Missioni Consolata - Maggio 2002

stessa struttura anatomica dei corpi cavernosi del pene; rappresenta il centro del piacere sessuale femmi- nile, che viene così ad essere muti- lato. Se in un rapporto di coppia si toglie alla donna la parte di piacere, essa rimane un oggetto e, nello stes- so tempo, viene allontanata da lei ogni tentazione. Il controllo del- l’uomo è così veramente efficace. La circoncisione femminile, prati- cata alle donne egiziane, è invece più blanda e permette loro di avere una vita sessuale normale. Nei casi estremi si può interveni- re chirurgicamente con una plastica delle piccole labbra». L a pratica delle mutilazioni ge- nitali femminili può comporta- re delle complicazioni mediche immediate e a lungo termine. Nell’immediato: shock post-ope- ratorio, infezione locale, setticemia, tetano, emorragia, lesioni delle vie urinarie e della regione perianale, ri- tenzione di urina e infezioni urina- rie... A lungo termine: proliferazione fibrosa del tessuto, cisti e ascessi, malattia infiammatoria pelvica, ri- tenzione di sangue nella vagina e cavità uterina, defibulazione cruen- ta al momento della deflorazione e del parto, parto distocico, fistole va- gino-vescicali e rettali post partum , rapporti sessuali difficoltosi e dolo- rosi, infezioni uro-genitali ricorren- ti... Né mancano ripercussioni psico- logiche: paura e angoscia infantile, lacerazione in infanzia/età adulta, senso di inevitabilità del proprio de- stino, senso di inferiorità sociale, morale e spirituale della condizione femminile, disturbi della sfera ses- suale, restringimento di interessi e perdita di intraprendenza, senso di offesa alla propria integrità psico-fi- sica, caduta di autostima, malattie mentali (nevrosi cenestopatica, sta- ti depressivo-reattivi). I dati riportati sono stati desunti dalla ricerca della professoressa Silvana Borgognini Tarli, docente di antropologia all’università di Pisa, e della dottoressa Elisabetta Marini, ricercatrice in scienze antropologiche (rivista «Sapere», maggio-giugno 1994). 36 MAGGIO 2002 CONSOLATA MI SS IONI Infibulazione: è possibile cambiare? D i questa pratica, delle sue origini, motivazioni e degli strumenti per sradicarla totalmente dall’uso comune in molte aree dell’Africa, si è occupato il seminario internazionale «Mutilazioni dei genitali femminili. Una questione di relazioni tra uomini e donne», organizzato nel giugno scorso a Torino, presso il Centro internazionale di formazione, dall’ A IDOS (Associazione italiana donne per lo sviluppo). Numerosi gli interventi di esperte africane (giuriste, psicologhe, medici, sociologhe e antropologhe), da anni impegnate in prima fila nella lotta contro il fenomeno. «ll nostro intento è quello di promuovere scambi di informazioni e co- noscenze fra le associazioni africane ed occidentali - ha detto C RISTIANA S COPPA , dell’Aidos e una delle organizzatrici del corso - e di fornire stru- menti formativi e didattici per facilitare l’opera di prevenzione nei villaggi e nelle città dell’Africa. Cerchiamo di aiutare a sviluppare una consapevolezza sulle motiva- zioni personali, non solo sociali e tradizionali, alla base del radicamento di tale pratica. È solo prendendo coscienza di sé, del proprio ruolo di don- na, del proprio valore e dei modelli familiari di appartenenza (centrati sul controllo della donna da parte del clan familiare maschile) che è possibi- le apportare un cambiamento a tradizioni antiche e radicate. Un altro aspetto altrettanto importante è quello dell’informazione nel- l’ambito sanitario: medici e infermieri, infatti, sempre più spesso in Italia e a Torino, si trovano di fronte a donne infibulate o escisse, in procinto di partorire, ed è impensabile che possano operare alla rimozione della su- tura al momento delle doglie. Bisogna intervenire prima, altrimenti si crea- no lacerazioni o complicazioni gravi e tanto disagio, sia per le pazienti sia per i medici». Le bambine sono pronte

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