Missioni Consolata - Maggio 2002
trattasi della lettura di versetti del corano, sparati a tutto volume nel- le orecchie del paziente. «Allah ha il potere di liberare la mente, di scacciare il “gin”, lo spi- rito maligno che, a volte, si impos- sessa degli uomini», ci spiega il «medico». Antonio è il più perplesso della troupe . Tutti e tre rivolgiamo all’u- nisono la stessa domanda ai coope- ranti: «Funziona?». «Non sarà or- todosso, ma i risultati sono apprez- zabili», è la risposta. L’Africa è, letteralmente, incredibile. L’EREDITÀ DELLE MINE I dintorni di Berbera sono co- sparsi da vecchie caserme e struttu- re militari distrutte. Immagini pre- ziose per il nostro documentario. Un pomeriggio raggiungiamo una zona collinare, piuttosto distante dalla città. La temperatura, come sempre, è soffocante. Ad accompa- gnarci, questa volta, c’è solo l’auti- sta, che non è per nulla entusiasta della «gita fuori porta». Il pomeriggio somalo (a nord, a sud, a Mogadiscio o a Berbera) è dedicato alla masticazione del chat , erba dagli effetti dopanti se ingur- gitata in dosi massicce. Al nostro autista tocca masticare chat non al- l’ombra di un alberello, ma sul se- dile della jeep. Più sconsolato che seccato (gli leggi in fronte «Ma perché i bianchi non imparano una volta per tutte a godersi la vita?»), ci porta davanti a un gruppo di caserme distrutte. Con Liborio e Antonio ci inol- triamo tra camerate scoperchiate, autoblindo carbonizzate, elmetti fo- rati da proiettili, ecc. Lavoriamo un’oretta sotto il sole bollente. E- sausto, chiamo l’autista. Un cenno con la mano, poi un urlo, poi un al- tro urlo. Infine un cenno di rispo- sta: «Non posso venire». «Perché?» chiedo con un tono un po’ deciso. «Perché siete su un campominato». Anche se lontano, credo abbia no- tato il nostro repentino pallore. «Non vi preoccupate, credo ci siano solo mine anticarro». Non vi preoccupate? Bombe anticarro? E se avessero, per errore, seminato anche qualche bella italica mina an- tiuomo? In punta di piedi, tipo gat- to Silvestromentre si avvicina furti- vo a Titti, torniamo sui nostri passi fino alla jeep . Rivolgendo poi un sentito pen- siero di ringraziamento all’Altissi- mo, sentenziamo: «Domani pome- riggio si esce solo dopo che l’autista avrà serenamente finito di mastica- re il suo cespuglio di chat . Ne avrà ben diritto no?». E soprattutto im- pariamo anche noi bianchi a goder- ci un po’ la vita! L’Africa è terra di uomini saggi. SENZA GUERRA C’È UN FUTURO Durante gli spostamenti (da Ber- bera ad Hargheisa e da Berbera a Boroma) incontriamo paesaggi dal- l’asprezza incantevole. Cammelli, rovi, sabbia, roccia, facoceri, capre, arbusti rattrappiti dal vento e dalla siccità. Un habitat da brivido, al- l’apparenza ostile. Fermiamo la macchina, piazziamo il cavalletto e iniziamo a girare. Tutto sembra im- mobile. Poi, una volta che l’occhio si abitua alla luce quasi bianca e ai riflessi del calore, scopri che quel deserto ostile brulica di vita: capan- ne, pastori, piccoli villaggi. Scesi dalla macchina ci sentiamo soli, ma non lo siamo. Però il silenzio è as- soluto. Interrotto solo dalle folate di vento caldo. AdHargheisa cerchiamo di inter- vistare il presidente Egal o, in sub- ordine, qualche suo ministro. Tutto inutile. Dopo varie telefonate, let- tere e messaggi, ci dirottano su un sottosegretario ai progetti di svi- luppo. È un incontro cordiale, breve, tra un regista curioso e un funzionario di governo orgoglioso del suo pae- se. Un ufficio piccolo e disadorno. Un computer impolverato e spen- to. Una scrivania di fòrmica trovata in chissà quale cantina. Tende gial- le bisognose di una rinfrescata. Il solito caldo insopportabile. Il fun- zionario, alto e magro, vestito in completo cachi. Si tratta di un cin- quantenne con un sorriso cordiale e sdentato. Sembra stupito del mio stupore. «Il Somaliland non esiste» è la mia obiezione. «Io, invece, mi aspetto che i fratelli somali seguano il no- stro esempio» è la sua risposta. «Ma l’Onu non vi riconosce», incalzo. «Ma Coopi sì: questo è ciò che con- ta». Come dargli torto? Ricapitoliamo. La Somalia occu- pa buona parte del Corno d’Africa, una delle «pentole a pressione» del pianeta. La Somalia non ha un go- verno riconosciuto da tutte le fazio- ni in lotta dalla fine di Restore Ho- pe . La Somalia ha un seggio all’O- nu. Il Somaliland ha dichiarato la propria indipendenza. Lo ha fatto anche il Puntland . Lo faranno an- che altri. C’è da scommetterci. Il Somaliland, che non esiste «de MISSIONI CONSOLATA 26 MAGGIO 2002 Paziente del «Mental Hospital» di Berbera. Sotto: le celle; in passato, il manicomio era una prigione.
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