Missioni Consolata - Maggio 2002
alla cappella e, pochi metri a fianco, una casetta di legno dove padre O- laya vive insieme al collaboratore e connazionale padre Martin Serna. Esternamente essa appare più de- cente delle altre catapecchie, ma è al- trettanto scomoda all’interno: senza luce elettrica né acqua corrente. Al calar della notte, si accendono le lampade a petrolio e si cerca il cesso a lume di candela. «Fin dal nostro arrivo, nel 1997, ci siamo proposti di lavorare con i po- veri e non per i poveri» attacca pa- dre Armando, accentuando «con» e «per», in modo da spiegare il suo metodo missionario assai spartano. Per questo ha scelto di costruire l’a- bitazione in legno, riservando il fab- bricato in muratura alle attività co- munitarie. Nei primi anni i missionari anda- vano in bicicletta, come i più fortu- nati del Bardot; poi si sono rassegna- ti a comperare una vettura di terza o quarta mano, per potersi occupare dei 18 villaggi compresi nel territorio parrocchiale, alcuni dei quali a una cinquantina di chilometri da San Pe- dro. Di essi si occupa soprattutto pa- dre Martin: parte al martedì e ritor- na la domenica, passando la settima- na nelle comunità rurali. Padre Armando rimane al Bardot, ma si è aggiornato: quando non gira a piedi, cavalca un ciclomotore, zigzagando e pedalando che è un piacere. CRESCERE CON LA GENTE «Al nostro arrivo c’era un centi- naio di fedeli - continua il padre -; oggi sono quasi due mila. La comu- nità è cresciuta piano piano e il ve- scovo ne ha fatto la parrocchia della cattedrale, spostando il centro della comunità fuori del Bardot. Anche quando il parroco dovrà abitare nel- la nuova sede, noi speriamo di rima- nere qui, insieme alla gente». Da quando è stata costituita la par- rocchia, i missionari hanno assunto l’impegno di creare strutture ade- guate: consigli, commissioni e grup- pi vari, quasi una quarantina, che or- ganizzano lavoro e vita della comu- nità: catechesi, pastorale giovanile, accoglienza, servizio dei malati e del- la carità. «Ma le comunità di base sono la mia passione - continua padre Ar- mando -. Una volta la settimana, ver- so le 7 di sera, si radunano nel pro- prio quartiere a lume di candela o di lampade a petrolio e si confrontano con la parola di Dio e i problemi di ogni giorno. È un’esperienza molto bella vedere come cresce la comu- nione vera, senza divisioni, nono- stante le diversità etniche; e i poveri che partecipano attivamente alla vi- ta della parrocchia, assolvendo alle responsabilità e servizi vari. Insistiamo perché tutto passi at- traverso la comunità di base, anche l’ammissione al battesimo e agli altri sacramenti. Quando una persona vuole entrare nella chiesa cattolica, per esempio, viene accolta nella co- munità di base, partecipa alla sua vi- ta e vi riceve l’istruzione necessaria, fino a quando è ritenuta pronta per ricevere il battesimo». «Oltre alla formazione, avete ini- ziative sociali e di promozione uma- na?» domando timidamente. «Più che al lavoro sociale, il nostro impegno è rivolto alla formazione della comunità - ribadisce il padre -. Ma qualche attività sociale l’abbiamo già avviata, come il piccolo dispensa- rio, dove i poveri trovanomedicine a prezzo inferiore a quellopraticatoda farmacie e strutture pubbliche. Ora stiamo lavorando a un progetto per raccogliere i bambini di strada e of- frire loro la possibilità di imparare a leggere e scrivere, fare oggetti di arti- gianato o apprendere un mestiere. Ho già preso accordi con una comu- nità religiosa laicale che se ne assu- merà la direzione. Abbiamo i fondi per costruire il fabbricato; ma man- ca il terreno e non è facile ottenerlo. Esso appartiene al comune, che non lo concede, dicendo che qui tutto è provvisorio». La scuola è uno dei problemi più gravi del Bardot. Quelle esistenti so- no insufficienti e mal tenute. Con la scusa che tutto è provvisorio e che gli abitanti sono stranieri, il governonon è interessato a fornire l’istruzione e altri servizi essenziali. A tale man- canza suppliscono le scuole private, costituite da baracche di canne, al- cune assi per far sedere i bambini e un maestro che sa leggere e scrivere e si fa pagare qualcosa per sbarcare il lunario. Nonostante ciò, sono mi- gliaia i ragazzi che passano tutta la vi- ta sulla strada. «Le sfide del Bardot sono infini- te - conclude padre Olaya -. Vor- remmo fare tanti progetti, ma an- diamo adagio: vogliamo che sia la comunità a muoversi. La gente è a- bituata a ricevere. Prima dobbiamo aiutarla a cambiare tale mentalità, per non perpetuare dipendenze e crearne di nuove. Anche questo fa parte della for- mazione». MISSIONI CONSOLATA 45 MAGGIO 2002 Mc I padri Martin (sopra) e Armando (sotto) con i bambini del Bardot. Accanto: la cappella e casetta dei missionari.
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