Missioni Consolata - Giugno 2002

T orino. Accompagnati dal rettore Franco Peradotto, entriamo nel santuario della Consolata rinnovato e ripulito. La fantasia delle decorazioni, lo splendore dei marmi e il tripu- dio dei colori sono esaltanti. Lo sguardo si attarda con una preghiera sulla «nota immagine», che so- vrasta l’altare maggiore. Giriamo a destra, per salire i pochi gradini che im- mettono alla prima cappella laterale. «Guarda in al- to!» quasi ci comanda il rettore puntando il dito. Sulla volta spicca un dipinto. Sorprendente. «È un’opera di Luigi Morgari - spiega monsignor Peradotto -. Ma è stata completamente ignorata da tutti. Questa pittura è come se non esistesse. Infatti, fino ad oggi, nessuno s’è accorto». «Come mai?» chiediamo. «Bella domanda!». I l dipinto fu eseguito in occasione dell’amplia- mento del santuario della Consolata, terminato nel 1904. La pittura ritrae una scena di evange- lizzazione: da un lato due missionarie davanti ad una capanna e, dall’altro, tre missionari sul fronte di una cappella con un quadro della Consolata. E uomini, donne, bambini. In alto campeggia la litania maria- na «Virgo praedicanda» (Vergine da predicare). Siamo in Kenya fra il popolo dei «kikuyu», rag- giunto dai missionari della Consolata nel 1902, un anno dopo la fondazione del loro istituto ad opera di Giuseppe Allamano, rettore pure del santuario della Consolata. Ciò significa che la pittura fu voluta certamente da lui. Una pittura audace: e per il soggetto insoli- to e perché ricordava un’impresa ai primi passi, che poteva sgonfiarsi come una bolla di sapone. Infatti la casa di forma- zione dei missionari della Consolata, che nel maggio 1902 si era rallegrata per la partenza dei primi quattro evan- gelizzatori per il Kenya, era subito piom- bata nella solitudine per l’abbandono delle reclute restanti. Però fu una pausa brevissima. L’avventura ripartì subito con nuovi missionari. Ma la prudenza non era mai troppa, e il bene era da compiersi bene. I neri nel santuario dei bianchi ci stavano, eccome! Ma senza paparazzi. Per questo (ed altro) l’immagine fu ignorata. G iuseppe Allamano mise piede al santuario della Consolata nel 1880. E trovò «il cuo- re» religioso di Torino «asfittico» e brut- to. Urgeva dargli aria: e così fu con l’ampliamento del santuario. Bisognava pure che la Madre lasciasse le pareti domestiche per incontrare i suoi figli in fab- brica, al mercato, nelle scuole, sui campi. Tutti i suoi figli, compresi quelli più «poveri» della savana afri- cana e della foresta amazzonica, o quelli più «ricchi» all’ombra di pagode: e così fu, grazie ai missionari della Consolata oggi in quattro continenti. Infine occorreva che i figli della Consolata le resti- tuissero la visita in casa sua, nel santuario... Ci piace pensare (forse esagerando) che l’Allamano abbia anticipato la sfida degli emigrati in Italia. Da profeta, intuì che un giorno il santuario della Consolata avrebbe pure accolto la «Salve Regina» degli extracomunitari, essi soprattutto «esuli... pian- genti in questa valle di lacrime»: specie se clandestini e senza contratto di lavoro. E volle quella scena, ieri curiosa. Oggi vera. F RANCESCO B ERNARDI I NERI NEL SANTUARIO DEI BIANCHI

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