Missioni Consolata - Maggio 2002

MISSIONI CONSOLATA 67 MAGGIO 2002 po fa lasciò nel Muro del Pianto una lettera di scuse per gli ebrei, accusi di sterminio un popolo stermina- to a milioni dai cristiani. Dagli europei. Trovo vergo- gnoso che ai sopravvissuti di quel popolo (gente che ha ancora il numero tatuato sul braccio) quel giornale neghi il diritto di reagire, di difendersi, non farsi ster- minare di nuovo. Trovo vergognoso che in nome di Gesù Cristo (un ebreo senza il quale oggi sarebbero tutti disoccupati) i preti delle nostre parrocchie o Centri Sociali o quel che sono amoreggino con gli assassini di chi a Gerusalemme non può recarsi a mangiar la pizza o a comprar le uova senza saltare in aria. Trovo vergo- gnoso che essi stiano dalla parte dei medesimi che inaugurarono il terrorismo ammazzandoci sugli aerei, negli aeroporti, alle Olimpiadi, e che oggi si divertono ad ammazzare i giornalisti occidentali». Oriana Fallaci sul settimanale « Panorama », 12 aprile 2002 QUEI CANNONI PUNTATI «“Ecco, noi francescani della Basilica della Natività chiediamo agli ebrei stessi che facciano qualcosa, che impediscano questa ingiustizia, che dimostrino che il volto d'Israele non è quello dei cannoni puntati contro un luogo santo di una città sacra alle tre religoni mo- noteiste; io non penso che siano tutti cattivi, al con- trario so che dentro il cuore sono buoni e giusti e so che vogliono il bene di tutti. Chiedo agli ebrei di buona volontà di aiutarci e di farci uscire fuori da questa situa- zione”. (...) Sharon ha buttato all’aria ogni regola precedente. Tutte le parti coinvolte: palestinesi, cristiani, le diplomazie oc- cidentali e quella della Santa Sede han- no avviato trattative mai accolte dal- l’intransigenza di Sharon. Hanno nel frattempo persino prodotto un Cd- Rom intitolato “Unholy Asylum”, asilo assai poco santo, polemizzando con lo spirito umanitario dell’accoglienza che è storicamente il connotato dei fran- cescani. Quanti di essi, durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno ac- colto dietro i muri di pietra dei loro conventi, i disperati ebrei inseguiti dai nazisti? O i partigiani che i nazisti de- finivano “terroristi”. Qualcuno, per questa generosità, ha pagato persino con la morte. (...) “Noi francescani non ci fidiamo: se an- diamo via, cosa succederà? ”, incalza padre Ibrahim. Appunto, padre, lei ci ha pensato? “Bella domanda. Mi sono dato una sola risposta: restiamo. L'abbiamo deciso tutti all'unanimità, dopo una discussione comune”. Le truppe di padre Ibrahim imbracciano il crocifisso e sfidano i lunghi fucili dei cecchini. Il motorino del generatore che alimentava le batterie dei francescani ha funzionato per 36 ore e si è fermato ieri. Con la sua energia si tirava su l'acqua dei pozzi. Se i frati vanno in cucina, alla Casa Nova, l'ostello attiguo al convento, gli sparano addosso (...)». Leonardo Coen sul quotidiano « La Repubblica », 12 aprile 2002 UNA GUERRA PER LA VITA O LA MORTE «Chi conduce una guerra per la vita o la morte del po- polo intero ha il diritto di ricorrere a tutti i mezzi , com- preso quello del terrore suicida delle donne kamika- ze o dei massacri in campi profughi come Jenin . Il guerriero totale coltivato dai vertici dell'Autorità pa- lestinese non è criticabile in un contesto di guerra fi- nale , così come non lo è lo stato israeliano che an- nuncia battaglie di sopravvivenza e che considera la guerra come una replica della distruzione del Tempio da parte degli antichi romani. In conflitti di questo ge- nere non si guarda molto ai risultati politici delle ope- razioni, né si è responsabili del male - il più delle vol- te inane - che si arreca. Ma la guerra per la sopravvivenza non si limita solo a cancellare eventuali responsabilità: essa dissimula an- che, distorcendola, l'autentica natura del conflitto. E vela consapevolmente la verità». Barbara Spinelli sul quotidiano « La Stampa », 14 aprile 2002 Sui muri di Gaza ritratti di «kamikaze» palestinesi.

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