Missioni Consolata - Maggio 2002

cessodi disintegrazione della vecchia Urss, il Tatarstan potesse reclamare l’indipendenzapolitica. Sebbene non siano mancati movimenti in questa direzione, tale progetto è apparso ir- realizzabile, non soloperché uno sta- to all’interno di un altro stato costi- tuirebbe un’improbabile anomalia geopolitica, ma soprattutto perché, dopo secoli di vita in comune, tatari e russi sono uniti da forti legami di sangue: moltissimi sono stati e sono ancora i matrimoni misti. Guardando i gruppi di giovani che passeggianoper le stradediKazan’, si fa fatica a capire dove siano i tatari e dove i russi. Si vedono anche testede- cisamente bionde o more; ma spesso rimane il dubbio. Anche le caratteri- stiche architettoniche della città ri- flettono i tratti dei due popoli. Molto più animata e solare rispetto ad altre città russe, Kazan’ non ha però l’esu- beranza e colori del profondo orien- te; sarà forse per le acque, i boschi e il cielo nordico che la circondano. Rimane un’apprensione: con il ri- nascere dell’interesse per la religio- ne i rapporti tra le due comunità si potrebbero guastare, specie se la re- ligione venisse sfruttata a fini ideo- logici. Ma per il momento non si no- ta nulla del genere. Tutti vivono in pace, grazie anche alla politica at- tenta delle autorità, che mantengo- no al riguardo una posizione rigoro- samente imparziale. Dove i tatari sentono di doversi prendere una rivincita è nella que- stione del proprio idioma: il turki. Esso si è sempre trovato in mino- ranza di fronte al russo, lingua dei dominatori, privilegiato nella vita pubblica anche dal comunismo; per cui i russi non hannomai avuto la ne- cessità di imparare la lingua locale. Ora i tatari sono ansiosi di riaffer- mare la dignità del turki e vorrebbe- ro che, finalmente, fosse imparato da tutti. Nel 1997 il Congresso delle comunità tatare ha approvato perfi- no il ritorno all’alfabeto latino che, dopo avere sostituito quello arabo nel 1929, era stato a sua volta rim- piazzato dal cirillico nel 1939. Non ci sarebbe da stupirsi se i ta- tari volessero rifare il percorso in- verso fino in fondo. Qualcuno lo au- spica. Per ora, tuttavia, sembrano ac- contentarsi del primo passo, pur suscitando parecchie perplessità tra la gente, ormai abituata a scrivere e leggere i caratteri russi. G li amici di Mosca mi hanno dato il numero di telefono della direttrice d’una rivista femminile locale. «Dovessi aver bi- sogno; non si samai. Poi è sempre in- teressante parlare con gente del po- sto. Si vengono a sapere tante cose». Mi metto in contatto con la reda- zione del Sjujumbekì , rivista in lingua turki rivolta a un pubblico tataro. L’intenzione è quella di scambiare quattro chiacchiere e sentire notizie di prima mano sulla città. Entrata nell’ufficio della direttrice, capisco che si sta preparando qualcosa: il grande tavolo al centro della stanza ha un’aria di festa; vi troneggiano vas- soi carichi di dolci. Subito dietro a me entrano le collaboratrici che, nel giro di cinque minuti, sono tutte se- dute intorno al tavolo. Da ultimo en- tra il fotografo e l’incontro comincia. Credevo di portare a casa infor- mazioni su usi e costumi locali, inve- MISSIONI CONSOLATA 48 MAGGIO 2002 In alto: l’entrata della «fonte sacra» nel monastero di Raifa. Il presidente Putin e alcuni «ex». Sopra: contadine a Raifa. A lato: volti di etnie diverse.

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