Missioni Consolata - Maggio 2002

«F in dall’inizio della nostra presenza abbiamo detto al vescovo che non ci sa- remmo occupati di costruzioni, ma di formazione della comunità» spie- ga padreArmandoOlaya, colombia- no, mentre visitiamo un grande salo- ne costruito dalla diocesi, in attesa della cattedrale, per accogliere i fe- deli della parrocchia affidata ai mis- sionari della Consolata a San Pedro. Dall’altura lo sguardo spazia su una parte del territorio parrocchia- le: case e casette in ordine sparso in un mare di verde e di foschia. Il re- sto è nascosto da una collinetta che, appena aggirata, rivela una distesa immensa e senza interruzione di tet- ti di lamiera grigi e arrugginiti. Procedendo a passo d’uomo per un’ampia strada polverosa e scon- quassata, sbuchiamo all’improvviso nel cuore della città, tra edifici mo- derni di banche, negozi, centri com- merciali. A ricordare il passato co- loniale rimangono, in prossimità del porto, due bianche zanne di elefan- te in lamiera e un trenino, quasi un giocattolo in rottamazione. COSTA DI MALAGENTE Anche il nome ricorda un pezzo di storia. Qui sbarcarono, la prima vol- ta verso il 1470, gli esploratori porto- ghesi e trovarono un piccolo villaggio di pescatori kru , appollaiato alle foci del fiume Hé: fiu- me e villaggio furo- no battezzati col nome di São Pedro. Lo stesso fecero più a est, col fiume SãoAndrea (da cui Sassandra), e a o- vest col promontorio di Cabo Pal- mas, oggi CapPalmas, ai confini con la Liberia: tre nomi rimasti come fir- me della presenza portoghese nella regione. Col passare dei secoli, le coste vi- dero sfilare le navi portoghesi, olan- desi, inglesi, francesi, che a turno oc- cuparono il litorale alla ricerca di pe- pe e altri prodotti esotici. I contatti con gli europei dovettero essere diffi- cili, a volte cruenti, se la zona tra Cap Palmas e Sassandra fu chiamata «Co- sta di Malagente», titolo che resistet- te a lungo sulle carte geografiche. Poi, con le buone e con le cattive, gli europei imposero alla «malagen- te» i loro commerci: caricavano rame eminerali vari; avorio soprattutto: ce n’era una tale quantità che gli olan- desi ribattezzarono la zona Tand Kuts, Costa d’Avorio, appellativopoi esteso dai francesi al resto del paese. Tra il XVI e XVIII secolo la Costa di Malagente, come il resto delle terre affacciate sulGolfodiGuinea, fudis- sanguata dal traffico degli schiavi. Quando lo schiavismo fu abolito, la regione ricadde nell’oblio: alla fine del 1800, tra Tabou e Sassandra, po- chissime imprese commerciali man- tenevano ancora i propri empori. A San Pedro era rimasta la com- pagnia francese Kong , guidata dal suo fondatore Arthur Verdier. Con coraggio e caparbietà, costui conti- nuò i suoi disgraziati affari, tenendo testa agli inglesi che, per farlo slog- giare, depredavano le sue navi in continuazione. Finché nel 1885 arri- varono i francesi per occupare il li- torale, penetrare nell’interno e colo- nizzare la regione. CITTÀ COSMOPOLITA Clima, malaria e ostilità delle po- polazioni diedero filo da torcere ai soldati, molti dei quali ci lasciarono MISSIONI CONSOLATA 41 MAGGIO 2002 SAN PEDRO (COSTA D’AVORIO) missione nella «bidonville» testo e foto di Benedetto Bellesi Secondo porto della Costa d’Avorio, San Pedro gode di un non invidiabile primato: tre quarti dei suoi 200 mila abitanti vivono nel Bardot, la più grande bidonville dell’Africa occidentale, in una situazione di degrado e disperazione. Vi lavorano i missionari della Consolata. LUOGO DI RIFIUTI

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