì. Rapporto stra- no, che forse deve qualcosa a questa lingua, dalla storia e dal cammino lunghissimo, che provoca una sen- sazione intraducibile, una nostalgia allegra, vivace». Perché Israele, così piccolo, abbia una produzione letteraria così varia e significativa è, per alcuni versi, un mistero; e, come tutti i misteri, è uti- le per porsi delle domande. «Nella bibbia sta scritto: “Non ti farai alcuna immagine - dice Dio al- l’uomo -”. Questo comandamento ha implicato moltissimo sul piano della storia, della coscienza di sè e del rapporto della cultura e lingua ebraica con il mondo che ci circon- da. Come è noto, l’arte figurativa ha avuto scarsa eco e produzione nel mondo ebraico. Ritengo che la sua comunicazione sia fatta esclusiva- mente di parole. Come con il cielo si comunica attraverso la parola (e non con la contemplazione e il silenzio), così l’ebraismo comunica da sempre con il mondo attraverso le parole». Le suggestioni, i simboli e i signi- ficati dell’ambiente esterno vengono manifestati e trovano spazio sulla pa- gina. La letteratura israeliana rap- presenta un modello forte di rap- porto con il paesaggio; e la sua de- scrizione avviene più attraverso le parole che l’arte figurativa. La pittu- ra e la scultura stanno arrivando in Israele; però la scrittura ha una tra- dizione millenaria. «Il gioco dei contrasti è una carat- teristica forte e una grande dote del- la letteratura; ambientata in uno spa- zio geografico ridotto, offre nume- rose immagini geografiche. Si va dalla vita in kibbutz (1) di BatyaGur Gerusalemme, 28 settembre 2000: Ariel Sharon sale sulla «spianata delle moschee» (per i palestinesi) o sul «monte del tempio» (per gli israeliani). È la goccia che fa traboccare il vaso, per l’ennesima volta. Però «questa volta» non scatena solo l’«intifada» delle pietre, ma attacchi terroristici a pioggia, con autobombe e «kamikaze», ai quali l’esercito israeliano risponde con carri armati, assedi alle città, stragi. Da ambo le parti le vittime sono troppe. È dal 1948 che il «nodo israelo-palestinese» attende di essere sciolto... Nell’ultima «tragedia annunciata» alcuni scrittori israeliani ci sorprendono, positivamente, per la loro lucidità intellettuale. a cura di Silvana Bottignole Voci sofferte di scrittori israeliani «No, non siamo perfetti»

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