Missioni Consolata - Maggio 2002

37 MAGGIO 2002 CONSOLATA MI SS IONI A lle donne somale dà spesso fa- stidio l’interesse dell’Occiden- te verso l’infibulazione: sen- tono una ingerenza nella loro vita, nelle loro tradizioni, nei loro corpi. Alia , studentessa somala, dichia- ra: «Noi non andiamo a sindacare sulle abitudini sociali, sessuali o estetiche delle donne europee. So- no fatti loro, come la tradizione del- l’infibulazione è affare nostro . So- no stufa di sentirmi chiedere se ap- provo o meno questa usanza e se la ripeterei sulle mie figlie. L’Occiden- te non può sempre esportare i suoi valori e il suo modello di vita agli al- tri paesi. Credo che ogni popolo va- da lasciato libero di scegliere il suo modello di sviluppo e di seguire le proprie tradizioni, senza per questo essere accusato di barbarie o di in- civiltà». Di opinione differente si dimostra Mariam , mediatrice culturale presso uno sportello sociosanitario di Tori- no: «Sono contraria alla pratica del- le mutilazioni genitali, anche se l’ho subìta e non me ne vergogno, come invece accade ad alcune mie conna- zionali. È parte della nostra cultura e non c’è da vergognarsene. Anche sul termine “mutilazioni” non sono d’accordo. Si può condividere o me- no l’uso di tale pratica, ma non cre- do che si tratti di una mutilazione. Certo, i danni causati sono molti. Da noi infatti arrivano donne infibula- te, che hanno sviluppato seri pro- blemi clinici e hanno timore di es- sere visitate, ma anche madri che chiedono consigli sulla scelta di fa- re infibulare (o circoncidere) le pro- prie figlie. In Somalia tutte le bambine sono sottoposte a tale intervento. Vengo- no preparate dalle madri ad accetta- re ciò che dovranno subire come un momento importante nella loro vita: è un “rito di passaggio” che si ma- nifesta anche attraverso la festa, i regali e l’aspetto gratificante del ri- conoscimento pubblico. Le mamme chiedono alle figlie di non esterna- re dolore e pianto, perché altrimen- ti disonorano la famiglia: infatti la parte coinvolta del corpo è “vergo- gnosa”, e non può essere menziona- ta. Il dolore, dunque, va nascosto, segregato, represso. Alcuni fanno ricoverare le proprie figlie in ospedale, affinché l’opera- zione sia eseguita in modo corretto e igienico; altri si rivolgono a “mam- mane”, che tagliano senza anestesia e in condizioni sanitarie pessime. In entrambi i casi, tuttavia, la ferita ri- mane: nel corpo e nella mente. Ed è difficile da rimarginare. Crescendo sorgono grossi problemi ginecologi- ci, che si manifestano soprattutto durante i rapporti matrimoniali, la gravidanza e le mestruazioni. Le donne, qui in Italia, hanno paura di farsi visitare: temono di essere scu- cite. A Firenze opera un medico so- malo, che con il laser deinfibula co- loro che glielo richiedono. Prima della notte di nozze, qual- che donna accetta di farsi scucire per evitare lacerazioni e sofferenze eccessive; ma la maggioranza rifiu- ta tale pratica, temendo il giudizio negativo del marito. Si dice che ven- ga a mancare la sensibilità femmini- le durante il rapporto sessuale; non è vero. Ad essere asportata è solo la parte superiore della clitoride. Io ri- tengo, comunque, che noi donne ab- biamo il dovere di ribellarci a questa pratica. Dobbiamo dire “no”. Dob- biamo porre fine a tale cultura. Prima della guerra civile, il presi- dente Siad Barre (1) aveva promos- so una campagna contro l’infibula- zione, ma con il conflitto tutto è an- dato perso... Le donne somale in Europa, ad esempio, si pongono il problema se fare tagliare o meno le proprie bam- bine e pensano: “Adesso siamo qui e tutto va bene. Ma, se torniamo nel nostro paese, cosa accadrà alle no- stre figlie? Verranno prese in giro dai coetanei, additate come prostitute e non troveranno mai marito“. A Torino le donne somale sono ol- tre un migliaio, e sono poche quelle che si rifiutano di ricorrere all’infi- bulazione. È sentita come un retag- gio culturale da mantenere. Io non l’accetto. Che senso ha? Perché mai è necessaria? Nel passa- to era forse usata come una sorta di “cintura di castità”... L’unico suo si- gnificato è quello di controllo, di po- tere da parte dell’uomo sulla donna. È una forma di maschilismo cui dob- biamo opporci». A bbiamo avuto pure l’occasio- ne d’incontrare Giovanna Zal- dini, di origine somala, vice- presidente dell’Associazione torine- se Alma Terra . Ci sono famiglie, in Italia, che richiedono di infibulare le proprie figlie? Altre dichiarazioni e precisazioni Tra dovere e vergogna Alia: sono stufa di sentirmi chiedere se approvo o meno l’infibulazione e se la ripeterei sulle mie figlie... Mariam: l’unico suo significato è quello di controllo, di potere da parte dell’uomo sulla donna; è una forma di maschilismo cui dobbiamo opporci... Giovanna: i seni, i glutei e altre parti del corpo sottoposte a chirurgia estetica non sono forse altrettante forme di tortura a cui la donna si sottopone pur di piacere al maschio o di tenersi il marito?

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