Missioni Consolata - Giugno 2002

tel Rombaut - ma i responsabili della sanità non hanno mezzi o voglia di spingersi nell’interno della foresta per le vaccinazioni. Mi sono messo d’accordo col centro sanitario di San Pedro, offrendomi di fare il suo la- voro; ho scoperto dei lebbrosi e for- nisco medicine pure a loro». Oltre al lavoro professionale, il fra- tello dà una valida mano in quello prettamente religioso. Il sabato po- meriggio spiega il catechismo ai gio- vani della scuola secondaria di Grand Béréby; la domenica si reca in uno dei villaggi per animare la co- munità, spiegare la parola di Dio, portare l’eucaristia agli ammalati. «Tale attività mi procura tanta sod- disfazione - conclude -. All’inizio il lavoro con i giovani è stato duro; ma ora il contatto è aperto e cordiale. Nei villaggi, poi, non ci sonomai sta- te difficoltà: straniero tra stranieri, ci capiamo di primo acchito». INSEGNARE A «PESCARE» «Il progetto sanitario ci fa cono- scere come evangelizzatori - aggiun- ge padre Willy -. È un servizio di consolazione concreta, anche se con dei limiti, poiché per i casi più gravi bisogna ricorrere all’ospedale. Mol- te altre realtà umane sfidano la no- stra presenza, ma non possiamo ab- bracciarle tutte. Siamo appena arri- vati; le domande su cosa fare sono più delle risposte». Nonostante la modestia, a Grand Béréby c’è già molta carne al fuoco. Imissionari hanno avviato una scuo- la di alfabetizzazione, dove i giovani imparano a leggere e scrivere e qual- che parola di francese. «È umiliante per un giovane dover dire di non sa- per leggere, quando è invitato a fare una lettura nei nostri incontri - con- tinua il padre -. E sonomolti i ragaz- zi analfabeti, perché la scuola costa e i genitori non hanno la possibilità di mandarvi i figli». Le donne hanno chiesto di fare qualche cosa anche per loro: nella se- de parrocchiale si tengono corsi di taglio e cucito e maglieria, in cui un gruppetto di signore imparano il me- stiere e, tornate nei propri villaggi, lo insegnano ad altre donne, si aiutano a vicenda e organizzano una piccola cooperativa. La missione, quando può, fornisce lana emateriale che ar- riva dai benefattori. Buona parte del tempo è assorbi- to dall’organizzazione delle comu- nità di base e dalla formazione uma- na e religiosa di animatori e catechi- sti. Ogni anno si tengono tre corsi sistematici. «È una formazione con- tinua, poiché la gente va e viene - spiega padreWilly, incaricato di tale compito -. A Grand Béréby abbia- mo già qualche catechista locale; ma nei villaggi sono tutti immigrati dal- l’interno del paese e da altre nazioni, specie il Burkina Faso. Se un leader torna a casa, bisogna procurare un sostituto. Grazie a Dio, non è diffi- cile trovare persone motivate per servire la comunità; resta sempre il problema di prepararle adeguata- mente. Intanto la chiesa cresce. O- gni anno abbiamo circa 400 battesi- mi» sospira padre Willy. IL SOFFIO DELLO SPIRITO La catechesi è l’attività principale della parrocchia; il catecumenato quella dei singoli villaggi. I catecu- meni sono coinvolti in tutte le atti- vità comunitarie: s’incontrano, pre- gano, cantano, gioiscono insieme a- gli altri cristiani. Una volta al mese le cappelle mi- nori si uniscono alla comunità più grande, dove il padre si reca a cele- brare la messa. Così tutti gli anima- tori, catechisti e comitati ecclesiali della zona si ritrovano e discutono tutto ciò che riguarda la loro vita cri- stiana: catechesi, catecumenati, for- mazione e altre attività. Tutte le domeniche l’eucaristia di- venta un evento pentecostale. Anche se il francese fa la parte del leone, le letture vengono fatte anche in altri i- diomi, a seconda della consistenza dei gruppi linguistici presenti. Così pure l’omelia viene tradotta in tre o quattro lingue. Dopo la celebrazione, i vari grup- pi linguistici si radunano dentro e fuori la chiesa e, sotto la guida del ca- techista, riprendono e approfondi- scono quanto è avvenuto nella litur- gia domenicale. Così gli autoctoni a- scoltano il messaggio di Dio in lingua kru ; quelli del Burkina Faso in moré , gourcy e dogary ; i gruppi avoriani in baoulé , bété , abron , koulango ; i gha- nesi in fantis . «Non bisogna avere fretta - conclude serafico padreWil- ly -, perché si ripeta anche qui il mi- racolo della pentecoste, quando tut- ti i popoli “udirono annunciare nel- la propria lingua le grandi opere di Dio” (cfr Atti 2, 6-11 )». Il padre congolese Jean Willy Ipan (in alto), il capo tradizionale Paul Ino (accanto) e fratel Rombaut Ngaba (sotto). Mc

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