Missioni Consolata - Maggio 2002

33 MAGGIO 2002 CONSOLATA MI SS IONI hanno operato senza anestesia (so- no solo 20 anni che hanno iniziato ad usarla, ad operare su tavoli e a chiamare un’ostetrica). Sono stata cucita con le spine. La ferita mi bru- ciava. Mia madre mi ha lavata con acqua calda. Dopo aver scavato una buca per terra e deposto della car- bonella con delle erbe che produce- vano fumo, mi hanno fatta appog- giare sopra per disinfettare e secca- re la cucitura, che è diventata scura. Ho contratto un’infezione, perché mi sfregavo la ferita: sono stata male per un mese, avevo la febbre...». Nonostante il ricordo ancora vivo della sofferenza causatale da tale pratica, Basma si dichiara pronta per lo stesso intervento: sua figlia è sta- ta infibulata e vorrebbe che anche le nipoti seguissero la tradizione. P er Fatima l’esperienza non è da ripetersi. «Sono stata cir- concisa a sette anni, insieme ad una sorella di nove. Altro che fe- sta! Quel giorno ho subìto uno shock che non dimenticherò più. Sono sta- ta operata senza anestesia, senza niente. Ho sofferto moltissimo. Era- vamo sette bambine da sei a nove anni; c’erano le figlie dei vicini di ca- sa, nel tempo di chiusura delle scuo- le. Le donne si erano dette: “Faccia- mo ciò che dobbiamo fare, perché le ragazze sono ormai grandi”. Hanno chiamato una donna an- ziana e siamo state operate in una casa vicina. La prima ad essere sot- toposta ai ferri è stata la più picco- la, mentre noi guardavamo terro- rizzate, in lacrime. La mamma era fuggita, perché non voleva sentire i nostri pianti. Mi hanno deposta nuda su un ta- volo grande, mentre tre donne mi te- nevano legate mani e piedi. Non ho visto con che cosa mi hanno taglia- ta, se con un coltello o una forbice (si nascondono gli strumenti, perché la pratica incomincia ad essere cri- ticata). Mi hanno asportato la clito- ride e le piccole labbra. Poi sono sta- ta cucita con filo, perché eravamo in città, e non con spine, come avvie- ne in campagna. Il dolore è durato ben sette giorni. Sono rimasta con le gambe legate (dalla vita fin sotto le ginocchia) per due settimane. Non si può mangiare... Io sono riuscita a fare pipì, mentre a mia sorella (che non l’ha fatta per tre giorni) si è gonfiata la pancia. Ha sofferto di più, perché era più grande. Mamma e papà, una volta guarite, ci hanno dato dei regali: ma con ciò che abbiamo patito non sarebbe ba- stato tutto l’oro del mondo a conso- larci! Per fortuna non sono sorte in- fezioni, perché papà ci portava tin- tura di iodio e antibiotici. Prima dell’operazione correvo, gio- cavo a pallone, ma dopo non l’ho più fatto. Mia madre mi diceva sempre: “Attenta, ora sei diventata grande , ti strappi!”. Non ero più libera. Non era più co- me prima. Mi hanno lasciato un bu- co strettissimo. Prima del contatto con l’uomo, le mestruazioni erano molto dolorose. I primi rapporti ses- suali mi hanno fatto schifo. Poi è an- data un po’ meglio». Si parla molto del «burqa», mentre la pratica delle mutilazioni sessuali è poco conosciuta. L’argomento è tabù.

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